Varie, 11 febbraio 2002
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ARDANT Fanny Saumur (Francia) 22 marzo 1949. Attrice. Tra i suoi film: La signora della porta accanto (1981), La famiglia (1987), Il colonnello Chabert (1994), Ridicule (1996) • «A farla nascere, al cinema, sono stati Francois Truffaut e Alain Resnais (La vita è un romanzo, l’Amour à mort, Melò)
ARDANT Fanny Saumur (Francia) 22 marzo 1949. Attrice. Tra i suoi film: La signora della porta accanto (1981), La famiglia (1987), Il colonnello Chabert (1994), Ridicule (1996) • «A farla nascere, al cinema, sono stati Francois Truffaut e Alain Resnais (La vita è un romanzo, l’Amour à mort, Melò). Francois Truffaut è diventato il suo pigmalione, amante e compagno. Assieme hanno avuto una figlia, Joséphine. Lei lo ha accompagnato fino ai titoli di coda della sua vita e lui l’accompagna ancora: l’ha fatta diventare, per sempre, la sua ”signora della porta accanto”. Fanny Marguerite Judith Ardant attraversa gli anni Ottanta come diva da tragedia. Li incide del suo fisico atipico e della sua voce inconfondibile. Nel 1996 è consacrata migliore attrice per un film (Di giorno e di notte di Gabriel Aghion) che ha un solo merito: quello di metterla in luce in un ruolo comico. Arrivano diversi ruoli meno drammatici. Nel 2002, è una delle 8 donne di Francois Ozon, uno dei film francesi più venduti e visti al mondo negli ultimi anni. [...] ”Non ho mai dato importanza alla fedeltà. E non ho mai capito perché all’infedeltà siano legati tanti drammi. La fedeltà non merita ammirazione e l’infedeltà non giustifica lo scandalo”. Quindi Fanny Ardant è infedele... ”Profondamente infedele” E non crede all’amore eterno? ”Sì che ci credo. Sono infedele, ma credo all’amore eterno. E non c’è contraddizione”. [...] ”Il disordine è la mia natura. Ho sempre fatto l’apologia del disordine. Dall’ordine nascono forse la bellezza, la simmetria, l’armonia; ma dal disordine nasce la vita. Ciascuno poi trova il suo equilibrio dove vuole e dove può. Il disordine è un grande oceano di correnti da cui non si può uscire. Ogni volta che mi hanno proposto l’ordine mi sono annoiata”. [...] ”Al cinema si vede quello che facciamo, non quello che siamo. Nella vita di tutti i giorni magari siamo rompiscatole, puntigliosi, pazzi o di cattivo umore. Non c’è nessuna verità sulle attrici” [...] ”Il rischio è molto più grande in teatro. A ogni film mi chiedono se non temo di perdere la mia personalità. Farei di tutto per perderla. E tutti aspettano il film che ti distruggerà. Certo alcuni film ti pugnalano [...] In teatro invece c’è meno margine d’errore. Per mesi fai le prove e ti accorgi, sempre troppo tardi, che ti stai perdendo in una foresta che non è tua. E poi ogni sera pugnalate. Le ferite sono mortali. Sono sopravvissuta per poco. Prima di tornare in teatro. Ma il teatro è come la malaria: prima o poi ritorna. E ti trovi a pregare gli dei dell’Olimpo che la febbre venga per una malattia che ne valga la pena» (Giacomo Leso, ”L’espresso” 18/3/2004). «Di lei si sa pochissimo. Tre figlie da tre padri diversi uno dei quali è François Truffaut […] di una bellezza imperfetta e assoluta. I grandi occhi scuri truccati, bocca carnosa, mobilissima. Pelle levigata. […] ”La vita passa e io voglio attraversarla come un albero solido e carico di frutti, non come una rosa perfetta e profumata che se la tocchi si sciupa […] Non ho mai speso un neurone in cucina. Preferisco sparecchiare. Sono una funambola di piatti e bicchieri, ho un’abilità circense. Ma non chiedetemi di far da mangiare! In compenso non sono esigente: faccio festa con pane, burro, formaggio e un bicchiere di Bordeaux […] Non sopporto quest’ondata di politically correct. Viviamo in una società piena di leggi, ma senza regole, e io reagisco sempre quando mi sento stretta in un ruolo. Adesso siamo arrivati al punto che ci dicono pure come raccogliere l’immondizia. Il mio istinto sarebbe di scaraventarla in strada […] Ci sono dei momenti della vita in cui