Varie, 12 febbraio 2002
ARLACCHI
ARLACCHI Pino Gioia Tauro Marina (Reggio Calabria) 21 febbraio 1951. Sociologo. Ex sottosegretario generale Onu e direttore dell’ufficio prevenzione crimine delle Nazioni Unite, ora eurodeputato Idv • «Gli aveva lasciato l’amaro in bocca quella cabala partitocratica che gli impedì di diventare presidente della commissione parlamentare antimafia. Pino Arlacchi teneva a quell’incarico, e non lo nascondeva, Più che per una personale ambizione, per una pubblica necessità voleva quell’incarico. Vedeva, con preoccupazione, la ”questione criminale” precipitare ai margini dell’agenda politica. ”Di mafia” confessava ”non si parla più o se ne parla soltanto per attaccare le procure più esposte. Si tratta di due atteggiamenti egualmente pericolosi. Da un lato, si sta diffondendo pericolosamente la convinzione che la maggior parte del lavoro è già stata fatta. Dall’altro, emerge il fastidio per le istruttorie delle procure più impegnate. il solito movimento pendolare d’uso italico. Negli Stati Uniti, la lotta contro le organizzazioni criminali non subisce né pause né rallentamenti... Qui, in Italia, se i cittadini spingono, l’attenzione è alta, le norme vengono inasprite, altrimenti...”. Quando l’inaspettato accordo Ulivo-Polo portò Ottaviano Del Turco alla presidenza che era stata di Violante e Chiaromonte, evitò ogni pubblico commento. O aperta sfida. Ma, di lì a pochi giorni [...] raccontò ai suoi amici [...] il suo disagio di studioso prestato alla politica. Alla seconda legislatura (era stato eletto deputato nel 1994 e senatore deu anni dopo) sentiva i mesi e gli anni spegnersi senza alcuna utilità. La sua conoscenza dei fenomeni criminali osservati con la lente sapiente del sociologo gli apparivano soltanto il fiore all’occhiello di una coalizione. Un fiore che, con il successo elettorale, era d’improvviso appassito. [...] era pronto a gettare la spugna, ma - poaradosso italiano - si può essere vittima e beneficiario del ritorno della partitocrazia. Schiacciato dai giochi di Montecitorio, il nostro più appassionato esperto di mafie, fortemente appoggiato da Romano Prodi, è diventato vicesegretario generale dell’Onu [...]» (Giuseppe D’Avanzo, ”Il Venerdì” 11/7/1997). «Nei quattro anni della sua gestione è stato di un presenzialismo forsennato, ha parlato, visitato, dichiarato, incontrato, promesso, programmato, finanziato. Ma alla fine non ha combinato niente, ha umiliato i suoi specialisti con una gestione dispotica e dilettantistica, si è fatto mandare a quel paese da tutta l’Onu (americani esclusi), mentre produzione e traffico di droghe naturali e sintetiche aumentavano a vista d’occhio» (Roberto Fabiani, ”L’Espresso” 28/6/2001). «L’idea è semplice: per eliminare la droga dal mondo basta non produrla. E per non produrla basta pagare i paesi dei papaveri perché non la coltivino. Geniale l’idea di questo calabrese di Gioia Tauro [...] sottosegretario generale aggiunto alle Nazioni Unite con delega all’Agenzia per il controllo di Vienna. La carica è di quelle pesanti, quasi quanto la massa di dollari che finisce in Afghanistan, Pakistan, Birmania, nelle tasche di Talebani e fratelli, nell’attesa che qualcuno vada a vedere che fine abbiano davvero fatto i campi d’oppio. I primi che sono passati da quelle parti assicurano che di oppio ce n’è ancora più di prima. Ma che importa? La teoria non ha tempo di seguire la pratica, potrebbe rispondere il professore, che prima di sedersi all’Onu aveva già trovato il tempo di scrivere, con un paio di libri, l’enciclopedia dell’Antimafia, di andarla a insegnare alla Columbia University di New York e di inventare per l’Antimafia, di cui nel 1991 diventa consulente, la celebre Dia. E di farsi eleggere senatore dell’Ulivo nel collegio del Mugello» (Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini, Pietrangelo Buttafuoco, 3/10/1998).