varie, 13 febbraio 2002
BALLERINI
BALLERINI Franco Firenze 11 dicembre 1964, Pistoia 7 febbraio 2010 (incidente durante un rally in cui faceva da navigatore). Ciclista. Professionista dall’86 all’aprile del 2001, vinse la Tre Valli Varesine dell’87, il Gp Sanson ”88, il Camaiore ”89, il GP delle Americhe di Coppa del Mondo, il Giro del Piemonte e il Giro di Campania ”90, la tappa di Morbegno al Giro d’Italia ”91, due Parigi-Roubaix (1995 e 1998). Divenuto direttore tecnico della nazionale, esordì con la medaglia d’argento di Paolo Bettini ai Mondiali di Lisbona 2001, poi nel 2002 la vittoria di Mario Cipollini, nel 2006 e 2007 quelle di Paolo Bettin (oro alle Olimpiadi di Atene 2004), nel 2008 quella di Alessandro Ballan (con l’argento di Damiano Cunego e l’argento di Davide Rebellin alle Olimpiadi di Pechino) • «Se la chiamano ”Regina delle classiche” significa che ha qualcosa di diverso rispetto alle altre corse. Perché la Roubaix non conosce le mezze misure, o ti piace da impazzire o ti fa schifo. Io faccio parte della categoria dei corridori che stravedono per lei. Diciamo che è per specialisti. Ci sono corridori che volano in salita e altri a cronometro ma ci sono anche quelli che sanno come correre sul pavé. Io all’Alpe d’Huez non potrei mai vincere, ma mi guardo bene dal parlarne male e mi tolgo tanto di cappello a chi è capace di vincere. Sul pavé occorre la stessa potenza che serve per andare in montagna, solo che quando la strada sale chi pesa quanto me ha un handicap insormontabile, mentre sulle pietre sconnesse il peso non incide. Non devi avere paura del pavé, anzitutto, devi lasciare andare la bici dove vuole lei, devi avere una mano molto delicata perché non puoi compiere manovre brusche, ti ritroveresti nel fosso. Devi essere padrone assoluto del mezzo perché quando pedali su quelle pietre non guardi la ruota anteriore come ti capita sulle strade normali, ma dieci metri avanti per scorgere per tempo gli eventuali ostacoli. Occorre anche fortuna, come in tutte le cose. Proprio per evitare spiacevoli contrattempi, bisogna essere sempre in trincea, correre davanti. Per questo occorre un lungo periodo di recupero dopo una Roubaix, non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico. In sei ore di gara, sei sotto stress per almeno cinque e mezzo e quindi devi mantenere una concentrazione incredibile […] La prima fu nell’89, non avevo esperienza né fatto alcuna preparazione specifica. I vecchi suiveur mi ripetevano che ”solo chi è corridore riesce ad arrivare fino in fondo”. Con questo pensiero in testa sono riuscito a tagliare il traguardo, credo venticinquesimo. Per togliermi il fango dalle gambe ho dovuto sdraiarmi per terra e sollevarle con le mani: sentivo dolore dappertutto, fin nei capelli […] C’è stata poi la beffa del ”93, con Duclos Lassalle. Potevo lasciarlo in qualsiasi momento, ma si trattava di un francese, mi pareva ingeneroso. E lui mi batté in volata. Per giorni e giorni quello sprint da pollo me lo sognavo di notte e mi svegliavo in un bagno di sudore. O forse erano lacrime. Pensavo di essere come l’incompiuta di Michelangelo, che non sarei mai più riuscito a vincerla». La prima vittoria nel 1995: «Quel giorno fu tutto perfetto […] Ma a 40 chilometri dal traguardo ho chiesto di cambiare bicicletta. Anziché tubolari larghi e grossi che frenavano la bici, ho chiesto di montarmi ruote normali. Quando ho dato il primo colpo di pedale mi pareva che la bicicletta volasse, ho riagganciato i primi e ho tirato dritto» (’Corriere della Sera” 14/4/2001).