varie, 13 febbraio 2002
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Barenboim Daniel
• Buenos Aires (Argentina) 15 novembre 1942. Direttore d’orchestra. Pianista. Dal 1° dicembre 2011 direttore musicale della Scala (in carica fino al 2016) • «Grande maestro del podio, oltre che formidabile pianista» (Leonetta Bentivoglio) • «Musicista e intellettuale ebreo. Musicista e intellettuale wagneriano» (Leonetta Bentivoglio). Nato da una famiglia di ebrei russi, pianista eccelso oltre che campione del podio, direttore musicale sia della Staatsoper Unter den Linden di Berlino (dove è stato eletto direttore “a vita”) che della Chicago Symphony, è un wagneriano di fuoco, con trascorsi rilevanti a Bayreuth. «Ho avuto un’educazione impregnata di filosofia ebraica, da Maimonide a Spinoza. Ma sono un ebreo laico, cosa difficile da capire. Un ebreo religioso, che va in sinagoga, è facile da identificare. Ma il laico? Essere ebreo è un miscuglio di tradizioni, popolo e nazione. Appena c’è un conflitto su un aspetto affiora l’altro. Se critichi Sharon attacchi la nazione. Allora c’è chi dice: questo non è essere ebreo. Essere ebreo è anche tradizione. E così via» (“la Repubblica”, 28/4/2002) • Debutto italiano mezzo secolo fa, «quand’era un bimbo prodigio alla tastiera, con pantaloni corti e l’aria tenera da puffo: “Giunsi in Europa con i miei dall’Argentina, e a Roma vidi Stravinskij che dirigeva e Isaac Stern che suonava. Avevo dieci anni, diedi un concerto per la Filarmonica Romana. Fui anche a Salisburgo, dove m’infilai in un palco per un Flauto Magico diretto da Karl Böhm. Mi addormentai, per poi svegliarmi terrorizzato di non sapere dove stavo. Mi misi a piangere forte e fui buttato fuori da una maschera furiosa. Quando, una decina d’anni dopo, lavorai con Böhm, gli raccontai l’episodio e lui si offese moltissimo”» (“la Repubblica”, 30/10/2002) • «Devo ringraziare la mia famiglia, che mi ha permesso di crescere culturalmente e musicalmente senza che mi dovessi preoccupare d’altro. La mia giornata tipo, a sette anni, era: scuola al mattino; studio, partita a calcio e doccia il pomeriggio; i miei primi concerti alla sera» (Enrico Girardi, “Corriere della Sera” 14/3/2004).