Giovanni Maria Pace, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 156-157, 1 gennaio 2002
Delle varie dimensioni, l’altezza è forse quella che più affascina, sollecita la fantasia, assume significati spirituali
Delle varie dimensioni, l’altezza è forse quella che più affascina, sollecita la fantasia, assume significati spirituali. «Sono salito sulle spalle dei giganti», dice lo scrittore che sa quanto il suo personale contributo dipenda da quello di autori precedenti. Restando agli aspetti fisici, i monti, gli astri, le aquile che volano tra le cime ma anche l’alta statura degli umani suscitano da sempre ammirazione e rispetto. Da quando l’uomo ha imparato a costruire, la grande dimensione, soprattutto in altezza, è un obiettivo ambito. Tra le Sette Meraviglie del mondo antico c’era il primo faro di cui si ha conoscenza e dal quale il nome deriva. Fu costruito tre secoli prima di Cristo sull’isoletta di Faro, ad Alessandria d’Egitto, ed era alto qualcosa come 150 metri, una vertigine per l’epoca. E poi i giardini pensili di Babilonia, il Colosso di Rodi, il Mausoleo di Alicarnasso, per non parlare delle Piramidi che con la loro mole sfidano il cielo: secondo gli standard del tempo, elevare monumenti così alti era certamente un gesto eroico. Oggi ingegneri e architetti utilizzano le moderne tecnologie per costruire strutture in una scala gigantesca quanto gli antichi non si sarebbero mai prefigurati. Il prototipo è la torre che l’ingegnere Gustave Eiffel realizza a Parigi alla fine dell’Ottocento in occasione della Esposizione universale. Alta 300 metri, è da allora il simbolo della città. La Tour Eiffel è solo una delle Sette Meraviglie del mondo moderno. Negli ultimi decenni, progetti da primato sono stati realizzati in paesi dell’Asia ad alta crescita economica quali Malaysia, Giappone, Hong Kong. Progetti le cui inarrivabili dimensioni hanno spinto al limite la scienza dei materiali, le tecniche costruttive e le simulazioni al computer, le prove nella galleria del vento. Parliamo ad esempio delle torri gemelle di Kuala Lumpur, 88 piani, 451,9 metri di altezza, costruite nel 1997. E qui non si può non aprire una parentesi. Dopo l’attacco terroristico che ha distrutto le torri di New York (alte 417 metri), ci si interroga sulla sicurezza dei grattacieli e sull’opportunità di continuare a costruirne. I dubbi sugli alti edifici non hanno peraltro atteso la tragedia americana per affiorare nella mente dei progettisti. I loro difetti, non solo in caso di emergenza, sono evidenti, tantopiù che la rivoluzione digitale tende a rendere oggi superflua la concentrazione di persone e mezzi in un unico luogo. L’Empire State Building, la torre Sears e gli altri giganti sono dunque dinosauri in via di estinzione? C’è chi lo crede, e vede il progetto del 1956 per una torre alta 1.600 metri mai realizzata a Chicago come un inutile monumento all’arroganza dell’homo faber. Pensare che il progetto porta la firma, nientemeno, di Frank Lloyd Wright, l’autore della mini-invasiva casa sulla cascata, il quale, del suo, arrivava a stento, con il cappello in testa, al metro e sessanta. Meno effimere sono le altezze del mondo fisico, per apprezzare le quali suggeriamo un esercizio intellettuale sulla scorta di un libro prezioso, ”Potenze di dieci”, di Philip e Phylis Morrison (Zanichelli). Se immaginiamo di guardare il pianeta da un’altezza di dieci o venti chilometri, solo le grandi estensioni agricole, le metropoli, i mari rimangono distinguibili. A una scala appena superiore si lascia la Terra, ma non ancora il campo d’azione dell’umanità: basti pensare all’esposizione lunare e ai satelliti geostazionari che assicurano le comunicazioni da una distanza pari a cinque raggi terrestri. Occorre salire di sei ordini di grandezza, di sei potenze di dieci per raggiungere i confini del sistema solare e la regione delle comete. Più in su lo spazio infinito, popolato di galassie, pulsar, supenovae, buchi neri e altri mostri del cielo.