Arthur Conan Doyle, ìUno studio in rossoî, Oscarmondadori., 13 febbraio 2002
«L’esprimere un’opinione era pericolosissimo, in quei giorni, nella Terra dei Santi, tanto che persino i più pii osavano a malapena sussurrare le loro opinioni religiose a voce bassissima, per timore che quanto usciva dalle loro labbra potesse venir frainteso e attirare sul loro capo un pronto castigo
«L’esprimere un’opinione era pericolosissimo, in quei giorni, nella Terra dei Santi, tanto che persino i più pii osavano a malapena sussurrare le loro opinioni religiose a voce bassissima, per timore che quanto usciva dalle loro labbra potesse venir frainteso e attirare sul loro capo un pronto castigo. L’Inquisizione di Siviglia, il Vehmgericht tedesco, le società segrete italiane... nessuna organizzazione era mai riuscita a mettere in moto una macchina più formidabile di quella che costituiva un incubo per ogni abitante dello Utah. Sembrava che fosse onnisciente e onnipotente, eppure nessuno la vedeva né la udiva. Colui che si metteva contro la Chiesa spariva senza che nessuno sapesse mai qual era stata la sua sorte. La moglie e i figli lo aspettavano a casa, ma nessuno andava a dir loro che cosa avevano fatto i giudici segreti del loro caro. Una parola imprudente, un gesto impulsivo erano seguiti da immancabili conseguenze. Nessuna meraviglia che gli uomini andassero in giro timorosi e guardinghi, e che nemmeno nel cuore della foresta osassero sussurrare i dubbi che li opprimevano» (Arthur Conan Doyle).