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 2002  febbraio 08 Venerdì calendario

ALBERTAZZI

ALBERTAZZI Giorgio San Martino a Mensola (Firenze) 20 agosto 1923. Attore. uno dei più importanti attori italiani: ha girato una trentina di film, ma ha lavorato soprattutto a teatro, spesso come regista dei propri spettacoli. Il 12 dicembre 2007 si è sposato a Roma, con rito civile, con la nobildonna fiorentina Pia de’ Tolomei • «Il più inquieto dei nostri attori, il più dolorosamente creativo [...] Albertazzi è un camaleonte. Albertazzi è energia pura traversata da forze devianti che si riconnettono a una certa qualità sciamanica. Albertazzi ha la vocazione della fenice. Ne deriva una specie di felicità elettrica che costringe questo attore difficilmente catalogabile a spendersi in continuazione. [...] Sulla scena da cinquant’anni. E da cinquant’anni è un’anomalia. Tutto ciò che ha fatto, i progetti irrealizzati, le grandi creazioni drammatiche, gli spettacoli sbagliati, la vena di scrittore scavata sotto la pelle d’attore, la provocazione scagliata come un sasso contro le tentazioni della routine, tutto è catalogabile come un’anomalia. Hanno detto che ricorda Frank Sinatra. E come Frank Sinatra ha una voce che, nel suo flusso, modula una recitazione nervosa, labile, scattante, soffiata. Questa voce che sembra avere la facilità dell’acqua è stata da sempre il suo marchio. Da quando (nel ”52) Albertazzi inaugurò il divismo televisivo con le serie ideata da Carlo Terron L’appuntamento con la novella. Leggendo da solo, sotto l’occhio della telecamera, novelle di grandi autori della letteratura italiana, Albertazzi trovò un dimensione espressiva tutta sua. Con quegli ”a solo” inventò il primo piano non della figura ma della voce; così come qualche anno dopo, con L’idiota di Dostevskij, seppe mostrare al pubblico televisivo le energie nascoste dietro la maschera, quasi l’esplosione della peste artaudiana. Di quante rivoluzioni è stato promotore e vittima Albertazzi? In teatro, al cinema (indimenticabile l’interpretazione in L’anno scorso a Marienbad di Resnais, Leone d’oro a Venezia), il suo arrivo portava febbre e sovvertimento. Negli anni Cinquanta, con la Proclemer, ha creato la compagnia di maggior successo dell’epoca. Nei primissimi Sessanta ha affrontato Amleto, trionfando persino in Inghilterra. Intanto, sfruttando i suoi zig-zag jazzistici, inaugurava la maniera dell’entertainer, che non era una aggiunta di narcisismo, ma un uscire dal personaggio per cercare un sovrappiù di euforia o di stupefazione. Forse è qui il segreto di Albertazzi. In questo altalenare della parola dall’euforia alla stupefazione c’è l’inquietudine della sua inesauribile ricerca, esplosa in modo clamoroso con Re Niccolò di Wedekind, con l’Enrico IV di Pirandello e con quella diavoleria del ”duende”, lo spiritello che, secondo García Lorca, invade l’attore trasformandolo in mago. La liberazione istrionica fissa ormai i punti cardinali del lavoro di Albertazzi. Sia quando torna all’esercizio vocale puro, recitando i poeti (Dante in piazza Maggiore a Bologna, quasi una sfida a distanza con Carmelo Bene), sia affrontando l’ultimo Arthur Miller, Il mondo di Mr. Peters, in cui entra ed esce da sé, vive e ricorda, gioca col tempo e col destino. E non importa se la sua è l’allegria dei naufragi» (’La Stampa” 19/8/2003). «Debutta fra partite di pallone e primi amori ne Il candeliere di De Musset [...] Il successo arriva con Il seduttore di Fabbri nella tournée americana della Ricci-Magni-Proclemer-Albertazzi-Buazzelli [...] Si stacca nel 1956 per dar vita alla ditta Proclemer-Albertazzi [...] Fra i tanti successi [...] una memorabile Figlia di Iorio di D’Annunzio e L’uovo di Marceau (1957), Requiem per una monaca di Faulkner-Camus e Spettri di Ibsen (1958), I sequestrati di Altona di Sartre (1960), Amleto diretto prima da Franck Hauser poi da Zeffirelli (1963), La fastidiosa (1965) e Pietà di novembre di Brusati (1967) [...] Staccatosi dalla Proclemer sarà protagonista del Fu Mattia Pascal da Pirandello ridotto da Kezich (1974) [...] Fra i pioneri della tv, seduce il primo pubblico televisivo con Delitto e castigo. Romeo e Giulietta, I capricci di Marianna, Come le foglie, Liliom fino all’indimenticabile Idiota [...] Nel cinema da un giovanile Lorenzaccio di Poggioli passa a L’anno scorso a Marienbad di Resnais e al suo Gradiva» (Fabio Battistini, Dizionario dello spettacolo del ”900, Baldini&Castoldi 1998). «Sono fiorentino, nato a Fiesole nella dépendence della villa del grande critico americano Bernard Berenson. Mio nonno era maestro muratore di Berenson. Era lui che aggiustava, rifaceva le serre, il giardino e la manutenzione delle case. Fu così che diventai architetto [...] Non ho mai amato particolarmente il teatro e non ho vocazione, non sono un attore nel senso comune. Fu una ragazza a dirmi: ”Vieni”. Avrei fatto qualunque cosa perché era bellissima [...] La donna è fondamentale. E’ la luce. Senza donne il mondo è buio [...] La donna è come i cavalli. I cavalli sono fieri, sublimi, non si sottomettono mai: fanno finta... [...] Quando si fanno i provini a teatro, i maschi sono goffi e le ragazze, come minimo, hanno qualcosa di seducente [...] Ho raggiunto la leggerezza. Quando ero giovane ero molto aggressivo. Ma l’aggressività, che chiamiamo vitalità, è cosa da cimitero di automobili arrugginite, secondo Calvino [...] Sono profondamente anticomunista e penso che il comunismo è la più grande iattura del secolo. E il fascismo è una soluzione di mezzo, un tentativo che conciliava l’individuo con le masse. Era interessante, finché non è caduto nell’eccesso dell’impero e poi nel precipizio della violenza e dell’assolutismo orrendo [...] Autori preferiti? Dostoevskj. Del resto feci per la Rai L’Idiota e Delitto e castigo. Pensi che ci furono 14 milioni di telespettatori per L’idiota. Ma io vivo sui testi di Dante e Shakespeare. Ho amato moltissimo anche D’Annunzio per il gioco della lingua. E poi Joyce e i poeti. Mi sono formato sulla poesia. La formazione dell’attore è sulla poesia. La poesia è lucreziana [...] Fare il cinema un po’ mi annoia. Mi ha annoiato anche recitare in Marienbad. Una volta, Visconti, che era mio amico, venne a vedere in studio l’ultima puntata de L’Idiota e Anna Proclemer gli chiese perché mi era così difficile fare cinema. Lui rispose: ” difficile che faccia cinema in Italia. Qui il cinema si scrive per i registi, non per gli attori” [...] Fare il regista richiede un tempo pazzesco: ci vogliono tre anni per un film, e non è divertente [...] Anna Proclemer è stata fondamentale per me nella vita come amore e come compagna di lavoro in un’esperienza teatrale importantissima» (’La Stampa” 6/5/2001).