Varie, 13 febbraio 2002
BASSO
BASSO Ivan Gallarate (Varese) 26 novembre 1977. Ciclista. Vincitore del Giro d’Italia 2006 e 2010. Nel 1998 fu campione del Mondo under 23 (davanti a Danilo Di Luca e Rinaldo Nocentini in un podio tutto azzurro). Secondo al tour 2005, terzo nel 2004, settimo nel 2003, undicesimo nel 2002. Secondo dietro Rik Verbrugghe nella Freccia-Vallone 2001. Due giorni in maglia rosa e due vittorie di tappa al Giro del 2005 (perso per colpa di problemi intestinali). Dopo che il suo nome era comparso nella cosiddetta ”Operación Puerto”, l’inchiesta sul doping che ha coinvolto tra l’altro il medico spagnolo Eufemiano Fuentes, ammise di aver pensato all’emotrasfusione ma negò di aver fatto uso di sostanze dopanti. Squalificato per 24 mesi (fino al 24 ottobre 2008), tornato alle corse chiuse al 5° posto il Giro d’Italia 2009 e al 4° la Vuelta di Spagna dello stesso anno • «Ne ha fatta di strada il bambino che scalò lo Stelvio e l’Aprica a nove anni: ”Andavo su con calma, mi fermavo a mangiare, poi riprendevo: ho fatto tutte le salite”. [...] ha studiato fino al quarto anno di geometra, sembra quasi un ragioniere. Lucido sempre, ma non calcolatore nel senso deteriore del termine. [...] Famiglia, lavoro, educazione. Qualche svago, una passione per la musica italiana (’Mango su tutti") , una Bmw X5 nel garage della bella villetta di Cassano Magnago (siamo nel Varesotto), e una simpatia per il Milan. Niente colpi di testa, insomma, per uno che quando la gara va storta ”dimentica tutto e preferisce ricordare i momenti belli”. Eppure un colpo di testa forse Ivan l’ha fatto quando ha cambiato squadra [...] lasciando la numero uno ( Fassa Bortolo) per emigrare alla danese Csc: ”In quel caso forse per la prima volta ho dato retta al mio istinto”. La nuova avventura è cominciata in un porto spagnolo, a Lanzarote, alle otto di sera: tre chilometri di nuoto, una gara di durata sui kart, una camminata di 33 chilometri tra le montagne, un tuffo da una scogliera alta sei metri, una discesa con la corda da una diga e 20 chilometri di salita in mountain bike. ”Ci seguiva un team di marines"» (Paolo Tomaselli, ”Corriere della Sera” 25/7/2004). «Bjarne Riis, l’eroe del Tour ”96 [...] lo strappò alla Fassa Bortolo. Nel team di Ferretti, Basso non aveva raccolto nemmeno una vittoria nelle ultime due stagioni (ultimo successo una tappa del Giro d’Austria 2001). Eppure Riis era certo del riscatto di un corridore che fin da ragazzo era parso un predestinato, vincitore tra l’altro della Coppa d’Oro ”93 da allievo, dell’argento mondiale nel ”95 da juniores e del titolo iridato ”98 fra gli under 23. Passato professionista nel maggio ”99, Basso aveva invece tradito le attese [...] tanti piazzamenti - un 2º posto nella Freccia Vallone 2001, un 3º nella Liegi Bastogne Liegi 2002, ancora un 2º a San Sebastian 2003 - oltre ad aver vestito tre maglie azzurre ai Mondiali (1999, 2001 e 2003). Un po’ poco per uno che voleva emulare il suo idolo Miguel Indurain. La lunga astinenza gli aveva attirato la nomea di atleta arrendevole, tatticamente poco smaliziato, spesso imbelle e incapace di sferrare la zampata decisiva» (’La Stampa”. 17/7/2004) • «Ragazzino che a nove anni scalò lo Stelvio e a 12 in mountain bike conquistò il Mortirolo […] ”Sono nato per soffrire, muoio sulla bici, ho tanta tenacia e tanta grinta […] So di non essere un fenomeno, le mie qualità sono la costanza, la caparbietà, il sacrificio, però con queste posso ottenere grandi cose”» (l. gial.. ”La Gazzetta dello Sport” 28/7/2003) • «[...] La progressione che ama sui pedali è un po’ la progressione della sua carriera. Per diventare il sovrano del ciclismo, Sua Altezza Ivan Basso ne ha dovuta fare parecchia di strada da quando a cinque anni ha avuto in regalo da suo padre la prima bicicletta e anche da quando, nel ”98, è diventato campione mondiale Under 23. Parecchia strada e con qualche incidente di percorso, come quello del Giro 2005, quando sullo Stelvio si è fermato a vomitare. Lo Stelvio gli ha insegnato la prudenza: una cautela persino irritante quando, padrone assoluto di questo Giro, dopo ogni tappa in rosa continuava a frenare: ”Non ho ancora vinto niente...”