11 febbraio 2002
Halilovich Fabio, di anni 16. Rom di origine bosniaca, viveva coi genitori e tre fratelli in un campo nomadi di Roma, frequentava i corsi tenuti dai volontari dell’Opera nomadi e il doposcuola a Tor Sapienza
Halilovich Fabio, di anni 16. Rom di origine bosniaca, viveva coi genitori e tre fratelli in un campo nomadi di Roma, frequentava i corsi tenuti dai volontari dell’Opera nomadi e il doposcuola a Tor Sapienza. Alle 22 di venerdì 1 tornava verso il suo camper a bordo di una Tipo scura rubata, insieme col cugino Roberto, di anni 17, che guidava, e altri due amici. Nei pressi del campo, una pattuglia dei carabinieri: mostrarono la paletta per fermarli, quelli tirarono dritto e s’infilarono in una stradina senza uscita. Un vicebrigadiere li inseguì con la pistola in pugno. Secondo la versione dei carabinieri, la macchina fece bruscamente retromarcia investendo il militare che, nella caduta, fece partire un colpo. Il proiettile s’infilò nella targa, trapassò il sedile, poi un rene e il cuore dell’Halilovic (ch’era seduto dietro) e s’andò a conficcare nello schienale anteriore. Il vicebrigadiere, guaribile in venti giorni. Gli zingari sostennero che non avevano affatto ingranato la retromarcia. Tra lamiere e carcasse di auto bruciate, nei pressi del campo nomadi di via Salone, 1.200 persone, quartiere Collatino, periferia est di Roma.