varie, 8 febbraio 2002
ALEMANNO
ALEMANNO Gianni (Giovanni) Bari 3 marzo 1958. Politico. An/Pdl. Sindaco di Roma (eletto nel ballottaggio contro Francesco Rutelli del 27/28 aprile 2008). Eletto alla Camera nel 1994, 1996, 2001, 2006, 2008. Ministro delle Politiche Agricole nel Berlusconi II e III (2001-2006). Diploma di maturità scientifica, imprenditore, già dirigente della federazione giovanile del Msi-Dn, membro della direzione nazionale di An, deputato dal 1994. «Pugliese da tutti i lombi, ma a Bari è nato casualmente. Suo papà, generale dell’esercito, era leccese e in continuo movimento per servizio. La mamma è di Gallipoli, e fu compagna di classe della madre di Rocco Buttiglione. Il giovinetto, seguendo il babbo, fu a Bolzano, Udine e Piacenza. Finché la famiglia si ancorò a Roma nel 1970. Gli Alemanno presero casa nel quartiere bene e ”nero” dei Parioli. Dai suoi 13 anni, Giovanni fu nel Fronte della gioventù fino a diventarne il capo, subentrando a Gianfranco Fini. Ammirò Giorgio Almirante finché visse. Appena Fini lo sostituì alla guida dell’Msi (1987), si scherò con l’estrema destra di Pino Rauti che aiutò a diventare capo del partito scalzando l’altro (1990-91). Ne sposò la figlia Isabella nel 1992. Ne ebbe Manfredi. Oggi sono separati, anche per divergenze ideologiche. Con Rauti non si vede più, con Fini ha timidamente riallacciato, è invece pappa e ciccia con Francesco Storace e suo alter ego nella corrente della Destra sociale [...] Ha fatto l’imprenditore edile. un provetto scalatore. Ha provato lo Shishapangma, ottomila tibetano. Accampato 25 giorni, è arrivato fino a 5.700 metri. Poi la politica lo ha richiamato a casa, ma si era ormai beccato una broncopolmonite che gli è durata tre mesi» (Giancarlo Perna, ”Panorama” 21/6/2001). «Il suo passato barricadero a 360 gradi è riassumibile in due episodi. Il primo, quando finì a Rebibbia colpevole di aver tirato una molotov contro l’ambasciata sovietica. Il secondo, nel 1989, quando fu arrestato per un sit-in assieme ad altri 23 camerati del Fornte della Gioventù contro la visita del presidente americano George Bush a Nettuno per ricordare i caduti Usa nello sbarco della Seconda guerra mondiale» (’L’Espresso”, 21/6/2001). Come ministro «ha lasciato più tracce con le sue prese di posizione politiche in difesa delle garanzie previste dallo statuto dei lavoratori che come ministro delle Politiche agricole. Modesta, stando ai comunicati di palazzo Chigi, l’attività propositiva in Consiglio dei ministri, dove ha spinto per l’accelerazione dei pagamenti comunitari. Nel suo dicastero si è affermata una linea contraria agli organismi geneticamente modificati”» (’Corriere della Sera”, 3/12/2001). «[...] nel 1989, al termine di un burrascoso congresso finito (anche) a sediate, Gianni Alemanno scalzò Gianfranco Fini dalla segreteria del Fronte della Gioventù. Alemanno, all’epoca, era il delfino di Pino Rauti (ne aveva tra l’altro sposato la figlia) e veniva abitualmente collocato all’estrema destra del partito. In realtà, già allora - e forse soprattutto allora - Alemanno era piuttosto l’espressione di una curiosa, e per molti inaspettata, fuoriuscita culturale e politica dal neofascismo ”ufficiale”, quello insomma nostalgico e moderato che aveva avuto in Almirante il leader indiscusso e in Fini l’erede designato. Alemanno apparteneva invece a quel gruppo - rautiano ma non solo - capace di mescolare ambientalismo e razzismo, Evola e Tolkien, antiamericanismo e impegno per l’Europa ”dei popoli”, simpatia per Wojtyla e disgusto per il consumismo tardocapitalistico. La miscela era complessa, e per qualcuno indigeribile. Non mancarono episodi violenti, come l’arresto a Nettuno, nel maggio dell’89, per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, tentato blocco di corteo ufficiale, lesione ai danni di due poliziotti. Obiettivo della manifestazione: contestare Bush senior in visita al cimitero di guerra americano. E non mancarono episodi curiosi, e insieme rivelatori: nel ”93 Alemanno organizzò a Roma la ”Festa delle comunità nazionalpopolari”, cui partecipò anche una delegazione della Lega guidata da Irene Pivetti e da Borghezio. Obiettivo: costruire un fronte comune contro poteri forti ed eccessi liberisti nel nome del ”popolo”. Da allora sono passati molti anni, e Alemanno, per dir così, s’è dato una ripulita [...]