11 febbraio 2002
D. M. Andrea, di anni 24. Residente a Musile sul Piave, Venezia, diplomato all’istituto per geometri di San Donà, lavorava nell’impresa edile che la sua famiglia possedeva da generazioni
D. M. Andrea, di anni 24. Residente a Musile sul Piave, Venezia, diplomato all’istituto per geometri di San Donà, lavorava nell’impresa edile che la sua famiglia possedeva da generazioni. Retto, orgoglioso, assai affezionato alla sorellina, niente sigarette né alcol. La sera di venerdì 1 con la sua Peugeot percorse la strada che collega Treviso a Mestre e si fermò nel piazzale antistante la stazione di Preganziol, prediletto dalle prostitute e dai loro clienti. Alle 22 e 30, mentre era lì fermo in macchina, forse con una donna, forse solo, una pattuglia di vigili urbani si accostò alla macchina accanto alla sua, fece scendere un uomo e la squillo che l’accompagnava, gli chiese i documenti. A quel punto Andrea ingranò la retromarcia e, quatto quatto, a fari spenti, provò a fuggire. Non si fermò all’alt degli agenti, ne sfiorò uno e schizzò via, senza accorgersi che gli avevano preso il numero di targa. Mentre i vigili telefonavano ai suoi genitori per sapere se gli era stata rubata una macchina, guidò fin quasi a Castenaso, Bologna. Si fermò nei pressi di un campo di baseball, buttò via il telefonino che continuava a squillare e si appese a un albero. ”Come un vecchio samurai”, disse lo zio Visentin Giorgio, consigliere comunale della Lega a Musile del Piave.