12 febbraio 2002
Tags : Mohammed Atef
Atef Mohammed
• . «Nacque forse nel 1944, forse nel 1953. Nacque probabilmente in Egitto, forse a Menoufya, nel delta del Nilo. Si arruolò forse nell’esercito, forse nella polizia. Forse cancellò ogni prova del suo passagio. Forse disertò. Forse entrò nella Jihad egiziana. Di sicuro non fu tra i membri della Jihad arrestati dopo l’assassinio del presidente Sadat. Forse conosceva in Egitto Ayman Zawaheri, certo lo raggiunse in Afghanistan per partecipare alla guerra santa contro i sovietici. Mohammed Atef non era che uno dei suoi nomi, fu (forse alla nascita) Sobhi Abu Sitta, fu Abu Hafs Al-Misri (come dire l’Egiziano), fu El-Kabir (come dire il Grand’uomo), fu lo sceicco Taysir Abdullah. Di sicuro Zawaheri lo presentò a bin Laden. Di sicuro bin Laden lo volle accanto a sé. Di sicurò si distinse. Quando il comandante militare di al-Qaida Ali al-Rashidi (ma solo Allah conosce il suo vero nome) morì annegato in missione nel Lago Vittoria, divenne comandante, sedette alla sinistra di bin Laden. Nel 1990 fu ricercato per l’assassinio dello speaker del Parlamento egiziano, tra il 1992 e il 1993 portò ai ribelli somali il conforto della sua fede e della sua esperienza militare. Fu accusato di essere il responsabile dell’attacco alle ambasciate Usa di Nairobi e di Dar es-Salam, di essere implicato nell’attacco suicida alla nave americana Cole in Yemen. Di sicuro un tribunale egiziano lo condannò in contumacia per sovversione. Di sicuro era il responsabile della sicurezza di bin Laden. Con modi che tutti descrivevano come cortesi ed eleganti perquisiva egli stesso coloro che erano ammessi al colloquio con il capo. Di sicuro (lo testimoniano le riprese televisive di al-Jazeera) all’inizio dell’anno diede in moglie una sua figlia quattordicenne a un figlio di bin Laden. Di sicuro era elencato tra i terrosti più pericolosi nel sito dell’Fbi, di sicuro il portavoce del dipartimento di Stato Usa aveva offerto un premio di cinque milioni di dollari a chiunque desse informazioni utili per la sua cattura. Di sicuro all’inizio della guerra aveva predetto che i cadaveri dei soldati americani sarebbero stati trascinati per le strade di Kabul come era successo in Somalia. Di sicuro è morto in un rifugio di al-Qaida. Forse mercoledì 14, forse giovedì 15 novembre 2001» (’Il Foglio”, 24/11/2001).