. Ha aderito con entusiasmo alla svolta di Fiuggi, rompendo con Rauti e litigando con la moglie. Ha costruito pazientemente un consenso capillare nel partito e nell’elettorato meridionale [...] E, soprattutto, ha esercitato l’incarico di ministro dell’Agricoltura con spregiudicato trasversalismo, facendosi amici la Coldiretti di antico stampo democristiano e lo Slow Food di Carlin Petrini [...] il movimento no-global e quello contro gli Ogm. A Cancun, al termine di un vertice del Wto dedicato all’agricoltura e conclusosi senza neppure un comunicato congiunto, ha sfidato i fischi e gli insulti per stringere la mano all’honduregno Rafael Alegria, portavoce mondiale di ”Via Campesina” e leader della contestazione no-global. Qualcosa dell’antimperialismo degli anni rautiani deve evidentemente esser rimasto, in Alemanno, e forse oggi l’antagonista di Fini condividerebbe un’affermazione di sua moglie Isabella: ” An che ha superato a destra il Msi. La cosiddetta svolta di Fiuggi aveva un forte carattere liberista”. Già, perché il capolavoro politico di Alemanno è probabilmente la corrente di ”Destra sociale”, fondata da Storace e divenuta ben presto, anche in virtù di un qualche equivoco sul significato di ”sociale”, la casamatta di Alemanno. In un libro-intervista con Angelo Mellone apparso [...] da Marsilio (e anche la scelta dell’editore, tutt’altro che di destra, non è un caso), Alemanno punta il dito contro il ”rischio tecnocratico”, la globalizzazione, la riforma dello Stato sociale. La ”modernità” di Alemanno, se così la vogliamo definire, risiede insomma in un mix del tutto particolare di conservatorismo e innovazione, trasversalismo e reazione, difesa della ristorazione italiana del mondo attraverso un apposito ”Marchio di qualità” e appoggio incondizionato al cardinal Ruini nella battaglia antireferendaria (’Fra i giovani che hanno fatto campagna si respirava l’aria di un ”68 al contrario”, ha commentato entusiasta), proposte di tassazione delle rendite finanziarie che piacerebbero a Bertinotti e meridionalismo vecchio stampo (’Nel Sud le radici della nuova Europa” s’intitola un opuscolo di una quarantina di pagine che non disdegna affatto il ritorno alla Cassa del Mezzogiorno). La difesa dell’autonomia e dell’identità di An - cavallo di battaglia interno contro le lusinghe del ”partito unico” berlusconiano - affonda in questo humus soltanto apparentemente contraddittorio, ma capace in realtà di intercettare speranze, e soprattutto timori, assai diffusi nell’elettorato non soltanto di destra. ”Il modello che ho in mente - spiega - è il partito repubblicano di Bush che vince quando ritorna ai valori della tradizione religiosa”. Magari con una spruzzatina no-global, e naturalmente senza rinnegare quella contestazione così dura, a Nettuno, contro Bush padre. Del resto, Alemanno è fatto così: a Ballarò, all’indomani della sconfitta del centrodestra alle regionali, sedeva accanto a Berlusconi ma a tutti sembrò un efficace rappresentante dell’opposizione» (Fabrizio Rondolino, ”La Stampa” 16/6/2005). «[...] l’’Espresso” è arrivato a paragonarlo a Joschka Fischer, ”che ha saputo ricomporre con dignità il suo presente da statista e il suo passato da estremista di sinistra”. Che il responsabile delle politiche agricole abbia trascorsi non gandhiani è noto. A Giancarlo Perna, che gli ricordava come passasse ”per un picchiatore”, rispose: ”Gli anni Settanta sono stati duri per