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 2002  febbraio 12 Martedì calendario

AUDISIO

AUDISIO Emanuela Roma 21 luglio 1953. Giornalista. Scrive su ”la Repubblica”. Laurea in Scienze Politiche con una tesi sugli Indipendent Workers of the World (sindacato americano molto radicale, forte fra le due guerre). «Dodici ore prima di una finale dei 100 metri mi sento già alla partenza, controllo mentalmente se tutto è a posto, il computer, le spine, gli attacchi? Oddio, mi dico, il giornale mi ha mandato qua, devo ricompensare in qualche modo. Ho la febbre, il nervoso che passeggia sulla colonna vertebrale. Alla fine, se sono contenta di quello che ho scritto e mi trovo a passare sotto un alberello faccio un salto per toccare il ramo […] I miei nonni e mia madre sono di Gabès, Tunisia. Di cognome Shaouat. Ebrei. Gabès è un piccolo porto. Aveva una tonnara il nonno, con un socio. C’era già la seconda guerra mondiale e lui, come anche la nonna, faceva attività per l’indipendenza del paese dalla Francia. Il socio denunciò tutto, la polizia trovò in casa Shaouat volantini. Condannati all’internamento, da una parte il nonno, in Algeria, dall’altra la nonna. Si riunirono in Italia che la guerra non era passata, il fascismo imponeva ancora i nomi italianizzati, così mia mamma Geneviève diventò Genoveffa e mia zia Jacqueline Giacobina […] Nel 1958 mia madre ha un incidente bruttissimo: cade con l’elicottero. Sta un anno in coma, rimane paralizzata dalla vita in giù. Già vivevamo col mio papà adottivo a Senigallia. Libero. Lavorava come elicotterista per l’Eni […] A 17 anni non avevo la patente per guidare l’automobile, però il primo grado del berevetto per volare da sola sì. L’aeroporto era a Fano, ci arrivavo in treno, e lì volavo. A 18 anni ho preso il secondo brevetto, quello che ti permette di portare le persone […] In quegli anni da un lato ero presa dall’archivistica, mi vedevo a far ricerche, dall’altro avrei voluto fare le disinfestazioni in Africa e spegnere gli incendi col mio aereo, cose socialmente utili […] Non pensavo di fare la giornalista, che ne sapevo, non avevo dimestichezza coi giornali […] Frequentavo gli ambienti femministi, il CRAC, Comitato Romano Aborto e Contraccezione. Conoscevo un’amica che collaborava a ”Repubblica” e basta. Capita che d’estate, prima delle Olimpiadi di Montreal, si incomincia a parlare della squalifica di Borzov, il velocista russo, perché partiva appoggiando sulla linea una mano sola. Mi incuriosisco. Giocavo nella Tennis Tavolo Senigallia, sono stata nazionale… mi capitava di viaggiare, anche nei Paesi dell’Est, facevamo tornei in Ungheria etc…, e lì venni a sapere che Borzov si era semplicemente rotto un braccio, la sua partenza con una mano era nata così. Scrivo un pezzetto di trenta righe, infilo in una busta, incollo 350 lire di francobolli e spedisco a ”Repubblica”. Franco Recanatesi, capo dello sport, pubblica senza firma. Mi dico: ma ti pare che pubblicano tutti? Come son fatti ”sti giornali? Ero sopresa. Qualche giorno dopo, estate 1976, sempre Montreal, leggo che hanno dato il permesso agli uomini di frequentare le donne e viceversa nel Villaggio Olimpico. Un falso segno d’apertura del Cio: in base a studi che avevo letto le donne avevano complessi a ricevere un ragazzo quando stavano con altre donne nell’appartamento. Ci scrivo su sessante righe, spedisco, pubblicano senza firma. L’idea era: puoi volare ma non ti danno le ali. Ero a Senigallia quando sono usciti i pezzetti. Vado a Roma per un esame e passo a ”Repubblica”. Mi presento a Recanatesi, incomincio a dare una mano, era un servizio su Mennea, faccio qualche telefonata. Poi me ne vado. Madonna, si fanno così i giornali? Free style puro. ”Occhio, qui stanno assumendo” dice Franco. E chissenefrega, devo laurearmi. E quegli articoli costruiti al telefono, una robina. Franco ancora: ”Non scomparire”. Va bene. Intervisto il pugile Adinolfi. Il contenuto era buono, mi aveva raccontato che era stato tra i picchiatori fascisti, che nelle palestre romane era zeppo di gente così. Ma ho continuato con l’università. Giorno della laurea. Sedici marzo 1978. Sto aspettando la mia sessione, arriva la notizia che hanno rapito Moro. ”Salta tutto, niente esami di laurea”. Allora salto io su un tavolo: e no, proprio il giorno della mia laurea no, sicuramente il professor Moro vorrebbe che l’attività didattica continuasse. Mi laureo. Il giorno dopo all’università era tutto chiuso. Mi rifaccio viva con ”Repubblica”. Che ambiente. Informale, avventuristico, erano agli inizi. Una volta Pansa fa: ”Chi è quella che gira in tuta rossa e verde?”. […] Capo dello sport era diventato Sconcerti, c’erano Oliviero Beha, Carlo Marincovich, Beppe Smorto. Noi dello sport eravamo i sozzoni, anche se facevamo cose di qualità […] In due ci si occupava di tutto e Sconcerti se credeva in una persona non guardava all’età: se eri brava, prendevi e andavi. Ho seguito il mondiale vinto da Saronni a Goodwood […] Agli inizi lavorare insieme a Brera, Clerici, Fossati ci ha fatto crescere, ti sentivi come i cavalieri della Tavola Rotonda […] Era come se i cinque migliori centravanti del mondo si passassero la palla […] Ho seguito sette mondiali di atletica, tutti tranne il primo a Helsinki. A Las Vegas per la boxe sono stata una quarantina di volte […] Avevo una voglia di andare alle Olimpiadi di Los Angeles dell’84. Ma non ero nessuno, non potevo avanzare qualche diritto. E non sapevo come trattare con l’autorità, come chiedere […] Abbordo Scalfari in un corridoio: ”Come si fa a parlare con te?”. Risposta: ”Ci si affaccia nello studio, se non sono occupato si bussa e si chiede: direttore, quando avresti un po’ di tempo per ricevermi?”. Gli parlo alle cinque, mentre beve il tè: ”Voglio andare alle Olimpiadi. Se non mi mandi non mi butto certo dalla finestra, però te lo volevo dire”. Doveva restare una faccenda riservata, invece Sconcerti: ”Mi ha detto Scalfari: è piombata in ufficio una certa Emanuela, mi ha fatto tenerezza, vedete un po’ voi”. E ce l’ho fatta […] Rispetto ad altri settori, i giornalisti sportivi sono una categoria sputtanata. Ma chi fa la vitaccia nostra? Al critico di cinema gli fanno la visione privata, poi se la chiacchiera con glia amici e il giorno dopo scrive. Mandatelo a uno spettacolo di sera e provate a farlo scrivere subito! Colpo d’occhio ci vuole e noi l’abbiamo» (Andrea Aloi, ”Guerin Sportivo” 20/10/1999).