varie, 11 febbraio 2002
ANDERSON5
ANDERSON Laurie Chicago (Stati Uniti) 5 giugno 1947. Musicista. Artista • «Poetessa evanescente e musa del rock, tenace sperimentatrice dei computer ma anche purista del suono di esibita ispirazione zen, pioniera del teatro multimediale e cantastorie dei disagi americani. [...] All´opposto di certi artisti americani suoi coetanei, emersi, come lei, dall´elettrizzante scena delle avanguardie newyorkesi anni Settanta, oggi fisicamente devastati - come Lou Reed, leader dei Velvet Underground, da qualche anno divenuto il suo compagno, che ha la faccia di chi è stato bandiera di ogni trasgressione, o come Patti Smith, che è nata come lei nel ’47 a Chicago, e che è diventata una lugubre maschera stregonesca - la Anderson è un´apparizione fresca e sofisticata, coi capelli tagliati corti a raggiera e una tutina monacale sul corpo agile e sottile, che sembra conservare intatta la luce dell´adolescenza. Anche la voce ipnotica, con salti di toni, ora intimi ora foschi ora sfumati ora infantili, contribuisce a darle una vaghezza senza tempo, da menestrello fatato. Musicista e performer di successo trentennale, capace di avventurarsi negli idoli dell´epopea americana (il celebre United States 1-4) e nelle profondità marine di Melville (il recente Song and Stories of Moby Dick [...]), Laurie si racconta sospinta, fin dagli inizi, ”da una grande voglia di raccogliere storie: cose vere, vissute, dunque tensione, impermanenza, movimento, conflitti. Niente a che vedere con certe dimensioni congelate o filtrate in cose frivole o ”carin che spesso ci consegnano le gallerie d´arte, per lo meno quelle che oggi vedo a New York, la città in cui vivo, che non è mai stata quieta e non violenta come adesso, pervasa, dopo i fatti dell´11 settembre, da un clima di diffusa tenerezza”. [...] Il suo amato-odiato strumento d´elezione, ”il violino: un mio surrogato, un modo di dire ”io’, la marionetta del ventriloquo, capace di piangere, lamentarsi e cantare mentre parlo”. Da piccola si era innamorata del violino classico, ”però poi mi rassegnai a lasciarlo per dedicarmi ad altro, fisica, tedesco, filosofia; forse perché sapevo di non avere talento sufficiente per essere una grande solista, né la voglia di studiare otto ore al giorno per diventarlo”. Quando riprese a suonarlo, molti anni dopo, operò la sua vendetta violentando il docile strumento in ogni modo possibile [...] Le perversioni sensitive di Laurie sono anche fotografiche, come la Serie dei sogni istituzionali, in cui ritrae se stessa in bianco e nero mentre dorme in vari luoghi pubblici, la panchina di un parco, una spiaggia, una biblioteca, persino l´ingresso dei bagni pubblici, ”per vedere come m´influenzava il posto, perché ogni luogo ha un suo spirito, che guida e colora i sogni”. Non si capisce come non fosse terrorizzata da possibili violenze; eppure lei confessa, birichina e serena, di aver preso l´abitudine di dormire ogni tanto per strada da bambina, ”quando con mia sorella, nei sobborghi di Chicago, ci buttavamo per gioco su un marciapiede col cuscino”» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 10/11/2003) • «Con quegli occhi chiari da eterna bambina e i capelli biondi tagliati cortissimi a raggiera […] irradia una serenità da aliena capitata da noi quasi per caso. L’ironia è la sua arma vincente e sembra che ti prenda in giro, che il paradosso di tante sue canzoni e spettacoli multimediali si applichi anche alla vita di tutti i giorni. […] Sono passati 20 anni da quando uscì dall’anonimato con l’irrestibile O superman, un grande, atipico hit commerciale. […] ”Con gli anni ho imparato a essere più felice, a dare più peso ad altre cose. Ho scritto un’introduzione a New York per la nuova edizione dell’Enciclopedia Britannica. Ci vivo da 30 anni, ma per scrivere il saggio di diecimila parole che mi hanno commissionato, ho dovuto riscoprire la città passeggiando di notte e di giorno, captando la musica diversa che emanano i palazzi e i grattacieli di New York. Un’esperienza emozionante ed educativa’ […] Da anni vive con Lou Reed. ”Abbiamo un cane, un terrier che si chiama Lolabell. […] Lou è molto critico con la sua e la mia musica. Gli faccio sentire spesso le mie cose e lui le sue, parliamo molto, ma non troppo. duro, ma necessario per conservare ciascuno la propria identità. Ci sono sere meravigliose in cui suoniamo insieme, senza altri testimoni. Suoniamo insieme solo per il nostro piacere, non c’è nessun disegno commerciale. A volte registriamo, ma sono cose non destinate alla pubblicazione […] Un giorno, all’improvviso, il medico annunciò a mio padre che aveva solo due mesi di vita. Papà non era pronto a morire, non sapeva come si fa. Allora comprò un mucchio di cassette di film western per vedere come si muore in quei casi. Per esempio John Wayne borbotta poche parole cruciali, rotola a terra e muore. C’era poco da imparare. Quando il dottore mi avvertì che mancava poco, gli sono stata vicino fino alla fine. Ho telefonato a un amico buddista per farmi dare qualche consiglio. Mi ha detto di sincronizzarmi con il suo respiro e di tenergli la testa libera, senza cuscino, in modo che se ne potesse andare in pace. stata un’esperienza che mi ha segnato profondamente”» (Giacomo Pellicciotti, ”la Repubblica” 11/7/2001).