varie, 11 febbraio 2002
ALTOBELLI
ALTOBELLI Alessandro Sonnino (Latina) 28 novembre 1955. Ex calciatore. Detto ”Spillo”, con la maglia dell’Inter vinse lo scudetto 1979/80, con la nazionale (61 presenze e 25 gol) fu campione del Mondo nel 1982, terzo agli Europei del 1988, quarto a quelli del 1980. Decimo nella classifica del Pallone d’Oro 1986, ventisettesimo nel 1980, trentesimo nel 1987 • «Il suo gol memorabile è probabilmente quello che infila nella porta di Schumacher, dopo aver ricevuto un assist di Bruno Conti: è il 3-0 (poi 3-1) sulla Germania Federale nella finale del Mundial spagnolo 1982. Subentrato a Graziani, mette il suo sigillo sul trionfo dell’Italia. Sarà poi titolare ai mondiali del 1986 con un ottimo bilancio personale (quattro partite, quattro reti) [...] 209 gol segnati in gare ufficiali nei suoi undici anni nerazzurri. Arriva nel 1977 e con Beccalossi forma la coppia simbolo dell’Inter dell’epoca [...] A fine carriera si trasferisce alla Juventus. Centravanti esile, ma tecnicamente molto valido, detiene il record di marcature interiste (35) nelle coppe Europee. Goleador più continuo della sua generazione, non è mai stato capocannoniere in campionato» (Dizionario del calcio italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000) • «Ha giocato undici campionati con l’Inter e uno con la Juve. Era un grande centravanti: tecnico, agile, forte di testa. Pietro Vierchowod, difensore centrale con vent’anni di serie A, ha detto: ”Ho incontrato tutti gli attaccanti del mondo: Van Basten e Altobelli sono i migliori”. Alessandro Altobelli detto Spillo , ha segnato nella sua carriera (campionati, coppe e nazionali) 298 gol. Solo con l’Inter, 132. Con i nerazzurri ha vinto uno scudetto, stagione 1979/80, in testa da soli dalla prima all’ultima giornata. [...] ”Ho finito le medie e mio padre mi ha mandato a lavorare a Latina, in una macelleria. Avevo quattordici anni, il calcio mi piaceva, ma a Sonnino non c’era la squadra e io sono andato a fare il garzone di macelleria. Papà diceva: ”Devi imparare un mestiere’. Non ero molto convinto. ”Meglio il macellaio che il muratore. Vuoi fare quello che ho fatto io? Ti spacchi la schiena. Se fai il bravo, se impari bene poi possiamo mettere su un nostro negozio. Eh, scusa, un macellaio è un macellaio’. Ero perplesso”. Sonnino Latina, tutti i giorni. ”Per un anno, sveglia all’alba, senza perdere mai la corriera. Il lavoro era il lavoro [...] Voglia di studiare non ne avevo tanta, alternative non ce n’erano. A Sonnino non c’era nemmeno una squadra. Poi un giorno il barbiere Gaspare Ventre ne ha messa insieme una, la Spes. Mi ha chiamato, sono diventato il centravanti. Era faticoso, la macelleria a Latina e gli allenamenti, beh gli allenamenti, le partite a Sonnino. Dicevo a Gaspare: ”Io non ce la faccio, dovrei lavorare vicino a casa’. Gaspare allora parlò con mio padre. ”Non possiamo trovargli un posto qui? Magari alla macelleria?’. Non era possibile”. Un campionato con il barbiere, gol, tornei, movimento, passione, osservatori. ”Ci sono anche quelli del Latina e della Fulgorcavi. Una squadra dilettanti sponsorizzata da una ditta di cavi elettrici. quella che fa per me. C’è un dirigente che si chiamava Nando, mi segue sui campi con la sua 127 verde chiaro e mi promette: ”Se vieni con noi ti diamo anche il lavoro stabile’. Fantastico! Io quello cercavo. Un lavoro fisso, non potevo mica pensare di vivere con il calcio. Che lavoro è il calcio?”. Parte per un colloquio con quelli della Fulgorcavi, ma fa una deviazione e si ritrova nella sede del Latina, serie C. ”Parlano di programmi e di futuro. ”Siamo una squadra con dei progetti, puntiamo sui giovani, tu hai sedici anni...’. Un dirigente, Leonardi, mi mette un assegno di cinquantamila lire sotto il naso. ”Se firmi sono tuoi’. Firmo al volo. Cinquantamila, dico cinquantamila... Erano i primi chevedevo. Il barbiere Gaspare mi pagava in natura: taglio capelli una volta al mese [...] La domenica c’erano meno corriere, Latina era a trenta chilometri. Restava la bicicletta. Ma c’erano le salite, erano aspre e ti toglievano il fiato”. E allora? ”Autostop, borsa nella mano e il dito alzato. Ci si arrangiava. Io ce la mettevo tutta, qualcuno si fermava”. Altobelli sale e non si ferma più. Parte da Latina e, ondeggiando, dribblando e sorpassando arriva dove arriva. Diventa il centravanti del Brescia, poi dell’Inter, poi della nazionale, poi campione del mondo. Poi cercheranno di imitarlo in molti, in tanti, in troppi. [...] ”[...] Ho fatto molti gol, ho dato, ho ricevuto. Mi battevo in campo e anche fuori, soprattutto quando c’era da rinnovare il contratto. Chiedevo, ero cocciuto. Volevo cinquanta e cinquanta mi davano. [...] non ho mai tirato indietro la gamba. Anzi. Una volta, un mercoledì, mi sono fatto male contro il Real in una semifinale di coppa... Mi sono, mi hanno massacrato, sono uscito, sono andato alla Pinetina, ad Appiano, da solo. E lì sono rimasto sino a domenica. Tutti dicevano: ”Non ce la fa a recuperare’. E invece ho giocato e segnato anche due gol”. Gol, gol, gol. Spillo fa il terzo al Bernabeu, nel 1982, alla Germania e diventa campione del mondo. Segna, ma esulta quasi con sobrietà: corsetta, pugno alzato. ”Ero così, dappertutto. All’Inter, alla Juve, in nazionale. Segnavo per le mie squadre ed ero contento. Certo, miè piaciuto quel titolo della ”Gazzetta’ dopo, credo, tre gol alla Juve: Altobellissimo . Ero contento, non egoista. Non ho rimpianti, forse qualche delusione, come quando Trapattoni mi mandò in panchina. Non riuscì a gestire quel passaggio: poteva dirmelo, avrei capito. Meritavo, penso, un altro trattamento. Poi sono andato alla Juve e non mi sono pentito. Ho sempre fatto tutto con professionalità e chiarezza. Anche quando sono diventato assessore per la Democrazia Cristiana al comune di Brescia. Sono stati cinque anni di buone esperienze. [...]”» (Germano Bovolenta, ”La Gazzetta dello Sport” 20/4/2005).