varie, 12 febbraio 2002
ASTI
ASTI Adriana Milano 30 aprile 1933. Attrice • «[...] Attrice versatile quanto professionale e stimata, ha recitato con Visconti, Strehler, Ronconi, Pasolini, Buñuel e di lei e per lei hanno scritto Cesare Musatti, Natalia Ginzburg, Enzo Siciliano, Giuseppe Patroni Griffi. All’argentino Copi autore, attore e suo grande amico, è stata accanto in Les Bonnes di Jean Genet. Eppure, premette con un pizzico di civetteria, lei al teatro è arrivata per caso, senza fatica. Come dire che ”non ho dovuto chiedere mai”. ”Era il primo dopoguerra, avevo diciott´anni, abitavo a Milano, famiglia borghese. Vennero certi signori… c’era anche Romolo Valli. Volevano sapere dai miei genitori se volevo fare teatro. Loro si misero a ridere; non ero mai stata capace neanche di recitare una poesia. Accettai, ma quasi subito presi a dire di voler lasciare il teatro, una voglia di fuga che in seguito avrei provato tante altre volte. Ma non l’ho mai fatto. Il teatro è come il deserto che avviluppa, è come il mare per i marinai, è impossibile andarsene. E, se non è mai stato la mia grande passione, è stato ed è tuttora la mia vita” [...] tra la gente, spesso si sente male: ”Sono stata in analisi per tanto tempo, chiesi al mio analista se di noia si può morire e la risposta fu sì. Non l’ho dimenticato [...] All’inizio mi affidarono piccole parti. La prima fu quella di un paggio nella Dodicesima notte. Avevo una sola battuta: ”Vieni a me, vieni morte!’. Non mi piaceva stare in scena, esibirmi. Però mi riusciva bene e fui scritturata dal Piccolo Teatro di Milano. Recitavo con Strehler. Girammo per mezza Europa, e già volevo andarmene, non mi sentivo adatta. Fu Paolo Grassi a ricordarmi che avevo un contratto. Rimasi. Anche Lella Brignone mi esortò a restare e qualche tempo dopo andai via dal Piccolo con lei. E con la Brignone e con Luca Ronconi recitai in Santa Giovanna; facevo la parte dell’amante del marchese ed ero tutta scollata, con lo strascico e i capelli biondi. Stavo molto bene [...] Mi chiamò un produttore cinematografico ma, quando mi vide senza parrucca, sbottò: ”Ma come, è tutto qui? Vabbè, non se ne fa niente’. In quel periodo conobbi Luchino Visconti che mi offrì di recitare in Il Crogiolo, la commedia di Arthur Miller, con un ruolo importante, da prima donna”. Era il 1955. Qualche anno dopo arrivò Vittorio Gassman con Stasera si recita a soggetto di Pirandello. ”Mi chiamò per interpretare Mommina, un grande personaggio che mi fece raccogliere applausi incredibili. Morivo in scena, e non c’è niente di meglio che morire in scena. Il successo fu enorme e io mi ritrovai un po’ più motivata, anche se, ogni tanto, sentivo ancora la voglia di smettere”. Luchino Visconti le riaccende i ricordi più intensi. ”Per Altri tempi di Harold Pinter, eravamo io, Valentina Cortese e Umberto Orsini. Alle prove, in casa sua, Luchino mi disse perentorio: ”Tu sarai nuda’, e io, ”Come nuda?’, e lui ancora, ”Sì, sarai nuda’. Mi fece tingere i capelli di biondo, e mi mise un accappatoio bianco. Io entravo, mi toglievo l’accappatoio e rimanevo completamente nuda. A quel punto Valentina e Umberto mi mettevano del talco su tutto il corpo con un piumino. All’Argentina venne a vederci tutta Roma, tanti attori... la Magnani, Sordi. E lì ho scoperto una cosa meravigliosa, che recitare nudi è magnifico. Nessuno ti ascolta, puoi dire tutto quello che vuoi e nessuno se ne accorge. Ero felice. Poi arrivò Pinter, da Londra. Vide la pièce e disse: ”Come hanno ridotto il mio spettacolo!’ Visconti non aveva usato i diritti che Pinter aveva dato in Italia e aveva coinvolto Gerardo Guerrieri per la traduzione. Un mese dopo lo spettacolo venne bloccato. Da Pinter. In seguito ci fu una pioggia di richieste per recitare nuda, e tutti a dire ”Che vergogna!’, perché ero considerata un’attrice intellettuale, ero amica di Moravia, di Pier Paolo Pasolini, di Gadda. Io, invece, mi spogliavo volentieri e, in quel periodo, ho fatto anche film magari non bellissimi, ma ero felice. Poco dopo mi chiamò Luis Buñuel per Il fantasma della libertà, un film dove dovevo apparire vestita solo con le mutande, calze a rete e scarpe con il laccio alla caviglia, mentre suonavo il pianoforte. Ero molto preoccupata che, vedendomi nuda, Buñuel mi avrebbe mandato via. Quando lo incontrai avevo un impermeabile di Valentino, meraviglioso, tutto foderato di pelliccia. Lui venne in camerino e io lo aprii, sì proprio come quelli che si esibiscono. Lo feci per capire se potevo andare bene. Lui rimase stupefatto. Mi prese, mi mise al pianoforte e mi fece suonare un Preludio di Chopin, con il seno che dondolava. Mentre ripeteva: ”Je ne suis pas pornograph, je ne suis pas pornograph’. Il mio periodo di nudo finì lì. [...] Non faccio differenza tra cinema e teatro. Se sto facendo il cinema, mi piace il cinema. Il primo regista con cui ho lavorato credo sia stato Leopoldo Trieste per Città di notte, e poi Dino Risi mi fece un provino. E, nel ”69, girai Duet for Cannibals, un film svedese con la regia di Susan Sontag. In Italia uscì