Varie, 12 febbraio 2002
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Aubry Martine
• (Delors) Parigi (Francia) 8 agosto 1950. Politico. Segretario del Partito socialista. Già sindaco di Lille e ministro del Lavoro (con Cresson e Jospin). Figlia dell’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors • «Allieva dell’Ena, l’alta scuola di amministrazione che ha formato quasi tutti i grandi quadri francesi, appassionata di musicisti barocchi e filosofi illuministi, giansenista ma giacobina, individualista […] ”La Thatcher della sinistra europea”, l’inflessibile signora dell 35 ore nell’era della flessibilità, l’ambiziosa, razionale, instancabile erede unica di Jacques Delors, nata ed educata nei quartieri alti di Parigi […] Dal suo metro e 62 guarda sempre il mondo dall’alto in basso […] Piedi sulla scrivania, posa definita dai collaboratori come la ”più frequente e più naturale” […] Esigente con sé e con tutti, non ha forse ancora imparato a venire a patti con le contraddizioni e le debolezze di un’umanità che un grande leader politico deve saper comprendere e in qualche modo abbracciare. Fu il quotidiano conservatore ”Figaro”, nel suo magazine, a ritrarla con sguardo e posa dittatoriali: ”Lei incarna la linea dura del governo. Famiglie, dirigenti: soffocati. Risparmio, spirito imprenditoriale: scoraggiati”. Lei incassò: ”Se davvero fossi questo tipo di donna, ne avrei disgusto. Il fatto è che io mi sento allo stesso tempo indurita dal lavoro e sensibile ai destini individuali”: Il progressista ”Libération” ha comunque cercato di metterla in guardia: ”In lei il principio del piacere non sa dissiociarsi dal principio di realtà. Per gli ammiratori, il fatto di non esagerare mai e di non entusiasmarsi mai ne fa una donna zen. Per i detrattori, alla sua personalità manca ogni respiro tragico e magico”» (Barbara Stefanelli, ”Io donna” n.47/2000) • « una prima della classe, anche se da ragazza doveva essere un po’ svagata: nel maggio ”68 guardò con simpatia al movimento studentesco, ma non s’impegnò. Preferiva andarsene nei cinemini del Quartiere latino, piuttosto che manifestare o studiare. Suo padre, del resto, si arrabbiò: ”Se continui a non far niente, smetti di studiare e vai a lavorare” […] Fin dal principio, i suoi amici e colleghi capiscono che ha una marcia in più. E quando Mitterrand arriva all’Eliseo, nel maggio ”81, entra nel gabinetto del ministro del Lavoro, Jean Auroux. li che nasce la sua reputazione, perché è lei a scrivere e a difendere, di fronte a sindacalisti e imprenditori, le leggi Auroux, l’equivalente del nostro Statuto dei lavoratori. La strapazzano da tutte le part: i suoi la giudicano troppo moderata, gli industriali l’accusano di voler introdurre i soviet nelle aziende. ”Era duro, bisognava convincere. Mi piaceva da morire” […] Dopo un passaggio nel settore privato, come vice-amministratore delegato del gruppo Pechiney, nel 1991 Edith Cresson la chiama al governo come ministro del Lavoro. Il grande pubblico comincia a conoscerla. Spiega con pazienza le sue teorie, sforna le sue idee, si batte. Ma risultati non ne ottiene. Anzi, incassa una durissima sconfitta: nel 1993, quando la sinistra viene sconfitta alle elezioni, lascia il dicastero con 400mila disoccupati in più rispetto a due anni prima […] Si getta anima e corpo in politica. Ha un suo gruppo di amici e insieme a loro vuol rifondare il Partito socialista. una delle prime a parlare di ”un nuovo modo di far politica” […] I vecchi socialisti non la amano, la accusano di avere il difetto di suo padre, cioè di voler essere nominata e non eletta, di non andare sul campo, di non voler passare la prova del fuoco del suffragio universale. […] ”Parla come se avesse scoperto lei la miseria” […] Con Lionel Jospin è stata a volte in disaccordo, ma i due si rispettano, hanno bisogno l’uno dell’altra» (Giampiero Martinotti, ”Il Venerdì”13/6/1997) • «A scuola avevo brutti voti perché durante le lezioni mi piaceva raccontare barzellette, leggere i miei fumetti preferiti a voce alta e improvvisarmi il giullare della classe. Ero sempre in punizione, i miei professori dicevano che ero una piccola peste immatura e che, da grande, sarei sicuramente rimasta disoccupata a vita» (’Paris Match”/”Madame Class” n.3/1999).