tutto è perfetto e tu sai, mente li vivi, che poi tutto passerà e non sarai mai più felice in quel modo» (Brunella Schisa, ”il Venerdì” 24/7/1998). «Mio padre era ufficiale di cavalleria, mia madre amava moltissimo mio padre. Siamo tre fratelli, io sono la più giovane. Della mia infanzia ricordo protezione, belle cose, odori e soprattutto la casa dei nonni vicino a Fontainebleau. Non vedevo nessuno, leggevo sempre, la domenica andavo a messa e la nonna invitava il prete il pomeriggio perché eravamo molto cattolici. Amavo quella casa come una persona. Mi dispiace moltissimo che sia stata venduta. Avrei voluto avere molti soldi contanti e alla riunione di famiglia tirarli fuori, buttarli sul tavolo e comprare la casa. Ho avuto un’infanzia felice, protetta, incantata. Leggevo di tutto, anche Chateaubriand. Ho vissuto con i miei genitori prima in Svezia, poi in Algeria, poi, tra gli otto e i dicassette anni, a Montecarlo. Mio padre era governatore del palazzo di Monaco. Avevo una vita non noiosa, la nostra casa era a picco sul mare. Mia madre sapeva rendere tutte le case magnifiche. […] Ero ribelle. Dicevo di no a tutto. Per me è sempre stato importante dire di no a tutto. Lo facevo d’istinto, senza pensarci. Non volevo essere una ragazza che piace. Andai a Parigi a fare l’università. Volevo studiare teatro, ma i miei genitori volevano che prima mi laureassi. Amavo recitare, mi piaceva la poesia. Mi piaceva sentire il suono delle parole. Quando si ama qualcosa, bisogna dirlo a voce alta. A volte nella notte svegliavo mia sorella e le dicevo: ”Ascolta!”. Lei era bellissima e piaceva molto agli uomini. Io non ero bella, ma non la invidiavo perché ero diversa. Scelsi la facoltà universitaria che durava di meno, scienze politiche. Dopo tre anni ero libera e andai a Londra da sola. Stavo in un appartamento lussuoso con due amiche inglesi e facevo qualsiasi lavoro per mantenermi. Ero povera tra gente ricca. Fu un anno di follia in cui conobbi molte persone mentre prima ero stata molto sola. A Londra conobbi per caso un uomo in un bar che mi disse: ”C’è chi fa e c’è chi dice”. Mi bastò quello per capire che era giunta l’ora di fare. Tornai a Parigi, mi iscrissi a un corso d’arte drammatica e decisi che quella sarebbe stata la mia strada: recitare. Cominciai così a ricevere delle proposte di lavoro. In quei primi anni ebbi una figlia, Lumir. Con chi? Non lo so. Cominciai alla televisione con una storia a puntate, poi girai La signora della porta accanto. […] Molto tempo lo trascorro nelle vasca da bagno dove leggo e ascolto musica. Esco quando il disco è finito per girarlo. Il pomeriggio di solito vado al cinema […] Amo la solitudine a condizione di aspettare qualcuno la sera […] Quando sono nella sala d’aspetto del dentista e sfoglio una rivista leggo sempre l’oroscopo e guardo l’amore. Lo guardo anche quando non sono disponibile […] Amo il piacere, a patto di non doverlo ricercare, di non fare fatica. Tutte le cose per le quali ci si sforza troppo, perdono il loro fascino. La fatica ha senso se si vuole creare qualcosa, cambiare il mondo, migliorare la vita, non per organizzarsi le vacanze […] Per me il successo è un po’ come il profumo. La cosa importante è il sapone per lavarsi, ma se oltre al sapone c’è il profumo, tanto meglio. Il sapone è lavorare, recitare, essere sul palcoscenico, raccontare una storia; il profumo sono gli applausi della gente» (Alain Elkann, ”Amica” 16/3/1992). Ha interpretato Maria Callas in un film di Franco Zeffirelli. « un’artista che ho sempre amato, senza conoscere i particolari della sua esistenza: interpretarla significa entrare in un corridoio, alla fine del quale c’è intelligenza e velocità di pensiero […] Ho sempre creduto nell’istinto e poco nella strategia. Ho un’idea della vita disordinata, lo faccio per sopravvivere: penso che la vita si faccia nel disordine. Il desiderio di tenere tutto in ordine, sotto controllo, fa diventare matti. Il disordine non toglie l’amore» (’la Repubblica”, 14/4/2001).