G. Cinardi - A. Robert-Graudel, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 100-103, 1 gennaio 2002
Il problema diventa ancora più evidente se si considera la vita sociale del branco. Il manto colorato permette agli animali di sfuggire ai predatori e, quando cacciano, di confondersi nella vegetazione per sorprendere la preda, come fa il leone nella savana (la natura ha perfezionato questa strategia permettendo ad alcune bestie, ad esempio il camaleonte, di cambiare colore a seconda delle stagioni o dell’ambiente)
Il problema diventa ancora più evidente se si considera la vita sociale del branco. Il manto colorato permette agli animali di sfuggire ai predatori e, quando cacciano, di confondersi nella vegetazione per sorprendere la preda, come fa il leone nella savana (la natura ha perfezionato questa strategia permettendo ad alcune bestie, ad esempio il camaleonte, di cambiare colore a seconda delle stagioni o dell’ambiente). Un animale albino, troppo visibile, diventa una minaccia oltre che per se stesso anche per il gruppo: viene perciò emarginato e spesso allontanato dal branco. In molte specie animali, inoltre, il colore è un segno di riconoscimento: la zebra albina, senza striatura, è considerata un’estranea e cacciata via. Stessa sorte tocca ai cervi e alle giraffe. Non solo: gli animali albini non sono in grado di condividere alcune attività del gruppo, in particolare le battute di caccia diurne. L’assenza di pigmenti rende la pelle più fragile e gli occhi sensibilissimi alla luce del sole, costringendoli a rintanarsi in ambienti scuri e ad andare in giro solo di notte (la forte miopia, oltre tutto, gli impedisce di avvistare prede e predatori).