Varie, 13 febbraio 2002
BARICCO
BARICCO Alessandro Torino 25 gennaio 1958. Scrittore. Collabora con ”la Repubblica”. Libri: Oceano mare, Castelli di rabbia, Novecento, Seta, City. Noto per alcuni programmi tv • «Scrittore preferito da Walter Veltroni. Autore di un romanzo discretamente venduto e molto favorevolmente recensito, Oceano mare, ha raggiunto l’acme della popolarità sfoderando nel corso di un programma televisivo dedicato ai libri una candida camicia con le maniche robustamente arrotolate, alla maniera del transalpino Bernard Henry-Lévy. Buon conoscitore di musica classica, assiduo collaboratore prima della ”Stampa” e poi di ”Repubblica”, si è molto impegnato nella campagna elettorale del 1996 a favore dell’Ulivo intervenendo più volte ai comizi del suo politico preferito: Walter Veltroni. Dopo la vittoria dell’Ulivo, ha sostenuto durante una trasmissione televisiva condotta da Lucia Annunziata di non amare l’idea del ministero della Cultura ma di essere rassicurato dal fatto che il Minculpop sarebbe stato appannaggio del suo politico preferito. Ne è scaturita un’aspra polemica in cui è stato accusato di essere uno scrittore di regime» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 3/10/1998). «Uno scrittore anomalo, e spiazzante. Una critica surciliosa tende a declassarlo a intrattenitore di lettori non troppo pretenziosi, e magari sub-colti. Ad abile sceneggiatore per pubblici di massa che sgranano gli occhi di fronte a un ”esotico” che li sprovincializza. Ma che sia davvero un declassamento non è affatto certo, così come non è certo che la narrativa non debba e possa avere, tra i suoi scopi, anche quello di riempire bravamente il (lungo) spazio che separa un inizio da un finale. E poi: non ci si può lamentare sempre dei bassi metodi e dei bassi linguaggi con i quali si tenta di pascere gli appetiti allargati del pubblico, e poi prendersela con uno scrittore-divulgatore che comunque riesce a cambiare, in molto meglio, i temini del dibattito: non è la ”scrittura popolare”, è la popolarità della scrittura ciò che preme al Baricco scrittore quanto al Baricco affabulatore televisivo. Ha fama di star letteraria, e conseguentemente di scrittore narciso, per via di certi trascorsi televisivi (ottima televisione e ottima divulgazione, tra l’altro) e di un aspetto fisico sinistramente adatto a compiacere il pubblico della narrativa, che come è noto è in buona prevalenza femminile. Per paradosso (o forse per compensazione), nei suoi libri la persona-scrittore è del tutto impercepibile. Ha la forza di fidarsi così ciecamente della storia che sta raccontando da lasciarle l’intero campo, e se così tanti lettori lo amano è forse perché giudicano amabile, e anche umile e intelligente, questo suo farsi puro strumento del racconto. [...] Il suo talento (alto) è nella capacità di catturare l’attenzione, convincere il lettore che non è tempo perso, e condurlo fino al termine di una storia. E’ un talento non comune, frutto di tecnica e di profonda conoscenza dei meccanismi della narrazione. Il largo successo dei suoi romanzi, non solo in Italia, dimostra che il piacere della lettura dipende anche, se non soprattutto, dalla sensazione non statica, non mortificante, di imparare una storia della quale cento pagine prima non sapevi nulla, e cento pagine dopo è anche tua. Naturalmente, questa acquisizione non è uguale per tutti - non a tutti piacciono le stesse storie. Uguale per tutti, però - specialmente per chi diffida dell’oscurità della letteratura, e se ne sente inferiore, e complessato - è la gratificazione di sentirsi finalmente complice della scrittura. Questo aspetto magari accomodante, ma voluto e cercato fino al virtuosismo e all’esercizio di stile, ha attirato su di lui qualche accusa di furbizia. Diciamo che ci sono furbizie ben più perniciose. E che riuscire a costruire attenzione, interesse e anche passione attorno ai libri (non solo i propri) è comunque un bell’esercizio di stile» (Michele Serra, ”la Repubblica” (10/9/2002).