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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

BASSANINI

BASSANINI Franco Milano 9 maggio 1940. Politico. Presidente della Cassa depositi e prestiti (dal novembre 2008). Laureato in giurisprudenza, docente universitario, militante del Psi, nel 1981 ha fondato la Lega dei socialisti e nell’83 la Sinistra indipendente. Dal 1992 fa parte della segreteria Ds. Già deputato per il Psi nel 1979, è stato rieletto nel 1983, 1987, 1992, 1994, prima come indipendente per le liste comuniste, poi per il Pds. Senatore dal 1996, è stato ministro per la Funzione pubblica nei governi Prodi, D’Alema II e Amato II, sottosegretario alla presidenza del consiglio nel D’Alema I. Trombato alle politiche 2006: «[...] espulso dal Psi di Craxi nel 1981 dopo una dura battaglia sulla questione morale, diventato molti anni dopo ministro della Funzione pubblica nel primo governo Prodi e sottosegretario alla Presidenza con D’Alema, ha denunciato con chiarezza [...] i rischi che la Quercia correva a non prendere le distanze da raider e immobiliaristi. ”Attenzione ai compagni di strada”, consigliava in una intervista a La Stampa del 9 agosto. ”Credo che sia arrivato il momento di dire che ci sono newcomers e newcomers”, spiegava al Sole 24 Ore, ”non meritano apprezzamenti quelli che si dedicano a mere attività speculative e che, con arricchimenti molto rapidi, legittimano il sospetto di operare ai margini della legge e delle regole. Penso a Ricucci, Gnutti, Coppola”. Convinzioni che assumono ancora più peso se confrontate a quelle di chi nella Quercia sosteneva, in piena scalata alla Rcs, che ogni imprenditore avesse il diritto di provarci a patto di rispettare indipendenza del giornale e trasparenza. Che la sua battaglia abbia lasciato strascichi di diffidenza e rancori si può soltanto supporre. Certo è che Bassanini, parlamentare dal lontano 1979, alle elezioni del 9 aprile è stato candidato dai Ds ma non è stato eletto. ”Io sto ai fatti”, racconta, ”i dirigenti di importanza nazionale che si sono battuti con più vigore contro la tribù degli immobiliaristi sono due: Giuliano Amato ed io. Per entrambi la candidatura naturale sarebbe stata in Toscana. Ed entrambi siamo stati dirottati verso destinazioni differenti. Ad Amato, un ex presidente del Consiglio e vicepresidente della Convenzione europea, è stato offerto prima il Veneto e poi, di fronte alle sue obiezioni, la Toscana. Però soltanto come secondo in lista. Le pare normale?”. Bassanini invece vince la Lombardia e la Sicilia. Con l’isola non ha niente a che fare, con Milano sì: c’è nato, ci ha lavorato, ha già rappresentato la città in Parlamento. ”Peccato che il numeretto assegnatomi fosse l’undici. Undicesimo in lista, una missione impossibile. Era chiaro a tutti già prima di aprire i seggi, sondaggisti compresi, che non sarei stato eletto. In Sicilia ero il numero cinque. Qualche remota possibilità sulle carta c’era, ma insomma era difficilissimo...”. Un prezzo pagato per una battaglia vittoriosa ma, diciamo così, impopolare? ”Certo non posso pensare che abbia pesato un giudizio negativo sul mio lavoro nei governi di centrosinistra. Quelli furono anni difficili, contrastati, è vero. Però la riforma della pubblica amministrazione che ho realizzato e che va sotto il mio nome, mi sembra sia stata una buona cosa. Lo sa che è stata adottata con poche modifiche sia in Francia sia in Spagna? E cioè tanto da un esecutivo di centrodestra quanto da Zapatero... è una soddisfazione. Vuol dire che non ho lavorato poi così male. E allora?”. Inoltre, sostiene Bassanini, c’era un patto. ”Un patto vero e proprio, no. Ma si era stabilita, più o meno, una regola secondo la quale chi era stato ministro con Prodi, in caso di successo il 9 aprile, sarebbe andato a guidare una commissione parlamentare. Purtroppo, per diventare presidente di commissione è necessario prima essere eletti...”. Niente elezione, niente commissione. E niente domande insistenti: qualcuno ha voluto fargliela pagare? ”E me lo chiede? Giudichi un po’ lei...”» (Umberto La Rocca, ”La Stampa” 21/4/2006). «Anticraxista secondario. Ex socialista di sinistra, famoso per essere consapevole di avere una faccia da schiaffi. Infatti anni orsono si beccò in pubblico un ceffone da un compagno di partito, di cui disse di non condividere i metodi, ma di comprenderne le ragioni. Lasciò il Psi per anticraxismo secondario, nel senso che non sopportava di essere trattato da eterno secondo di Craxi che gli preferiva sempre Giuliano Amato. Ed entrò nella Sinistra indipendente, la cui autonomia da Botteghe Oscure non è mai stata provata. Per anni sarà in prima fila a convegni e dibattiti, accolto al grido di ”vieni avanti, Bassanini”. Per anni ha messo alla frusta servizi di segreteria e attaché parlamentari perché divulgassero sue opinioni e commenti su ogni sorta di accadimento planetario. Finché venne l’Ulivo. E Bassanini vinse il jackpot ottenendo il ministero della Funzione pubblica. Normalmente avrebbe dovuto rompersi l’osso del collo, come tutti i suoi predecessori. Invece si mette subito in evidenza anche in ragione dell’altrui pochezza. E si rivela come uno dei rari ministri che ”punta in alto”, che non si accontenta del piccolo cabotaggio quotidiano e di cui si può dire che lascerà una traccia. In due anni la sua notorietà invece di diminuire è cresciuta e la sua scommessa sulla riforma della pubblica amministrazione l’ha reso quasi popolare. Spesso lo si può incontrare dalle parti di Montecitorio, da solo senza code né scorte. E se qualcuno gli fa i complimenti per ”essere il migliore” del governo Prodi si schermisce. grande amico di Chicco Testa, presidente dell’Enel, con cui divide la casa al mare. Con la moglie Linda Lanzillotta, assessore al Bilancio del comune di Roma e rutelliana doc, forma un perfetto team da combattimento. Insieme tengono salotto e terrazza, piuttosto quotati nella capitale. Tiene divani, invece, in Transatlantico, da dove immancabilmente controlla che i cronisti non parlino male né di lui né di sua moglie» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 3/10/1998). Vedi anche: Francesco Merlo, ”Sette” n. 31/1998.