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 2002  febbraio 08 Venerdì calendario

Alesi Jean

• Montfavet (Francia) 11 giugno 1964. Ex pilota di Formula uno. Adesso commentatore tv (scrive anche sul Corriere della Sera) • «È un personaggio del tutto particolare. Amatissimo dai tifosi (in Giappone lo adorano, anche per via della moglie Kumiko che gli ha dato due figlie, Helena e Charlotte, ma ha un fan-club anche a Cipro), rispettato in pista. Se ha un difetto, è quello di non sapersi trattenere con le parole. Dice sempre ciò che pensa. E senza mezzi termini. Un carattere difficile ed esplosivo, in un ambiente nel quale la diplomazia sarebbe comunque più utile. E questo spiega certi tracolli, il passaggio da una squadra all’altra, quando il rapporto si deteriorava […]. Questa aggressività è invece più contenuta in pista. Vale per le partenze, delle quali è un grande specialista perché riesce quasi sempre a guadagnare qualche posizione, sia per la determinazione sino all’ultimo metro. [...] Mai un episodio “sporco”. Diversi incidenti, collisioni, sempre fatti normali di gara. Attentissimo nei doppiaggi, è il primo a farsi da parte se un rivale arriva alla sue spalle a velocità superiore» (“La Stampa”, 27/9/2001) • «La Ferrari è stata la prima casa italiana dopo quella dei nonni ad Alcamo. Maranello lo accolse come un figlio e certamente Enzo Ferrari lo avrebbe amato. Le sue gare con la Ferrari sono sempre state una lotta feroce contro un mezzo quasi mai competitivo, che lo ha obbligato ad acrobazie e rischi certamente non desiderati, per stare a livello dei migliori. Nel momento in cui la Ferrari è cresciuta ha però dovuto far posto a Schumacher. Il fenomeno» (Pino Allievi, “La Gazzetta dello Sport magazine” n.10/1996) • «Se si scorre la mia carriera superficialmente, si nota subito che ho ottenuto una sola vittoria, quella in Canada. Se mi fermo a riviverla con calma, però, non mi pare così scarsa, anzi, è stata piena di momenti belli. Ho sempre guidato per le squadre con cui volevo gareggiare, e questo non è poco. C’è una cosa che non potrò mai dimenticare della vittoria di Montreal: quando ho tagliato il traguardo tutti i meccanici della Formula 1 erano sul muretto a salutarmi, anche quelli di altre squadre, dalla McLaren alla Williams. L’ho considerato un gesto d’affetto più per la persona che non per il pilota e me lo tengo bello stretto» (Daniele Bresciani, “Sportweek” 9/6/2001).