Marcello Staglieno, "Montanelli", Mondadori, 12 febbraio 2002
Cocaina. «Avevo diciott’anni, e studiavo a Grenoble, ambiente sano, tutto sommato, dove la droga d’uso comune erano gagliarde bottiglie di Beaujolais
Cocaina. «Avevo diciott’anni, e studiavo a Grenoble, ambiente sano, tutto sommato, dove la droga d’uso comune erano gagliarde bottiglie di Beaujolais. Ma capitai nelle reti d’una signora russa che aveva una villa nei dintorni e che, per guarire di un grande e infelice amore con un celebre ballerino suo compatriota, ne imbastiva di nuovi ogni settimana fra noi studenti seguendoci fin sui banchi dell’Università... Lì per lì restai abbagliato da quel che di esotico aleggiava intorno alla Circe, non più giovane e nemmeno particolarmente bella, ma fornita d’un nome irto di K e di Y, di un passato misterioso e delle più inquietanti abitudini... Mi par di ricordare che le occorse poco per persuadermi a annusare con lei la cocaina. Forse mi bastò la parola per sentirmene già drogato. Ma il piacere che vi pregustai non fu quello dei Paradisi artificiali ch’essa a quanto pare procura: ma quello di poterli raccontare l’indomani in una lettera ai miei amici di Fucecchio, rimasti al bicarbonato: ”Ho scelto di bruciare la mia vita, rapidamente, in un rogo di Vizio e di Lussuria...”. Il rogo di vizio e di lussuria si trasformò, all’atto pratico, in una catinella, dentro la quale seguitai, per due giorni e due notti, a vomitare».