Antonin Artaud, "Il teatro e il suo doppio", Einaudi, 11 febbraio 2002
In questo saggio sono raccolte le riflessioni di Artaud, sotto forma di articoli e lettere, ma anche estratti delle sue pièce e di quelle di altri autori del ”teatro della crudeltà”, ovvero ”della vita”
In questo saggio sono raccolte le riflessioni di Artaud, sotto forma di articoli e lettere, ma anche estratti delle sue pièce e di quelle di altri autori del ”teatro della crudeltà”, ovvero ”della vita”. Il sogno di sconvolgere lo spettatore, di provocare in lui uno psicodramma liberatorio e catartico, la concezione di teatro anarchico, puro, estremo, simile, per le trovate sceniche e l’utilizzo di tutte le tecniche espressive, musica, pittura eccetera, a quello orientale, ne fanno un’opera fondamentale della drammaturgia moderna che continua a esercitare vistosa influenza. Al di là del fascino di un personaggio-icona per cui il vero palcoscenico fu la vita. Nato nel 1896 a Marsiglia da una famiglia di armatori e commercianti, Artaud si trasferì a Parigi per farsi curare disturbi mentali. Pubblicò articoli, liriche, fu attore, disegnatore, romanziere (con Eliogabalo). Si unì ai surrealisti. Fondò il teatro Jarry. Per questa tentazione ”borghese” fu allontanato dal gruppo. Suo obiettivo, emozionare il pubblico come a una antica rappresentazione dell’Edipo, ricreare la paura orientale per i draghi di cartapesta. Oppiomane, viveva in camere d’albergo. Recitò e scrisse soggetti per il cinema, aborriva quello muto. Dopo alcuni insuccessi partì per il Messico, poi andò in Belgio e in Irlanda dove fu arrestato e imbarcato a forza. Venne internato. Intanto, nel ’38, usciva, da Gallimard, "Il sogno e il suo doppio". La guerra che infuriava fuori rese più tragica, anche materialmente, l’esperienza della follia. Distrutto, anche nel corpo, gli amici ottennero che fosse ricoverato vicino a Parigi, dove aveva libertà di movimento. Nel ’46, in un gala al Sarah Bernhardt, fu data lettura di sue poesie. Afflitto da un cancro all’ano, placava i terribili dolori con l’oppio. Il suo "Per finirla col giudizio di dio" doveva essere rappresentato in radio, fu censurato. Esausto, semiparalizzato, Artaud fu trovato morto nel marzo del ’48, ai piedi del letto, in clinica.