Stefano Nicolini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 106-111, 1 gennaio 2002
Appena potrà lasciare il pulcino alla sua compagna, il maschio si affretterà verso le acque libere, sia per recuperare il quaranta per cento del proprio peso corporeo, perduto durante la cova, sia per procurarsi cibo per il proprio piccolo
Appena potrà lasciare il pulcino alla sua compagna, il maschio si affretterà verso le acque libere, sia per recuperare il quaranta per cento del proprio peso corporeo, perduto durante la cova, sia per procurarsi cibo per il proprio piccolo. I due genitori iniziano quindi ad alternarsi, in periodi della durata di un paio di settimane, nelle cure del pulcino e nella pesca necessaria per assicurargli la sopravvivenza. Per ritrovarlo nella confusione di corpi e grida della colonia, si affidano al riconoscimento della voce. Negli oltre quattro mesi in cui la sua vita dipende dall’abilità di sostentamento prodotta dai genitori, essi lo nutrono un totale di quattordici volte, rigurgitandogli il cibo nel becco. In ognuna di queste circostanze il piccolo viene alimentato a più riprese, per periodi che inizialmente possono protrarsi alcuni giorni. In ciascuna delle quattordici sessioni riceve fino al trenta per cento del suo peso corporeo. Pochissimi animali in giovane età esprimono la tenerezza dei piccoli imperatore: batuffoli dal capo bianco e nero e dal resto del corpo color grigio perla. Le femmine rimaste senza prole non esitano a rapire e allevare un piccolo altrui. Probabilmente agiscono così per soddisfare il senso di maternità provocato dalla prolattina, un ormone che continuano a generare anche dopo aver perso il proprio figlio. Raggiunte le cinque o sei settimane, i piccoli apprendono ad autoregolare la temperatura corporea, rendendosi meno dipendenti dai genitori. Iniziano così a unirsi in gruppi di coetanei, che possono opporre migliore difesa agli attacchi predatori della petrella gigante, Macronectes Giganteus, un’ossifraga responsabile in buona parte degli alti tassi di mortalità (fino al 40%) dei giovani. Gli adulti, che sul ghiaccio non hanno predatori, non temono l’uomo. Non è raro che sbircino nelle tende facendo capolino al loro interno.