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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

BASILE

BASILE Gianluca Ruvo di Puglia (Bari) 24 gennaio 1975. Giocatore di pallacanestro. Con la Fortitudo Bologna ha vinto lo scudetto 1999/2000 e quello 2004/2005. Con la nazionale ha vinto nel 1999 il campionato europeo. Dal 2005 al Barcellona, ha vinto il campionato spagnolo 2008/2009 e l’Eurolega 2009/2010 • «Ha cercato di andarsene come uno qualunque. D’estate, in mezzo all’esodo di un paese intero, salutando pochi amici. Gli hanno detto: no, Baso, tu non sei uno qualunque, tu sei il capitano. Così il Baso ha traballato: vado o non vado? Di là l’offerta principesca del Barcellona, di qua l’idea antica, gratificante e un po’ fragile, di essere un uomo che non svende i suoi legami. Neppure quelli professionali. Si è seduto con la testa tra le mani e ha guardato il mare. Erano le 7 di sera di lunedì 18 luglio. Basile era in Sardegna. Onore o soldi? Ci ha messo 24 secondi a decidere di lasciarsi alle spalle sei anni di Fortitudo Bologna. Il tempo di prendere la palla delle sue angosce, superare la metà campo e tirare la propria vita da un’altra parte. Spagna, casa dell’amico Savic, che fino a Basile Gianluca ieri era il suo gm. Almeno tradiamo assieme. Si è alzato di scatto, prima che nella sua testa suonasse la sirena: me ne frego, io parto. Bologna, i tifosi, la retorica dell’eroe buono sbriciolati in un amen. Canestro da tre, il più facile della sua carriera. Ha alzato il telefono e ha chiamato patron Giorgio Seragnoli: ”Giorgio, sono il Baso, fammi andare via”. Fammi andare via. Non sarà semplice, lo faranno soffrire prima di dirgli sì. Seragnoli si è afflosciato sulla poltrona. Bianco come uno straccio, lui l’Emiro, un uomo cresciuto con una sola religione (la Fortitudo) e una sola bandiera, Gianluca Basile da Ruvo di Puglia, prelevato bambino a Reggio Emilia e poi coccolato, allenato, arricchito, cresciuto e curato fino a farne la Santa Icona del mondo biancoblù e il numero uno della pallacanestro italiana: un figlio. ”Non scherzare, Baso, hai altri due anni di contratto, tu sei noi”. ”Non scherzo”. ”Perché lo fai?”. La ragione più facile del mondo. Soldi. Fa ridere che fatichi a capirlo un uomo soprannominato l’Emiro. Il Baso avrebbe voluto dirgli: senti Emiro, mi danno 4 milioni (contro il tuo milione e mezzo in due stagioni) per giocare quattro anni in una delle città più belle del mondo, in una delle squadre più forti d’Europa, senza lo stress di dover essere io, annichilito e stufo da questa santa aureola che mi accompagna, a tenere in piedi la baracca. E francamente, dopo che ti ho appena vinto lo scudetto, potresti evitare di complicare tutto. solo il momento giusto. E lo stipendio è da far girare la testa, una roba che più della metà dei calciatori se la sogna, coi tempi grami che corrono. Non gli è venuto un discorso così. Quando è emozionato si inciampa nelle parole, balbetta. Ha detto solo: ”Giorgio, è l’occasione della vita”. Come un Bobo Vieri qualsiasi. Il basket che diventa calcio. Pago, prendo, cancello i ricordi. Mosca con Messina e Smodis, Barcellona con Basile e Marconato. la globalizzazione, bellezza, e l’Italbasket è terra di conquiste. Così è cominciato a volare fango. Mentre i siti della Fortitudo si riempivano di ”O mio Dio ditemi che non è vero!” e il tam-tam cittadino diventava acuto come se fosse caduta la Garisenda, è stata avviata una trattativa piuttosto banale. Il Barcellona di Savic offre un milione per prendere il giocatore, Seragnoli risponde che a lui ne serve uno e mezzo e che diversamente non se ne fa nulla. Savic replica placido: un milione o niente. ”Bene, niente”. [...] Seragnoli ha incontrato Teo Alibegovic, il suo nuovo gm. Hanno discusso un paio d’ore e dalla riunione sono usciti con un comunicato orgoglioso: ”Basile resta a Bologna. Rispetterà il contratto, in campo non si tirerà indietro. Non è il tipo”. Il tipo di che cosa? Prima dell’incontro, Seragnoli aveva sibilato: ”Siete soltanto voi che credete alle bandiere. I giocatori sono mercenari”. Basile mercenario. Fino alla settimana scorsa era una bestemmia. Adesso è possibile tutto. Non era stato lui, il Baso, a convincere coach Repesa a restare? Lo scenario più probabile è questo: la Fortitudo tiene un po’ botta, il Barcellona alza l’offerta e l’affare si chiude. A meno che Seragnoli si impunti, chiuda il Baso per due anni in una torre e butti via la chiave. Ha senso? Il Parma, il Milan, Gilardino. La Fortitudo, il Barcellona, Gianluca Basile. Per conto loro i tifosi della Fossa dei Leoni, la gente del Baso, body guard ossessivi, guardie svizzere di periferia, hanno già deciso. Sai che cosa c’è, Baso? I soldi sono tuoi, i sentimenti sono nostri. Eri tutto, non sei più niente. Sventolano le interviste del Gianluca Iscariota. Una dice: ”Mi vedo solo con la maglia Fortitudo. E poi il mio futuro è semplice. Vado a fare il contadino, come mio padre. Torno a Ruvo di Puglia e mi siedo sotto un ciliegio con una pancia così”. Incorruttibile. Poi ha capito che a 30 anni la poesia è inutile. ”Non dimenticherò mai questa gente”, ha fatto sapere dalla Sardegna. Come se a loro importasse davvero. I muri del Pala- Dozza sono pieni di insulti. D’Artagnan ha venduto la corona. La dedica spray più gentile dice: traditore. La più dura: Ba-Ba-Baso. Difficile da comprendere lì per lì, ma piuttosto velenosa. La traduzione? Vai a tartagliare da un’altra parte» (Alessandro Corsani, ”La Stampa” 23/7/2005) • All’inizio voleva fare il calciatore: «’A 12 anni ero un ultrà del Bari. Ogni domenica andavo con gli amici in curva allo stadio, impazzivo per Joao Paulo. Ho giocato anche per la squadra del paese, ma quando mi sono reso conto che il calcio era troppo lento, sono tornato alla mia prima passione”. A sei anni, un insegnante delle Elementari tenute dalle suore lo aveva spinto verso il mini-basket, poi la televisione aveva fatto il resto. ”Mi piaceva vedere le partite della Philips Milano” […] A 18 anni un vicino di casa malato di basket e grande tifoso di Varese, ha proposto al tecnico di allora (era il 1993) Virginio Bernardi di dare uno sguardo a un ragazzo che palleggiava in continuazione davanti a un canestro piazzato nel giardino di famiglia, un piccolo playground personale. Bernardi ha accettato e lo ha portato con sé nel suo trasferimento a Reggio Emilia, annusando il talento» (Carlo Annese, ”La Gazzetta dello Sport-Magazine” n. 39/1998).