. Chi lo conosce bene non ha ancora finito di discutere su quel malessere dello Stelvio. Qualcuno sostiene che in realtà a Ivan non bastava pedalare per elaborare il lutto peggiore: la scomparsa di sua madre Nives, avvenuta qualche mese prima. Non lo sentirete mai parlare di quella vicenda. [...] Ivan è fatto così, poche parole e via pedalare: se parla è per attenuare, smussare, distinguere. Era così anche quando rincorreva il cannibale Armstrong senza mai riuscire a raggiungerlo. [...] Programmazione è una parola che conta moltissimo in questa storia. Specie da quando Ivan ha deciso, nel 2004, di mettersi nelle mani di un danesone come l’ex ciclista Bjarne Riis, team manager della Csc, destinato a diventare la sua ombra. ”Un amico”. la svolta. Il figlio del macellaio di Cassano Magnago acquista una dimensione internazionale grazie a una cieca fiducia nel polso duro del suo ”capo” e dei ”team building” invernali sul Mare del Nord che Bjarne gli impone. Roba da marines: 3 km di nuoto e tuffi da una scogliera di sei metri (per Ivan che odia il nuoto), 33 km di marcia, discese con la corda da una diga, 20 km di salita nei boschi e altro. Corsi intensivi per migliorare in crono. Persino sedute nella galleria del vento del Mit di Boston. E una squadra al suo totale servizio. Preparazione scientifica e terapia di gruppo. Da allora parla sempre al plurale: ”Io e la squadra...”. E non dimentica mai di ringraziare educatamente i suoi compagni. Per stare con Riis ha rifiutato molti euro in più da un’altra squadra. [...] è un ragazzo che impazzisce per Mango (lo ascolta nel suo Mp3 quando si allena), un tifoso moderato del Milan, un atleta di 70 chili in un metro e 82. Definendolo un passista gli si farebbe torto, perché in montagna dà del filo da torcere a tutti. Il tutto condito da un’attenzione maniacale: se gli chiedete qual è la sua pietanza preferita vi dirà la pizza, ma va avanti a pasta in bianco e riso, filetti, verdura e poco altro. Anche sua moglie si è abituata a questa dieta. E poi c’è quel che si dice lo stile. L’eleganza del pedalare che somiglia all’eleganza dell’uomo che cammina, parla, sorride. Gli striscioni parlano chiaro: ”Ivan 6 figo!”, ”Ivan quanto sei bello!”... Le donne che lo vedono passare per le strade o alzare le braccia sul podio gradiscono il suo sguardo da bel tenebroso, il suo sorriso internazionale mai esagerato, l’inglese parlato con disinvoltura, il berretto con visiera da pilota da F1, il fisico adatto agli spot delle case di moda. Postmoderno, più Armstrong che Pantani, calmo, consapevole, determinato. La determinazione è la prima qualità che gli riconosce il suo vecchio allenatore di Castelfranco Veneto, Luciano Rui: ”Già da piccolo pedalava 365 giorni l’anno”. Deve essere un po’ la stessa ostinazione di suo padre Franco, vecchio patito di Moser che quando poteva portava la famiglia a vedere le tappe di montagna e che non ha chiuso un solo giorno la sua macelleria. Nemmeno da quando sua Altezza Basso guadagna un milione e 800 mila euro l’anno. [...]» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 28/5/2006) • «[...] Dovrebbe parlare con la mia maestra delle elementari, col panettiere che mi preparava la merenda, con gli amichetti d’infanzia: il mio carattere è sempre stato così. In famiglia, a cena con la squadra o in televisione, sono la stessa persona. E penso che la gente se ne sia accorta, visto l’affetto [...] Trovo che il senso della vita sia guadagnarsi le cose che ottieni, accettando la fatica e imparando dalle sconfitte. E poi ogni corridore è diverso, c’è chi matura prima e chi dopo. [...] La mia faccia. In corsa mantengo sempre la stessa espressione, che sia sul punto di attaccare o che sia in crisi. E poi il colpo di pedale, tecnicamente identico in ogni situazione; se sto male non mi scompongo, vado semplicemente più piano. Il mio segreto è la capacità di nascondere agli avversari le reali condizioni in cui mi trovo [...]» (Paolo Condò, ”La Gazzetta dello Sport” 28/5/2006).