la destra. Non mi sono mai tirato indietro”. Guai giudiziari? ”Alcuni, ma sepolti nel passato”. Poca roba, per quei tempi. Un arresto per una molotov contro l’ambasciata sovietica. Un secondo per avere contestato la visita di George Bush (il padre) a Nettuno, dove il presidente Usa voleva ricordare i caduti americani nella Seconda guerra mondiale. Certo è che ”Lupomanno” (così lo chiamavano allora i camerati, come lui stesso ha ricordato in una bella intervista a Stefania Rossini) era allora un torello così bellicoso che si sarebbe tirato dietro quell’immagine per anni. Al punto di spingere un giornale non ostile come ”Panorama” a titolare un suo ritratto: ”Dalla spranga all’aratro / la lunga marcia di Alemanno al potere”. Un marchio non immeritato. Ma datato. E alla fin fine ingiusto. Com’è accaduto sulla sponda opposta non solo a Fischer ma a vari esponenti della sinistra compreso Massimo D’Alema, che un giorno confessò d’aver lui pure tirato una molotov, il ministro dell’agricoltura ha compiuto negli anni un percorso di allontanamento dall’idea manesca della politica assai più netto di altri camerati rimasti attardati assai più di lui nelle nostalgie del passato. Direte: facile, dato che la responsabilità e i rischi degli strappi se li assumeva Fini. Vero: l’uomo è finito spesso nella scia del capo godendo del traino senza pagar dazio. Neppure per certe frasi infelici sfuggitegli quando già era adulto. Tipo: ”Se sento parlare di storicizzazione del fascismo, metto mano alla pistola”. Sulla svolta di Fiuggi, però, gli va riconosciuto che mise sul piatto perfino la moglie. Era sposato con la figlia di Pino Rauti, l’ex segretario radicalmente contrario alla svolta. Lei, Isabella, era incinta. Diede alla luce Manfredi più o meno mentre nasceva An e per quattro giorni non rivolse al marito la parola. Il matrimonio stesso andò in crisi: ”C’erano anche elementi personali, naturalmente, ma la politica fu determinante”, spiegò qualche anno dopo l’ex ”Lupomanno”, ”Poi ci siamo ritrovati. Ci siamo persino risposati simbolicamente, scambiandoci di nuovo le fedi nella stessa cappella del vero matrimonio alla presenza di nostro figlio”. Isabella ora ha cambiato idea: ”Anche se mi costa un po’ dirlo, devo riconoscere che a Fiuggi Gianni aveva visto giusto”. Da giovani, confida, sognavano il potere: ”ma in fondo eravamo convinti che non ci saremmo mai arrivati”. Lui è diventato ministro, lei consigliere ministeriale alle Pari Opportunità. Insieme nei turbolenti anni Settanta, insieme (sia pure a tempi sfalsati) nella revisione del passato, insieme in vacanza gratis a Zanzibar, denuncia l’’Espresso” sulla base di un rapporto della Finanza, a spese della ”Parmatour” di Callisto Tanzi: ”Al rapporto sono allegati diversi documenti imbarazzanti. A partire dall’elenco delle persone che viaggiavano gratis. Accanto alla data 28 dicembre c’è scritto: Giovanni Alemanno; Isabella Rauti (moglie) e M. (figlio). Non basta: alla data del 1 ˚ marzo del 2003, sempre secondo gli atti Parmalat, è partita per le Seychelles la segretaria particolare del ministro, Alessandra Lippiello, che non avrebbe pagato 3.900 euro”, scrive Peter Gomez, ”Per le Fiamme Gialle anche la scelta dei tempi è sospetta: ”La data di partenza del 28 dicembre del 2002 coincide con il termine dei lavori della seconda commissione Interministeriale sul latte microfiltrato, quella che diede il via libera al latte ”frescoblu’ sul quale Tanzi aveva puntato centinaia di milioni di euro”. Capiamoci: il via libera del ministro dipese dal parere della commissione. Ma la rivelazione è seccante. Come seccante fu la scoperta che Parmalat aveva finanziato con 74.400 euro la rivista Area attraverso una pubblicità della ”Bonatti”. Evento che lui cercò di sdrammatizzare dicendo: ”Non sapevo che la Bonatti fosse dei Tanzi”. [...]» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 16/5/2005).