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 2002  febbraio 11 Lunedì calendario

ARBORE

ARBORE Renzo Foggia 24 giugno 1937. Conduttore tv. Famiglia ”in vista”, si laurea in giurisprudenza. Nel 1964 lavora in Rai come programmista. Inizia un lungo sodalizio con Gianni Boncompagni. Per la radio crea trasmissioni come Bandiera Gialla e Per voi giovani. Nel 1970 nasce Alto Gradimento. In televisione conduce L’altra domenica e Cari amici vicini e lontani. Del 1984 è Quelli della notte, Indietro tutta del 1987. Nel 1992 fonda l’Orchestra Italiana, con la quale effettua tournée internazionali. Ha diretto Radiorai • «Sono al 70 per cento foggiano e al 30 per cento napoletano. [...] Mio padre aveva un carattere gioviale. Gli piacevano gli amici, le barzellette e la musica. Mia madre aveva il gusto della vita serena [...] Sognavo di andare in una grande città e fare l’artista. Sognavo la radio, costruivo delle radio. Poi ho ricevuto in regalo il mio primo strumento, una fisarmonica, ma ne ho suonati molti prima di fermarmi al clarinetto [...] I miei genitori vedevano Roma come una città peccaminosa e quindi inadatta a un ragazzo. Erano gli anni della ”dolce vita”. Napoli sembrava più pacioccona e poi mio padre aveva studiato e lavorato proprio a Napoli. Avevo affittato una stanza a casa di amici. Facevo grandi passeggiate per risparmiare. C’erano molti americani a Napoli e il mio maggiore divertimento era farmi prendere per un americano [...] Misi su un complessino che suonava nei locali durante i matrimoni. Poi fummo scritturati in un locale riservato ai militari americani della Nato» (Alain Elkann, ”Amica” 20/4/1992). «In casa, anzi a palazzo, c’è un padre dentista, uno zio sindaco, una nonna nobile, il ricordo di un avo famoso come Carlo Cafiero, anarchico ricchissimo e pazzo, morto in manicomio, Giangiacomo Feltrinelli di fine Ottocento. [...] Per laurearsi in giurisprudenza a Napoli ci mette sette anni [...] diventato uno dei più totali uomini di spettacolo del Novecento, capace di tutto ma specializzato in niente, sperimentatore e nazionalpopolare insieme, come dire Enrico Ghezzi e Pippo Baudo in una persona sola, con in più i modi impagabili del vero signore meridionale [...] ”Mi piace fare l’artista e voglio farlo anche in televisione. La mia è una tivù d’autore. Io realizzo solo prototipi, pezzi unici. Il contrario dei format”» (Camillo Langone, ”Il Foglio” 24/9/2000). «Intorno agli anni ’70 la tv era bigotta, seduta, tradizionale. Bastò dare uno scossone e il primo segnale fu l’urlo di Rocky Roberts che cantava la sigla di Bandiera gialla» (’la Repubblica” 3/12/2001). «Come primo deejay italiano, in termini cronologici, sono contento di avere sul petto una medaglia, quella del recupero della tradizione della musica popolare italiana. [...] Io sono quello che ha sempre inseguito l´altra tv e ha fatto tutto il contrario di quello che andava di moda. Anche quando mi è stato offerto da Saccà e da altri di fare la prima serata del sabato ho detto di no. Io continuo a fare l’altra tv, come faccio l’altra radio, l’altro cinema e persino l’altro spettacolo» (Ernesto Assante, ”la Repubblica” 23/11/2002). «Gira voce che il telefono sia il più temibile avversario dei suoi manicaretti. ”Questo potrebbe far vacillare la mia fama di gran gourmet, immagino. Ma sfiderò la sorte confessando i miei peccati: ho abbandonato pentole sul fuoco, pirofile in forno, macchinette del caffè sul gas. Tutto per una saporita chiacchierata con un amico. Ma per un single come me, il richiamo del telefono è irresistibile”. Eppure la conosciamo come uno scrupoloso e affezionato padrone di casa... ”Lo sono e infatti una volta sola ho rischiato che la casa si allagasse per la rottura di un tubo in cucina. Ero fuori Roma, fui avvertito dalla mia colf che arrivò in casa prima del tempo: fu per caso insomma se riuscimmo, lei nel mio appartamento e io al telefono, a risolvere il problema chiamando soccorsi”. Quando invece è in casa come si comporta? ”Come uno che in un certo senso è ospite e che dunque deve rispettare certe regole di comportamento, un galateo dell’abitare. Non sembri vezzoso, ma la casa va trattata con cura, attenzione, galanteria persino. Come una persona vera, una donna che si infuria se le fai uno sgarbo”» (’la Repubblica”. 