Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 08 Venerdì calendario

Alberoni RosaGiannetta

• Trevico (Avellino) 9 aprile 1950. Sociologa. Professoressa di Sociologia generale allo Iulm di Milano. Sua opera principale: Gli esploratori del tempo. Le concezioni della storia da Vico a Popper. Passi falsi: L’orto del paradiso (bestseller rosa) conteneva brani e situazioni copiati da Via col vento («uno scherzo della memoria», si difese lei). Moglie di Francesco. «[...] fin da piccola, non volevo fare la contadina come i miei, ma volevo studiare; ho cominciato ad aiutare i miei quando avevo sei anni; tenevo i fratellini più piccoli, stavo da sola e per tenermi compagnia mi raccontavo delle storie, perché nessuno me le raccontava. [...] Io conoscevo la vita dura, il freddo - ci scaldavamo facendo bruciare la paglia anziché la legna - e il dolore. Mio padre mi ha insegnato a potare le viti e a guidare il trattore. Pensare di potercela fare in quella campagna sconfinata... era un miraggio. Mio zio capiva quel mio desiderio e cercava di strapparmi a quell’esilio. E una volta ci riuscì, presi il mio fagottino e andai con lui a Bari. Mi iscrisse a un corso per indossatrici che preparava alla terza media: parlavo solo napoletano e così fui rimandata in italiano. Poi, con un vecchio professore mi preparai da allieva esterna al diploma di maestra d’asilo e alla maturità delle magistrali. In compenso l’università la feci davvero bene. Lavoravo e studiavo lingue e letterature straniere allo Iulm: dormivo quattro ore per notte e ogni mattina piangevo dalla stanchezza, ma frequentavo i corsi perché. finalmente, volevo essere una studentessa regolare anch’io [...]» (Francesca Pini, ”Sette” n. 16/1999).