varie, 13 febbraio 2002
BAROCCO
BAROCCO Rocco Napoli 26 marzo 1946. Stilista. «Per la donna sensuale». Disegna vestiti dal 1965, il suo pret-a-porter nasce nel 1977 • «Ha rischiato di diventare capitano di lungo corso, Rocco Barocco. Poi, anziché affrontare le tempeste del mare, si è lasciato trasportare dal suo cuore in tumulto verso la bellezza delle forme e la sericità dei tessuti. Una lunga corsa felice da couturier nel mondo della moda. Come ha iniziato? ”Da ragazzo l’estate lavoravo nella boutique Rino a Ischia, dove vivevo, l’inverno frequentavo l’istituto nautico di Procida: la mia famiglia aveva la velleità che divenissi capitano. Era dura: tutte le mattine dovevo raggiungere l’isola con un piccolo battello e il mare non era una frequentazione piacevole... sono state più le volte che non sono andato a scuola che quelle che sono andato. Amavo molto disegnare abiti e, per un caso del destino, a Ischia erano ospiti a casa di una mia amica francese due famosissimi couturier, Patrick de Barentzen e monsieur Gilles: gli chiesi di fare uno stage nel loro atelier romano d’alta moda. Avevo diciassette anni: non sono più tornato, se non per vedere gli amici fraterni e rilassarmi nelle fantastiche acque termali. Roma è la mia città d’adozione, il luogo dove lavoro, però io mi sento internazionale: vivo in tante città, Londra, Parigi, Dubai... [...] sono molto bravo, ma si è innescato un meccanismo nella moda milanese: non vai avanti per meriti. Potenza di qualche importante testata che fa il bello e il cattivo tempo e per la quale tanto spendi in pubblicità, tanto vali [...] Sono quasi un fenomeno, perché comunque lavoro e fatturo senza problemi. Probabilmente è dovuto alla mia immagine che dagli anni ”70 non passa mai di moda. Ho una trentina di licenze che esporto in quasi tutto il mondo. [...] Non sono una multinazionale, gestisco la mia azienda direttamente e ho sempre declinato l’aiuto delle banche, preferendo andare avanti con le mie forze. La mia azienda è sana, non ha debiti [...] I miei vestiti sono sempre riconoscibili per il glamour molto femminile e non troppo sfacciato: una donna che vuole essere ammirata, ma non guardata. C’è una differenza sottile. Seguo la mia strada: ho vestito madri e figlie e, spero, presto le nipotine [...]”» (Elisabetta De Dominicis, ”Libero” 23/2/2008) • «Nel 2000 ha disegnato l’uniforme delle allieve dell’Arma dei carabinieri. ”Ho aggiunto dei tocchi femminili: una cintura, un collo alla coreana, il nero” [...] è lo stilista cui anche la Guardia di Finanza si era rivolta per rinfrescare la propria immagine. ”Una consulenza sui colori. Indicai il verde, ma se si potesse oserei ancora di più”. Per esempio? ”Una tonalità forte, innovativa, diversa. Che rispecchi l’efficienza e la modernità del loro lavoro”. Gli stili cambiano. Molte frontiere, anche del gusto, sono state abbattute. Eppure il fascino della divisa sembra durare, anche tra gli stilisti. ”Vent’anni fa disegnai una collezione che si ispirava alle guardie svizzere: velluto e pantaloni arricciati. Mi divertii molto, trovavo intrigante creare una linea per le donne a partire da un modello maschile, e così ”alto’. Tutti prima o poi si confrontano con il linguaggio delle linee militaresche: rigore, eleganza, cura dei dettagli. Per sperimentare, ma anche perché la divisa suscita rispetto. Magari inconscio, uno non lo ammette, però quella loro presenza e portamento fanno sempre un certo effetto”. Solo una questione di eleganza o anche altro? ”Giocare con le forme è sempre attraente per un creativo. Poterlo fare rispettando i contenuti e i valori lo è ancora di più. La divisa mi piace perché è formale, simbolica, distintiva. Ma allo stesso tempo al servizio della gente”» • «Se non avessi fatto lo stilista avrei trasformato la mia passione per i viaggi in un mestiere. Non penso al tour operator, ma all’archeologo. Perché quando visito un paese, e ne ho visti tanti, mi piace scoprire la sua storia. Per esempio sono innamorato dell’Egitto e affascinato dagli scavi che hanno riportato alla luce la civiltà di quello straordinario popolo […] La mia prima volta a New York è stata folgorante. Ero un ragazzo e quell’America che tutti mitizzavano mi è sembrata un incanto. Non volevo più tornare. La seconda volta ho rivsto la Grande Mela con occhi meno incantati. La terza scalpitavo per ripartire al più presto. La quarta ho evitato che ci fosse. una città troppo caotica […] Ho una casa a Capri, sul promontorio di Occhiomarino. L’ho comprata nell’82 da una profumiera torinese. una grande villa degli Anni Quaranta con vista sui Faraglioni e un parco di seimila metri quadrati, fitto di pini. […] I miei hobby favoriti sono due: il giardinaggio e i quadri. Colleziono dipinti dell’ottocento che hanno come soggetto i fiori. Li compro ai mercatini, ma anche durante i miei viaggi, nei bazar più impensati» (Antonella Amapane, ”Specchio” 2/1/1999).