varie, 8 febbraio 2002
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Albarn Damon
• Londra (Gran Bretagna) 23 marzo 1968. Cantante. Dei Blur e dei Gorillaz • «Il David Bowie della sua generazione, con una capacità apparentemente inesauribile di assorbire nuove idee e creare ogni volta qualcosa di nuovo e di diverso. […] ”Non lo faccio per i soldi. Non potrei giustificare la vita caotica che faccio se in fin dei conti non producessi qualcosa di decente. Il gioco non varrebbe la candela. Non sopporto quelli che si ripetono, perché se lo fanno allora vuol dire che non sono riusciti a spiegarsi chiaramente la prima volta. Bisogna rischiare e scoprire la propria identità di musicista. Io la sto ancora cercando e penso che dedicherò tutta la mia esistenza in tal senso. Credo che non ci si arrivi mai, ma spero che attraverso questo processo di ricerca si riesca a trovare se stessi”. Una delle critiche che gli vengono rivolte è che sia ”troppo intelligente per quello che fa”. ”Non capisco nemmeno cosa vogliono dire”, ribatte sdegnato. ” forse meglio non essere intelligenti e non interessarsi di nient’altro al di fuori della pop music? Allora tanto vale chiudere le scuole e bruciare tutti i libri, e produrre programmi tv spazzatura in modo da imbambolare la gente”» (Nigel Willimason, ”la Repubblica” 9/4/2003) • Il primo disco che ha comprato è Combat rock dei Clash, il primo concerto a cui è stato era di Nick Kershaw (confessarlo è la cosa che maggiormente lo imbarazza), gli piacerebbe essere Ennio Morricone (’Sette” n. 18/2001) • «[...] figlio ”artista” di una coppia di hippies dell’East end londinese [...] si è trasformato in uno dei musicisti più appassionati e trasversali del vecchio continente. Nel 2001 il primo album della sua virtual-band da fumetto, i Gorillaz, nato come uno scherzo per emanciparsi dai Blur, ha venduto sei milioni di copie. Non soddisfatto Albarn, senza mai spendere il suo nome in copertina, ha pubblicato Mali music, un cd con Toumani Diabatè, Ko Kan Ko Sata Doumbia e altri maestri africani, e un altro disco curioso come Democrazy. [...] ”[...] Non concepisco l’idea di firmare con un solo nome. Non è possibile che una persona sola possa fare tutto da solo, l’art-work di copertina, portare da mangiare, fornire l’elettricità, seguire le macchine, tutti gli strumenti, guidare le auto. Non si può [...] Nella musica non mi piacciono più il volume alto, il movimento e l’aggressione. Non puoi cantare davvero quando sei troppo giovane, senza nessuna conoscenza tecnica. Se ci ripenso, mi vedo arrogante e stupido” [...]» (Giacomo Pellicciotti, ”la Repubblica” 28/6/2005).