varie, 11 febbraio 2002
ANASTASI2
ANASTASI Pietro Catania 7 aprile 1948. Ex calciatore. Lanciato dal Varese, con la Juventus vinse gli scudetti del 1972, 1973, 1975, giocò anche con Inter e Ascoli. Con la nazionale vinse l’Europeo del 1968 (suo il gol dell’1-0 nella finale bis con la Jugoslavia). Nelle celebrazioni per il suo cinquantennio (2003), la Uefa lo inserì tra i migliori 50 giocatori europei del decennio 1964/1973 (altri italiani Zoff, Facchetti, Rosato, Rivera, Boninsegna, Mazzola, Riva) • «Cresce nella Massimiana e si afferma a Varese: fra i suoi trofei, anche una tripletta alla Juve heribertiana. Nel 1968, il grande passo. L’avvocato Agnelli lo strappa all’Inter. Un trasferimento clamoroso: mentre ”Pietruzzu” sta disputando un’amichevole in maglia nerazzura a San Siro, l’Avvocato si accorda con il patron del Varese e della Ignis, Borghi, il signor frigorifero. Di bassa statura e scatto anguillesco, Anastasi diventa subito l’idolo dei tifosi bianconeri, soprattutto di quelli meridionali che vedono in lui una sorta di riscatto sociale. Pelle olivastra, ciuffo nero sulla fronte, ha un istinto selvaggio che lo porta a segnare gol impossibili. Una scarica di adrenalina. Contribuisce ai primi allori della Juve bonipertiana, con Furino, Causio, Haller, Bettega. Alla lunga, patisce la concorrenza del ”vecchio” Altafini. Bilancio: in campionato 205 presenze e 78 gol. Gli scudetti sono tre: 1972, 1973, 1975. Nel 1976, dopo la fatal Perugia, passa all’Inter in cambio di Boninsegna. Con la Nazionale, racimola 25 gettoni e 8 reti. Ha appena vent’anni quando, la sera del 10 giugno 1968, si laurea campione d’Europa all’Olimpico contro la Jugoslavia (2-0): il secondo gol è tutto suo» (’La Stampa” 2/2/2004). «Piccoletto dalla pelle olivastra, col ciuffo nero sulla fronte [...] Guizzante e fantasioso, inventa gol impossibili, specialmente di testa, tuffandosi in mezzo all’area a volo d’angelo. Tuttavia, anziché migliorare, stagione dopo stagione il suo gioco diventa più involuto: le nuove stelle sono Causio e Bettega, mentre si fa sentire la concorrenza del vecchio asso Altafini» (Dizionario del calcio italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000). «Prima l’estro e la tecnica, poi l’ingombro della tattica [...] Esperienze nella Trinacria e nella Massiminiana, prima del passaggio al Varese del commendator Borghi [...] La rete, con la maglia della nazionale, nella finale degli Europei del 1968, una rete in semirovesciata, nel giorno del debutto, un tempo con la maglia dell’Inter a San Siro, due gol alla Roma, poi nell’intervallo l’annuncio di Borghi: ”Ti ho venduto alla Juve”. Dichiarò di essere felicissimo: perché era juventino e perché aveva una foto, scattata al Cibali, al fianco del suo beniamino John Charles [...] Soprannominato da Vladimiro Caminiti, l’inviato poeta di ”Tuttosport”, ”Pietruzzo u turcu”. E che esordio con bianconeri: 3-3 a Bergamo con l’Atalanta. Due gol alla Pelè, con palleggi volanti e pallonetti, roba da restare lì a bocca aperta» (Darwin Pastorin, Io&Lui/Guerin Sportivo). «Per noi meridionali la Juve era tutto, significava successo e prestigio, voleva dire abbandonare la povertà e raggiungere il mito [...] A Torino raggiunsi la maturità sia come uomo, sia come giocatore. La Juve è una scuola di vita e frequentare personaggi del calibro dell’Avvocato e di Boniperti mi ha dato moltissimo. Otto anni meravigliosi con un unico neo, la stagione 1975/76, l’ultima per me in bianconero. Litigai col tecnico Parola, venni messo fuori squadra e chiesi di andarmene. Tutto finisce, ma soffro ancora adesso se penso che non un solo compagno mi telefonò per esprimermi solidarietà» (Marco Cassardo, ”La Gazzetta dello Sport Magazine” n. 6/1999).