Varie, 13 febbraio 2002
BASSO
BASSO Marino Rettorgole di Caldogno (Vicenza) 1 giugno 1945. Ex ciclista. Professionista dal 1966 al 1978. Campione del mondo 1972, al termine di una incredibile rimonta in volata sull’altro azzurro Franco Bitossi: «’Mesi dopo, quando ci incontrammo, Franco mi guardò e disse: ”Sei un cane randagio... Ma proprio tu dovevi venire a prendermi? Non potevi aspettare un po’?’. Poi recuperammo. Ricordo che una sera ci trovammo alla Domenica Sportiva: dopo aver visto più volte il replay della volata di Gap, io e Bitossi ci abbracciammo”. [...] Il dramma di Bitossi e il nirvana di Basso sono facce della stessa medaglia appesa alle vite di due personaggi straordinari. [...] Bitossi attaccò a un chilometro e mezzo dall’arrivo. Si presentò sul rettilineo, a uno sguardo dal traguardo, con un vantaggio ragguardevole. Il Mondiale sembrava suo. Lo sentiva suo.Ma il destino gli appesantì le gambe e mise le ali i suoi avversari. Un destino che non poteva essere più cinico, visto che a raggiungere e superare Bitossi, proprio negli ultimi metri, fu un altro azzurro. Marino Basso sfoderò una delle sue proverbiali volate e vinse. Vestì la maglia arcobaleno, mentre Bitossi sprofondava nello sconforto. Quella volata, quel Mondiale sono diventati un simbolo. Basso, che era fior di velocista, è l’uomo di Gap. [...] Basso non corse propriamente in difesa del compagno azzurro che era in fuga... ”Franco andò via prima dell’attraversamento di Gap, con una di quelle sue proverbiali sparate. Al momento ho pensato che era finita. Addio Mondiale. Io non potevo tirare, Dancelli era a pane e pesce e Merckx mi provocò dicendomi ”Ormai ha vinto Bitossi. Sono proprio contento…’ Non l’avesse mai detto. Ho visto Guimard che parlottava con Zoetemelk e nel centro abitato, dopo che la tv se n’era andata, girammo tutti in testa con trenate micidiali. Pancia a terra e via. Sapevo che una volta ripreso Bitossi avrei stravinto la volata. Sembrava impossibile, perché Franco aveva un gran bel vantaggio, ma io ero sicuro di potercela fare. Ai 500 metri ero convinto di vincere. Temevo soltanto di scattare con troppa forza da rompere i raggi. Avevo già calcolato che avrei dovuto fare una doppia volata. Un solo sprint lungo, su quel rettilineo in leggera salita mi avrebbe fatto esplodere il cuore. Pensavo di partire ai 250, di respirare ai 150 e di ripartire ai 100 metri. Facevo tutti questi calcoli quando è partito Merckx. Lo avrei baciato. ”Ecco il mi omo’, ho pensato, ”Ecco il mio salvatore’. Dovevo aspettarmelo, dovevo saperlo, che Eddy non rinunciava, mai. Così mi sono messo dietro al Cannibale e Merckx mi ha letteralmente tirato la volata e mi ha consentito di fare un solo travolgente sprint. Rapporto pieno, 53x13, e via. Mi sono tolto di ruota Guimard e quando ho passato Bitossi mi sembrava che fosse fermo. Non pensavo nemmeno che riuscisse ad arrivare secondo. [...] Bitossi ha giocato le sue carte e poteva andargli bene. Io ho giocato le mie sfruttando il lavoro degli avversari. Ma quando sono arrivato dietro al palco della premiazione ho temuto che il mio gesto fosse malinteso. Piangevano tutti. Ho pensato: ”Qui mi menano’. E allora mi sono messo a piangere anch’io e appena ho visto Bitossi l’ho abbracciato calorosamente. Lui era in piena crisi. Non mi ha detto una sola parola. Anzi non mi ha parlato per un lungo periodo. Forse perché quel simpaticone di Merckx gli disse che nell’attraversamento di Gap avevo tirato come un matto anch’io”» (Pier Bergonzi, ”La Gazzetta dello Sport” 4/2/2004). «Aggiudicarsi un Mondiale è una sensazione bella, ma in realtà ero consapevole della mia forza; correvo sempre per vincere. Piuttosto ricordo una tappa del Tour de France, credo del 1970, che si concludeva con un circuito da percorrere 4 o 5 volte, su una strada molto stretta. Prima della volata finale ero in seconda fila e non riuscivo a passare. Potrei vincere, mi dicevo, ma non ci sono varchi. Non ho mollato e, quando i corridori davanti a me hanno sbandato leggermente, mi sono infilato in mezzo a loro. Ho vinto con 1 o forse 2 cm di vantaggio e sapevo di aver fatto una gran cosa… […] Vincere è un’arte, e per riuscirci ci vuole soprattutto carattere. Anche per questo mi sarebbe piaciuto affrontare in volata uno come Cipollini» (Rosanna Schirer, ”La Gazzetta dello Sport-Magazine” n.5/1999). Tra i più grandi velocisti della storia del ciclismo italiano, ha vinto una tappa al Giro del 1966, un’altra nel 1968, quattro nel 1969, due nel 1970, tre nel 1971, una nel 1972, una nel 1973, una nel 1974, una nel 1977. Un giorno in maglia rosa nel 1971, due nel 1972. Due tappe al Tour de France del 1967, una nel 1969, tre nel 1970. Due volte terzo alla Milano-Sanremo: nel 1969 dietro Merckx e De Vlaeminck, nel 1972 dietro Merckx e Motta; terzo nel Giro delle Fiandre del 1969 (dietro Merckx e Gimondi); terzo nella Parigi-Roubaix del 1971 (dietro Rosiers e Van Springel); secondo nella Parigi-Tours del 1971 (dietro Van Linden). Sei vittorie di tappa alla Vuelta di Spagna del 1975.