Varie, 12 febbraio 2002
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BACHARACH Burt Kansas City (Stati Uniti) 12 maggio 1928. Pianista. Compositore • «Più di seicento canzoni e, come raccontano gli archivi, più di millecinquecento artisti disposti a interpretarle
BACHARACH Burt Kansas City (Stati Uniti) 12 maggio 1928. Pianista. Compositore • «Più di seicento canzoni e, come raccontano gli archivi, più di millecinquecento artisti disposti a interpretarle. Burt Bacharach è uno di quei meravigliosi inventori di melodie che hanno ingentilito col loro talento il secolo passato. Le sue canzoni sono passate come fiori graziosi, pause di deliziosa serenità in mezzo alle drammatiche turbolenze della storia. La sua firma andrebbe aggiunta a quelle di Cole Porter, Gershwin, Lennon & McCartney, forse meno geniale, e anche meno versatile, ma comunque portentoso nel produrre piccole perle portatrici di grazia: Raindrops keep fallin on my head (dal film Butch Cassidy), I say a little prayer, I’ ll never fall in love again, Don’ t make me over, forse le più belle, ma a scavare se ne trovano tante altre, e soprattutto quello che conta è una sorprendente longevità. Era già a lavoro nei primi anni Cinquanta (nato nel 1928), e pur appartenendo a quella famiglia dorata dei compositori del Brill Building (il palazzo di New York dove si riunì la nuova generazione di autori del dopoguerra), dove sfornava successi come Magic moments, riuscì a non farsi travolgere del tutto dalla rivoluzione degli anni Sessanta, grazie ad artisti come Aretha Franklin e Dionne Warwick che tradussero in soul le sue intuizioni melodiche. Piano piano lo hanno riscoperto anche i gruppi pop e quelli rock, e infine il vecchio Burt ha dimostrato una straordinaria disponibilità lasciandosi sedurre nel 1998 dal "moderno" Elvis Costello per scrivere canzoni nuove, una delle quali, God give me strength, è stata universalmente giudicata come una delle più belle canzoni del decennio» (Gino Castaldo, "la Repubblica" 15/7/2004) • «È l’ ultimo dei grandi autori di canzoni cesellate a regola d’ arte, di quelle che rimangono stampate nel cuore e nei ricordi delle persone, non importa che lingua parlino. Degno di figurare accanto ai compositori eccellenti come George Gershwin, Cole Porter, Irving Berlin o Antonio Carlos Jobim [...] E’ stato marito di Angie Dickinson, diva del cinema americano degli anni ’60. Da giovane ha accompagnato in tour Marlene Dietrich. [...] E’ nato a Kansas City, ha suonato il jazz e ha studiato con Darius Milhaud, ha frequentato i boppers della 52esima Strada. Come hanno influenzato la sua carriera? "Tutto è stato importante, ho imparato da tutti, ma la musica brasiliana è la più sofisticata che io conosca al mondo e la sento particolarmente affine. Penso a Djavan, Ivan Lyns, Milton Nascimento. Conosco meno Jobim". Si sente il continuatore dei Gershwin, Porter e Berlin? "Con questi giganti non mi ci metto neppure. Gershwin è morto a soli 36 anni, e chissà cosa avrebbe potuto fare ancora di grande, se fosse durato più a lungo. Non sono della stessa categoria"» (Giacomo Pellicciotti, "la Repubblica" 15/7/2004) • «Giunse alla celebrità negli anni ’60 grazie anche alle interpretazioni della cantante Dionne Warwick. Le sue creazioni (come Magic Moments, Anyone who had a heart, Send me no flowers, I say a little prayer), di piacevole costruzione melodica e insaporite da piccole asimmetrie, ne fanno l’ultimo maestro della grande canzone americana. Nel 1969 ottenne due Oscar per la colonna sonora del film Butch Cassidy» (L’Enciclopedia della Musica, De Agostini 1995) • «Ha scosso la storia della musica americana nel suo momento forse più difficile: quando non era affatto chiaro cosa fosse (o dovesse essere popolare), e quanto la presunta popolarità di una canzone o di un tema nuocesse alla sua intrinseca qualità» (E. Si., “Musica” 10/9/1998). Ha scritto insieme a Carole Bayer Sager That’s what friends are for, canzone vincitrice di un Grammy diventata l’inno della lotta all’Aids. Da bambino non voleva studiare pianoforte, lo fece solo per compiacere la madre: il suo sogno era diventare un grande giocatore di football americano, a questo scopo divorava barattoli di burro d’arachidi convinto che lo avrebbero fatto diventare più alto e più forte (People weekly almanac, 2002).