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 2002  febbraio 08 Venerdì calendario

Adams Victoria

• Hertfordshire (Gran Bretagna) 17 aprile 1974. Cantante. Spice Girl soprannominata Posh (elegante). Sposata con il calciatore David Beckham, tre figli (Brooklyn, Romeo, Cruz). «Immagine di divetta pop, superficiale e vanesia, tutta shopping e party» (Gloria Pozzi, ”Corriere della Sera” 17/9/2001) • «Il sito internet è lo specchio dei suoi sogni. L’ha sottotitolato Beckingham Palace, giocando sul suo nome, Beckham, ma anche in onore della famiglia reale e in memoria della principessa Diana, il suo modello fin da adolescente. Lei, certo, non è diventata una principessa, ma ha coronato comunque il suo sogno da Cenerentola [...] Ballerina, autrice, mannequin, stella dei tabloid inglesi [...] Dipinta come la meno talentosa delle Spice Girls» (Alfredo D’Agnese, ”Il Venerdì” 28/9/2001) • «Durante un concerto nello stadio di Birmingham al quale erano presenti 35 mila spettatori ad un certo punto, mentre cantava il suo nuovo singolo Not Such An Innocent Girl, il microfono le è caduto di mano, ma la voce non ha subito alcun disturbo. Una prova irrefutabile che stava solo facendo finta di cantare. Il pubblico, che ha notato l’incidente, ha cominciato a fischiare, ma lei è andata avanti come se niente fosse. Per il concerto ha inaugurato un orecchino sul labbro inferiore che, a sentire lei, si era fatta mettere poco prima di salire sul palco e che le faceva molto male» (’la Repubblica” 29/8/2001) • «Com’è la vita d’una coppia di icone dove peraltro l’icona maschile viene accreditata di almeno cinque flirt al mese? ” molto più comune di quanto si pensi. Ci sono alti e bassi come per tutti, l’unica differenza è avere sempre qualcuno che ti segue e ti fotografa anche se vai dal parrucchiere”. Contrariamente al marito David Beckham, notoriamente propenso al gioco d’attacco dentro e fuori i campi di calcio, la piccola, fragile, denutrita Victoria non disdegna la difesa [...] ”Mi piace piacere anche se fatico a considerarmi un’icona. [...]” [...] è la dimostrazione vivente di come una star possa essere fin troppo normale. Ma notoriamente per assurgere a icone o presunte tali non occorre essere belle: basta nuotare nel glamour, vedere gente cool, frequentare locali trendy e avere un conto corrente extra large, segno di autentico successo. Certo non sono sempre rose e fiori. C’è la stampa di mezzo mondo che amplifica regolarmente con dovizia di particolari l’impressionante sequenza di corna, perpetratele dall’amato maritino con stelline, segretarie e baby sitter, ma questo fa parte del duro ruolo di icona planetaria. ”Quello che scrivono i giornali - sdrammatizza Victoria - spesso non è vero. David e io siamo una vera coppia, ci siamo incontrati e piaciuti, siamo circondati da molto affetto, tutto il resto non conta”. [...]» (Gian Luigi Paracchini, ”Corriere della Sera” 17/1/2006) • «[...] è sempre stata una mediocre cantante [...]Victoria Newton, caporedattore delle pagine dello showbusiness al quotidiano londinese The Sun, ”dalla morte della principessa Diana, l’unica persona paragonabile a Lady D come attrazione per far vendere i giornali è l’ex Posh Spice”. Andrew Morton, che è stato per anni il biografo di Diana e ha scritto Posh & Becks [...] commenta: ”Potete criticare e sbeffeggiare i Beckham quanto volete, ma milioni di persone ammirano e desiderano una vita come la loro. Il loro successo continuo è basato sulla semplice equazione che oggi le celebrità vendono. Sono più di un nome: sono un marchio, un sogno pubblicitario. E in un mondo saturo di celebrità, nessuno vende come Victoria e David Beckham” [...] Dice Christine Becker, che insegna cultura delle celebrità e dello star system all’Università di Notre Dame, nell’Indiana: ”C’è differenza tra una star e una celebrità. Star è qualcuno che ha ottenuto la fama con il suo lavoro. Una celebrità è invece una persona famosa per essere famosa. Victoria Beckham è una celebrità”. Però mai sottovalutare la chiave del successo di una come lei: dare alla gente la speranza di diventare famosi a dispetto del talento. Nella sua autobiografia Learning to fly (Imparare a volare) Posh scrive: ”Non sono mai stata né la più brillante né la più carina della scuola, ma ero estremamente determinata. Sarei diventata famosa e niente avrebbe potuto fermarmi, nemmeno la mancanza di talento”. Andrew Morton sostiene: ”Per anni Victoria si è preoccupata di vivere una vita finta, di essere una truffa che prima o poi sarebbe stata scoperta. Una donna che intriga non perché ha talento, ma perché sembra tormentata. Una donna famosa per essere famosa. [...]”. [...] Furono i giornali inglesi a definire lei e David ”il re e la regina della cultura popolare” e a chiamare Beckingham Palace la loro magione. [...]» (Silvia Grilli, ”Panorama” 27/9/2007) • «[...] precisato che ”buttanazza”, in siculo arcaico, viene inteso come complimento [...] Victoria Beckham [...] l’archetipo ideale della donna che prende consapevolezza della propria femminilità. Sta qui la differenza tra Paris Hilton, buttanazza per nascita, e Victoria Beckham, buttanazza per elezione, differenza sulla quale si gioca la partita teologica tra ”determinismo” e ”progresso”. [...] Detto con le parole della Adams-sposata-Beckam la tesi suona così: ”I’ve always been a girls’ girl. And I know from experience that making the very best of yourself is something that any woman can do”. Non male per una ragazza che ha confessato ai tabloid di non avere mai letto un libro in vita sua: (menzogna sublimemente ”posh” che ci delizia). La Adams-sposata-Beckham comincia la sua carriera letteraria con ”The art of the Barbie”, lavoro a quattro mani insieme a Elton John, raccolta delle variazioni pop della famosa bambola che vanno dalla ”Britpop Barbie” alla Barbie di Picasso. Trascurabile la successiva avventura editoriale, probabilmente scritta sotto l’influsso (inutile e dannoso) di un ghost writer, ”Learning to Fly” (in italiano si potrebbe molto liberamente tradurre: ”A passo di gambero”), autobiografia in cui Victoria vuole svelare il suo vero volto superando (idea perniciosissima) i gossip scritti dai tabloid che ne restituiscono, secondo la tesi del libro, un’immagine falsata (che invece è quella che realmente ci interessa). [...]» (Ottavio Cappellani, ”Il Foglio” 2/9/2006).