Mirella Delfini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pag. 105, 1 gennaio 2002
Il naturalista svedese Linneo, nel Settecento, l’aveva battezzata ”calamità delle navi”. La storia è piena delle gesta della teredine, un mollusco bivalve con la forma di un verme, che riesce a scavare ogni tipo di legno, anche il più duro
Il naturalista svedese Linneo, nel Settecento, l’aveva battezzata ”calamità delle navi”. La storia è piena delle gesta della teredine, un mollusco bivalve con la forma di un verme, che riesce a scavare ogni tipo di legno, anche il più duro. Il piccolo devastatore somiglia a un innocuo vermiciattolo, inizialmente non più lungo di una decina di millimetri, munito però di due potentissimi gusci a raspa che usa come una trivella. Tanto che molte navi sono affondate perché le loro carene e murate erano state ridotte ad un colabrodo dalla teredine. Durante il suo ultimo viaggio nelle Americhe le quattro navi di Cristoforo Colombo sopravvissero ad un uragano, a tantissime tempeste e a moltissimi fondali pericolosi, ma due di esse dovettero essere abbandonate perché, come raccontò in seguito a suo figlio, il fasciame «era tutto buchi come un favo d’api». C’è chi indica la teredine come una delle cause principali del disastro dell’Invincibile Armada spagnola nel 1588. Le navi, che erano rimaste per mesi e mesi nel porto di Lisbona, pare fossero talmente malandate che quando arrivarono in Inghilterra, davanti al promontorio di Plymouth, erano già mezze affondate. Ma le vittime non furono solo navi: nella storia dei Paesi Bassi è rimasta tragicamente famosa l’inondazione del 1731, provocata dalla distruzione delle dighe di legno da parte delle teredini. Eppure questo mollusco noto agli zoologi come Teredo navalis proprio a causa delle sue preferenze gastronomiche, ha finito per diventare non solo famoso, ma utilissimo. stata la teredine a suggerire all’ingegner Marc Isambard Brunel, nell’Ottocento, la tecnica per costruire il tunnel che congiunge le due rive del Tamigi passando sotto il fiume, vicino al Ponte di Londra. Il grande insegnamento del mollusco, appreso e copiato pari pari dal Brunel, è che gli scavi si conducono molto meglio mantenendo trivelle e scavatrici costantemente al riparo di uno scudo protettivo. Il mollusco se lo fa da sé secernendolo dal proprio mantello. costituito da diversi strati di materia calcarea: sottili ma resistentissimi, mentre quello fatto fabbricare da Brunel per proteggere i lavori sotto al Tamigi era una placca in ghisa del peso di cento tonnellate. Lo scudo ripara il corpo allungato della teredine dotata, oltre che del suo mantello semitrasparente, di due valve: due piccoli gusci a raspa, che le coprono la testa e la parte anteriore. I suoi robusti muscoli le permettono di ruotare le valve ora a destra, ora a sinistra, per scavare una galleria che aumenta in diametro a mano a mano che lei stessa cresce. Si pensi che, anche se il guscio non cresce più, gli esemplari più grandi raggiungono addirittura i 60 centimetri di lunghezza! Ma oltre che una gran ghiottona, la teredine è anche un ottimo ingegnere. Nei suoi scavi procede sempre nel senso delle fibre del legno: prima lo ammorbidisce con la sua saliva acida e ricca di proteine, poi se lo mangia trasformandolo in una pasta zuccherina. Lo condisce con un po’ d’acqua di mare aspirata da uno dei due sifoncini posti alla fine del mantello e che porta con sé qualche particella nutritiva. Dall’altro sifoncino butta fuori tutto quello che non le serve. Questo verme delle navi è anche un vero trasformista: da giovane è maschio, ma una volta adulto diventa femmina. Mentre avanza nelle sue gallerie produce e depone fino a due milioni e passa di uova, in grado di svilupparsi e colonizzare il legno nel giro di poche settimane. La teredine è ancora un pericolo per ogni legno immerso nell’acqua salata. Unica difesa possibile: impregnare il legno di sostanze sgradite...