varie, 13 febbraio 2002
BARENGHI
BARENGHI Riccardo Roma 13 marzo 1957. Giornalista. Ex direttore de ”il manifesto”. Dal 2005 a ”La Stampa”. Famoso anche con lo pseudonimo ”jena” • «Figlio d’arte (la madre Vanna è una nota giornalista), barba sale e pepe, vocione romanesco, penna affilata, fama di brillante titolista» (’Sette”, n. 45/2000). «[...] La penna più acuminata della stampa di sinistra [...] al ”manifesto” dal 1980 [...] ha iniziato con la tradizionale gavetta, per assumere nel ”98 la guida del giornale. La direzione è durata fino al 2003, quando il piano editoriale presentato da Barenghi, con il vicedirettore Roberta Carlini non ottenne il voto di fiducia delle redazione. [...] Barenghi è conosciuto soprattutto per il brevissimo corsivo di prima pagina, cominciato nel luglio del 2000, che spesso prende di mira i leader del centrosinistra. [...]» (Monica Guerzoni, ”Corriere della Sera” 27/1/2005). «La ”jena”, una volta, non si sapeva chi fosse. Scriveva sul manifesto piccolissimi corsivi, quasi delle battute, e faceva arrabbiare molta gente. Adesso si sa che è Riccardo Barenghi, ex direttore del Manifesto, oggi approdato alla Stampa. Dal quotidiano comunista a quello della Fiat. [...] ”[...] Non ho mai pensato di passare tutta la mia vita al ”manifesto’. E non ho mai desiderato andare in un altro giornale militante, tipo ”Liberazione’ o ”l’Unità’. Volevo andare in un giornale vero, con un editore vero [...] Da ragazzino, per un po’ di tempo, sono stato di Lotta Continua [...] Ho quasi smesso di fare politica quando ho visto quello che stava succedendo. Ricordo le prime pistole all’Università. Andavo alle manifestazioni ma con sempre minore entusiasmo. La cultura politica in realtà me la sono fatta al manifesto [...] Quando sono arrivato io, tanti anni fa, c’era gente che già se ne andava, Gianni Riotta, Ritanna Armeni. Ma non esisteva la categoria del tradimento per nessuno. Se ne sono andati tanti dal manifesto, Mauro Paissan, Giorgio Casadio, Grazia Gasparri, Tiziana Maiolo [...]Era una vera estremista ed è finita con Berlusconi. Nessuno di quelli che ho conosciuto al ”manifesto’ è andato con Berlusconi. Io non andrei mai a lavorare per lui [...] Andavo al Liceo sperimentale della Bufalotta. Molto di sinistra. Lotta Continua, manifesto, Fgci [...] Non ho mai tirato molotov. Al massimo sampietrini. Una volta ho partecipato a una spedizione punitiva al bar del Piazzale delle Muse contro i fascisti. Andammo alle otto di mattina, troppo presto, e trovammo solo uno che stava tranquillamente bevendo un caffè. Timidamente ci avventammo su di lui. Lui fu bravissimo, assunse una posizione difensiva eccellente e non si fece nemmeno un graffio. Io ero giovane e mingherlino ma volevo partecipare e mi feci largo tra i più grossi di me e andai a dargli due pugnetti in pancia. Lui mi guardò come se fossi un moscerino e con una pedata mi allontanò, come a dire: ”Lasciami perdere che ho da fare con cose serie’. Fu una frustrazione terribile [...] Ero convinto di sapere scrivere. Ma mi attirava anche il fatto che vedevo mia madre, Vanna Barenghi, giornalista di ”Repubblica’, che andava a lavorare tardi. Ero un ragazzo, facevo tardi la sera e pensavo che fosse il lavoro ideale per me visto che la mattina mi piaceva dormire. Avevo aperto con degli amici un negozio di roba usata e poi una discoteca rock. Cominciai a lavorare di giorno al ”manifesto’ e di notte nella discoteca. Al ”manifesto’ non guadagnavo niente, in discoteca 18 milioni l’anno. Ma alla fine ci chiusero per troppe canne. La polizia fece un’incursione, tutti cominciarono a buttare la roba che avevano addosso ma alla fine i poliziotti trovarono una cinquantina di grammi di hashish. Arrestarono solo noi che l’unica colpa che avevamo era quella di gestire il locale. Sei giorni a Regina Coeli. Dopo due anni, assolti. Nel frattempo mi assunsero al ”manifesto’ [...] Io e Roberta Carlin, che era il mio vice direttore,pensavamo che il ”manifesto’ dovesse essere prima di tutto un giornale. Altri pensavano che dovesse essere un progetto che usava il giornale per fare politica [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Corriere Magazine” 28/4/2005).