Stefano Nicolini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 106-111, 1 gennaio 2002
Resta un mistero come anno dopo anno questi animali riescano a ritrovare l’esatta ubicazione dei propri luoghi riproduttivi
Resta un mistero come anno dopo anno questi animali riescano a ritrovare l’esatta ubicazione dei propri luoghi riproduttivi. Sono sempre aree di fast ice, tratti di superficie marina congelata che formano un unico blocco con la calotta polare. Immancabilmente sono caratterizzate dalla presenza di uno o più giganteschi iceberg o da un’isola o da alcune importanti alture di roccia o ghiaccio o da alte falesie costiere della calotta glaciale che debbono costituire un adeguato riparo dai fortissimi venti della notte antartica. aprile o maggio, l’autunno australe, quando in fila indiana i pinguini imperatore si incamminano lungo le distese gelate che li separano dalle località di riproduzione. Alcune sono situate anche duecento chilometri nell’entroterra. Maschi e femmine appaiono praticamente del tutto simili. La livrea nella parte posteriore della testa e lungo il dorso è nera con riflessi azzurrini. All’altezza delle orecchie due grandi macchie arancioni sfumano in una colorazione giallina come quella lungo il sottogola. Il ventre è bianco. Nonostante abbiano zampe forti e robuste unghie a uncino, non è raro vederli perdere l’equilibrio sul ghiaccio, cadendo goffamente. Quando debbono superare avvallamenti del terreno con pendenze per essi impegnative, si aiutano usando come una piccozza il becco ricurvo. I maschi si presentano all’appuntamento riproduttivo con un’abbondante riserva di grasso, ammassata specialmente sul basso ventre. Li attende il più lungo digiuno provato da un uccello. Durerà tra i 105 e i 134 giorni, durante i quali perderanno fino a duecento grammi al giorno del proprio peso, che negli esemplari più robusti raggiunge i 41 chilogrammi.