10/12/2001). «’Contro avevamo Enzo Biagi. Era un’altra Rai. Quelli della notte contro Linea diretta. Enzo mi chiamava ’il mio contemporaneo’. Io gli rispondevo che ero felice di essergli contemporaneo, ma nel senso classico, di vivere nel suo tempo. Era decisamente un’altra Rai. [...] Ho sempre cercato di fare qualcosa d’altro. Avevo successo alla radio e andavo in tv. Facevo una trasmissione- cult e giravo un film. Mi censuravano e andavo a Sanremo. Mi chiedevano di tornare e fondavo un’orchestra che ha rilanciato la canzone napoletana. [...] Sono entrato in Rai quasi quarant’anni fa, superando un esame. Mio vicino di banco era Gianni Boncompagni. Comandava Bernabei, un uomo di cui ho ammirato la fede e l’impegno sul lavoro. Poi è venuto Biagio Agnes, e anche di lui ho un ricordo ottimo. Lo prendevamo in giro in ogni modo. Davanti a dieci milioni di spettatori mettevamo in scena la finestra del suo ufficio illuminata anche la notte, ’come quella del Duc. Telefonava in studio una bambina e scattavamo in piedi dicendo che era la figlia di Agnes. Non abbiamo mai avuto una lamentela, né privata né pubblica. Non è mai venuto in trasmissione; un tratto di sobrietà che si è un po’ perso. Dopo di lui sono passati molti direttori generali, molti presidenti sensibili al fascino delle telecamere, anche se questi di adesso mi sembrano un po’ meglio. Agnes è venuto una volta sola, ma dietro le quinte, a salutarci e ringraziarci. Fu accolto da un applauso delle maestranze. [...] Mia madre era una Cafiero, cognome napoletanissimo. Mio padre era stato fascista. Io da ragazzo leggevo Gobetti e il Mondo di Pannunzio. Mi considero un liberale radicale. Non sono mai stato comunista, sono sempre stato filoamericano; anche al tempo del Vietnam, anche nel ’68. La mia era la generazione della goliardia, degli amori sul plaid messicano che la Fiat vendeva insieme con la 500, le tresche proibite con le donne sposate, le poche ragazze che ci stavano da dividere con un amico, con Luciano De Crescenzo ci siamo conosciuti così. Però la generazione del ’68 ho cercato di raccontarla in presa diretta, con un programma che si chiamava Speciale per voi. Ora sono contro Bush, ma non contro l’America [...] Sono cattolico, ho conosciuto padre Pio, ho vissuto la malattia dei miei genitori nel suo ospedale. Anche quando abbiamo messo in scena Giovanni Paolo II l’ho fatto con delicatezza e rispetto. Eppure Il Papocchio è l’unico film di tutti i tempi a non essere mai passato in tv”. Il secondo film di Arbore dissacrò invece Fellini. FF-SS, ovvero Federico Fellini- South Story, voleva essere un omaggio. ”Cominciava con me che raccoglievo un suo copione che volava giù dalla finestra mentre Federico faceva pipì. Gli feci vedere la pellicola in anteprima; pensavo di farlo felice; ci restò malissimo”. Seguì riconciliazione, cui non fu estraneo l’affetto comune per Benigni. ”Con Roberto ci siamo visti per la prima volta a Fiuggi, a una premiazione. Mi stavano intervistando, lo chiamai accanto a me, lui cominciò a improvvisare. Mi parve la dimostrazione vivente che in tv si poteva e si doveva improvvisare, come pensavo facessero gli americani. Poi ho capito che gli americani il copione lo scrivono. Noi lo ricavavamo dalla registrazione dello show, per non perdere i soldi della Siae”. L’altra grande scoperta fu Isabella Rossellini, ”donna meravigliosa, di cui eravamo tutti innamorati. diventata una star mondiale, ma è sempre affettuosa con me, mi ha aiutato a realizzare uno dei sogni della mia vita, suonare al Radio City Music Hall. Però per Quelli della notte ho voluto tutte facce nuove. Alcuni sono tra i miei amici più cari, come Roberto D’Agostino e Marisa Laurito, e quando ci incontriamo, come con Giorgio Bracardi e con Andy Luotto, azioniamo meccanismi di sintonia che ci fanno sorridere. Questo è il motivo per cui esito a tornare in televisione. Non è l’ossessione dell’audience, non ho mai badato agli ascolti, mi importa la fidelizzazione del pubblico. che vorrei un programma con tutte facce nuove. E non le vedo”. Arbore suona tutti i giorni. Il piano bianco nell’ingresso e i tre clarinetti appoggiati al finto camino americano Anni Trenta, plastica bianca con fiamma luminosa, accanto a un mucchietto di mandolini. presidente di Umbria jazz e cittadino onorario di New Orleans. [...] ”Mi considero un jazzista della parola. stato Aldo Grasso a notare che le mie trasmissioni erano come jam session. Poi sono passato alla canzone napoletana, che vent’anni fa era trascurata e ora è sulla bocca di tutti. Adesso mi dedico allo swing”. Non vuole parlare troppo del passato, perché il passato è doloroso pure per chi ha avuto una vita come la sua. Gli otto anni con Mariangela Melato, ”la donna che ho amato di più e che mi ha insegnato ad amare Milano” (gli innamoramenti comunque sono stati 7 in 66 anni, e i grandi amori tre, meglio non dire i nomi affinché ognuna vi si possa riconoscere). Il cruccio di non avere figli, cui sopperisce sostenendo da anni la Lega del Filo d’oro dei bambini sordociechi.[...] ”Non ho vizi, non fumo, non mi drogo, non bevo più, ma sono affetto da acquistomania. Vede questa stanza piena di pacchi? Non sono regali di Natale, sono acquisti che non ho mai scartato”» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 7/12/2003). Vedi anche: Lucia Castagna, ”Sette” n. 9/1996ç Patrizia Carrano, ”Sette” n. 18/1997.