varie, 13 febbraio 2002
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Ballard James
• G. Shanghai (Cina) 15 novembre 1930, 19 aprile 2009. Scrittore. «Il grande saggio della moderna letteratura inglese. Vissuto in Inghilterra dal 1946, è uno dei più grandi scrittori viventi di science fiction, un vero innovatore, capofila di quella ”new wave” britannica che negli anni ”60/70 ha abbandonato astronavi e macchine del tempo per andare in esplorazione degli spazi mentali. E raccontare le avventure affascinanti e pericolose delle fantasie umane. Al mondo ha anche regalato romanzi indimenticabili, come L’Impero del sole, basato sulla sua esperienza di ragazzo prigioniero in un campo di concentramento giapponese in Cina, durante la seconda guerra mondiale, e diventato un film di successo, grazie a Spielberg. Autore anche di Crash, uscito nel 1973, che David Cronenberg ha trasformato in un film livido e inquietante, ha sempre anticipato sogni e malattie della nostra civiltà. […] ”Da molto tempo vado dicendo che il ruolo degli scrittori è cambiato, che non è più quello di inventare fiction, perché oggi ogni cosa è fiction. Si può credere in qualunque cosa, di questi tempi, perché la realtà è diventata un grande spot televisivo. Anche la politica si è trasformata in un ramo della pubblicità. L’unica realtà che uno scrittore conosce è quella delle sue ossessioni, dentro la propria testa”» (Valentina Agostinis, ”Max” n.12/1999). «Uno dei padri della fantascienza e della fantapolitica, uno che nei suoi romanzi si è divertito spesso a predire il mondo di domani e più di una volta ci ha preso. [...] ”Io ho sempre cercato l’ispirazione nella vita di tutti i giorni, in un mondo fatto di autostrade, supermercati, stazioni ferroviarie. Il mondo in cui vive la gente normale. Alcuni mi definiscono uno scrittore di fantascienza. Io non sono del tutto d’accordo, perché i miei romanzi mi sembrano più veristi, realisti, di quelli di tanti cosiddetti classici, come Kingsley Amis o Waugh, che raccontavano un mondo elitario, assolutamente sconosciuto all’uomo della strada. [...] Non mi è mai piaciuta la fantascienza all’americana, quella che esplora nuove galassie in un distante futuro. Ho sempre pensato che il pianeta da esplorare è la terra, e che gli alieni, i mostri, siamo noi, gli uomini d’oggi. Lo spazio in cui cerco di entrare con i miei romanzi e racconti è uno spazio psicologico, quello siderale non mi interessa. [...] Quando arrivai a Londra dall’Estremo Oriente, da ragazzo, molti mi dicevano: che vita strana, avventurosa e pericolosa che hai avuto in Asia! Ma non era stata per niente strana. In Asia, nel Terzo Mondo, cioè nella maggior parte della terra e per la maggior parte della popolazione mondiale, la vita è un susseguirsi di guerre, fame, malattie, inondazioni. Le catastrofi non sono solo un tema ricorrente dei miei romanzi, sono un tema ricorrente della vita di questo mondo. [...] Il racconto mi piace perché è una specie di romanzo condensato, perché lo scrittore non può ricorrere a trucchi, non può permettersi di sbagliare nulla: nemmeno una pagina, un paragrafo, una riga. E poi forse è più adatto del romanzo a questa nostra era così rapida, effimera. I modelli che amo sono tanti, da Hemingway a Calvino. Ma uno che si erge su tutti per me è Kafka. Ecco cosa consiglio ai terrestri di oggi e di domani: se non vi divertite più a niente, leggete La metamorfosi. Con Kafka, lo garantisco, non vi annoierete”» (Enrico Franceschini, ”la Repubblica” 5/11/2003).