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 2002  febbraio 12 Martedì calendario

ASSAD Bashar Damasco (Siria) 11 settembre 1965. Politico. Presidente siriano. Oftalmologo appassionato di nuove tecnologie, nel giugno del 2000 ha ereditato la presidenza alla morte del padre, Hafez Assad, con una successione che ha instaurato una sorta di ”dinastia repubblicana”

ASSAD Bashar Damasco (Siria) 11 settembre 1965. Politico. Presidente siriano. Oftalmologo appassionato di nuove tecnologie, nel giugno del 2000 ha ereditato la presidenza alla morte del padre, Hafez Assad, con una successione che ha instaurato una sorta di ”dinastia repubblicana”. «[...] Il giovane Bashar, figlio di Hafez al Assad, presidente dal 1971 al 2000, non era il principe ereditario. Viveva a Londra, dove coltivava la sua duplice passione (oftalmologia e informatica), quando la morte del fratello Basil, nel 1994, lo costrinse a ritornare precipitosamente in patria. Cominciò da quel momento la formazione di un leader ventottenne che avrebbe dovuto governare, non appena fosse giunto il suo momento, con il sostegno delle forze armate e dei servizi segreti: accademia militare di Homs, scuola di stato maggiore, tenente colon nello nel 1997, colonnello nel 1999. In un lungo profilo biografico Lorenzo Trombetta, autore di un documentato libro sulla Siria [...] racconta che il padre ebbe l’accortezza di promuovere insieme a lui un gruppo di giovani ambiziosi che avrebbero associato la loro fortuna politica a quella del delfino e lo avrebbero protetto dalle insidie dei concorrenti più anziani. Contemporaneamente Bashar cominciò ad avere un ruolo politico e si distinse, tra l’altro, per una campagna contro la corruzione lanciata nel 1997. Fu un buon segnale, anche se in molti casi la pulizia delle stalle, in Medio Oriente, prende di mira i nemici e risparmia gli amici. L’incoronazione ebbe luogo, in stile baathista, immediatamente dopo la morte del padre, nell’estate del 2000. Il congresso nazionale del partito Baath lo proclamò segretario generale e rinnovò i propri direttivi per fare spazio agli alleati del nuovo raìs. Il Parlamento dovette modificare la costituzione (un articolo prevedeva che il capo dello Stato non avesse meno di 40 anni) e lo acclamò presidente. La procedura non fu un esempio edificante di buona democrazia, ma la scelta cadde probabilmente sul leader più riformatore e modernizzatore. Le circostanze, tuttavia, non gli furono favorevoli. L’elezione di George W. Bush alla Casa Bianca, la vittoria elettorale di Ariel Sharon in Israele, l’attacco alle torri gemelle, l’offensiva dell’America contro gli ”Stati canaglia” e la guerra irachena hanno isolato la Siria. Non è facile, in queste circostanze, smantellare i ”poteri forti” del regime, vale a dire quei gruppi al vertice dello Stato che agitano la bandiera del nazionalismo e gli imperativi della sicurezza per meglio conservare il potere e accumulare ricchezze. [...] Anche Bashar Assad, del resto, riconosce che il lavoro resta largamente incompiuto. A una domanda di Antonio Ferrari che lo intervistava per il ”Corriere della Sera” nell’autunno del 2003 e lo interrogava sul problema dei dirit ti umani nel suo Paese, il leader siriano ha risposto di non essere soddisfatto e ha ammesso di avere di fronte a sé ”un lungo e difficile cammino”. Ma ha puntato contemporaneamente il dito contro gli americani, responsabili del caotico dopoguerra iracheno, e gli israeliani, indifferenti ai diritti dei 500.000 siriani nel Golan occupato. Da allora, per lui, le cose non sono migliorate. Gli americani sostengono che l’intelligence di Damasco consente ai militanti islamici di entrare in Iraq attraverso il territorio siriano. La comunità internazionale lo ha costretto ad abbandonare il Libano. E in Siria il clero musulmano tradizionalista approfitta della sua debolezza per rialzare la testa. Qualcuno, giustamente [...] sostiene che non è utile tenerlo continuamente nell’angolo dei cattivi [...]» (Sergio Romano, ”Corriere della Sera” 11/6/2005). «[…] il raìs che Washington vorrebbe mettere sotto scacco, e Israele minaccia d’attaccare: il giovane presidente al Assad, erede di quell’Hafez al Assad che l’Occidente appellava Sfinge di Damasco, Bismarck del Medio Oriente per la ”feroce intelligenza” (diceva Kissinger) con cui studiava abili mosse sullo scacchiere mediorientale, e che ora sorride benedicente da un ritratto incorniciato nello studio privato del palazzo presidenziale. […] Cinque anni al potere non hanno cambiato Bashar al Assad: bella faccia, baffetti, due occhi che sembrano indulgenti. Un giovane dottore prima avviato a una carriera di oftalmologo, e poi diventato presidente suo malgrado: catapultato al potere a 34 anni alla morte del padre, nel luglio 2000. Oculista, avrà la vista più aguzza, si dissero i pretoriani del partito Baath, e per accomodare la sua giovane età modificarono i termini previsti dalla Costituzione. Educato in Europa, abbraccerà la modernità, si dissero i siriani, e infatti lo acclamarono. […]». (Nicola Lombardozzi, Alix Van Buren, ”la Repubblica” 12/3/2005). «Gli occhi blu sono mobili e attenti. L’altezza è impressionante, quasi da pivot. Muove le mani con naturale eleganza, come se volesse modulare, con la gestualità, il tono della voce. […] Sa bene che la Siria è stata per decenni un ”oggetto misterioso”, uno scrigno sigillato e impermeabile. Sembra intenzionato ad aprirlo, allontanando il suo Paese dalle secche di un regime burocratico e soffocante, con il partito unico, l’onnipresenza dell’intelligence e la stretta marcatura dei vecchi consiglieri di suo padre» (’Corriere della Sera” 17/2/2002).