con il titolo La tarantola dal ventre caldo, che ero io. [...] ”Della mia vita passata ricordo poco, forse perché l’ho raccontata tanto quando ero in analisi. Anzi, quando è morto il professore (Cesare Musatti ndr), ho smesso di ricordarla. Sono stata in analisi per trent’anni, lui è stato il mio punto di equilibrio, mi ha convinto a continuare a fare l’attrice [...] Con mio marito Giorgio (Ferrara, ndmp) va avanti dagli anni Settanta e il nostro è un matrimonio felice. La mia è una solitudine anomala: viviamo lontano dal mondo che ci circonda, abbiamo tanti interessi in comune. Lui è il direttore del Festival di Spoleto ed è stato per quattro anni all’Istituto di cultura italiana a Parigi, dove viviamo dal 1987. Come il lavoro, anche Parigi è stata una scelta casuale. Il regista Alfredo Arias mi aveva chiesto di recitare in La locandiera di Carlo Goldoni. E mi piacque talmente recitare in francese e stare lì, che ci sono rimasta. Da allora ho fatto la spola con la casa di Roma [...] e con quella di Todi, dove ormai andiamo solo d’estate [...] Ho lavorato con Pasolini, Monicelli, Bertolucci, con Visconti in Rocco e i suoi fratelli [...] Il cinema italiano mi ha spesso cercato per cose ripugnanti e la televisione per qualche fiction, ma quando penso che sono brutte cose, io dico no. Quando invece si tratta di storie buone come La meglio gioventù, è un piacere [...] ho fatto anche doppiaggio. Da ragazza mi chiamarono per dare la voce a Romy Schneider. Poi, negli anni, ho doppiato tante attrici, anche italiane. Allora non si usava parlare, bastava solo l’avvenenza: Claudia Cardinale, in La ragazza con la valigia; Lea Massari in Sogni nel cassetto di Castellani; Stefania Sandrelli in La bella di Lodi. E tutto questo l’ho fatto con allegria. In fondo io sono allegra, ho una natura allegra”» (Silvana Mazzocchi, ”la Repubblica” 21/3/2010) • «’Il teatro è fantastico, perché mi isola. Quando recito non ho cellulare, telefono, televisore che mi tengano in contatto con il mondo. Anche il camerino è un luogo di solitudine. Io mi annoio con la gente. Le persone sono, in prevalenza, mortalmente uggiose. Il camerino mi permette un alibi di ferro. Posso chiudermi lì dentro e dire che sto ripassando la parte. Invece mi trucco per ore” […] Non aveva all’inizio la minima ambizione di diventare un’attrice. Da bambina non aveva neppure mai visto un attore, ma solo le marionette dei Colla. Lo spettacolo entrò in casa sua con le ballerine della Scala, frequentate dal fratello maggiore in cerca di flirt. Per il resto, niente. Andava a scuola dalle suore. Prima le suore tedesche, poi quelle inglesi perché i suoi genitori seguivano con assoluta fedeltà gli avvicendamenti della guerra. Era piuttosto timida e anche impacciata, recitava le poesie dietro le porte di casa. Poi un giorno arrivò a Milano la compagnia del Carrozzone di Fantasio Piccoli. Più che un’occasione di fare teatro fu il suo personale modo per andarsene da casa. […] La sua carriera cominciò più o meno così. Chiese a suo padre di permetterle di lavorare con quella compagnia. Il babbo cercò inutilmente di trattenerla: ”Non sai recitare, che cosa ti sei messa in testa di fare?”, però alla lunga acconsentì […] ”Io sono una specialista del partire. Adoro andarmene. Ogni volta ho la percezione che possa accadermi qualcosa di straordinario. Sono sicura che anche in punto di morte sarò di buonumore perché sto partendo” […] Con la compagnia del Carrozzone non diventò subito una grande attrice. Si truccava per ore, interpretava le parti più miserevoli e all’occorrenza faceva pure la trovarobe. Suo malgrado, si ritrovò però invischiata nel teatro, e non riuscì più a fare altro. Proseguendo con medio talento e una notevole dose d’inerzia attraverso gli anni del Dopoguerra fin verso la metà degli anni Cinquanta, si guadagnò alcune parti al Piccolo teatro di Milano di Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Bellina e d’aspetto bambinesco com’era, divenne la preferita di Luchino Visconti […] Con l’esempio e la vicinanza di grandi attori e registi, imparò a recitare benissimo. Con il passare del tempo divenne, per unanime definizione dei critici, una delle attrici più talentuose, e certamente più spiritose, del teatro italiano. Ma quando, molto più tardi, le consegnarono il premio Ennio Flaiano, tre Maschere d’oro, una Grolla d’Oro, un David di Donatello e tre Nastri d’Argento, descrissero una persona che non era esistita: una primadonna diventata attrice sin da giovanissima, per orgoglio e per capricciosa vocazione intima. Ma dove? Ma quando? […] Dicono di lei che non sia mai stata una diva svenevole, e nemmeno una primadonna viziata. Però ha uno speciale rimpianto per gli anni in cui le grandi attrici arrivavano a teatro precedute da una sfilata di bauli contenenti gli oggetti da cui mai e poi mai avrebbero potuto separarsi. Oggi, invece, nei camerini il massimo del lusso riservato agli interpreti di cartellone è un divano letto, un tavolo da toeletta e una sarta pronta all’emergenza» (Silvia Grilli, ”Il Foglio” 17/3/2002).