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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

BAUDO

BAUDO Pippo (Giuseppe Raimondo Vittorio) Militello (Catania) 7 giugno 1936. Presentatore tv • «Dopo la laurea in legge, ha esordito in televisione nel 1960 presentando Guida degli emigranti e Primo piano, ma il vero grande successo è arrivato nel 1966 con Settevoci. Nel 1970 ha condotto La freccia d’oro, a cui hanno fatto seguito Canzonissima (1972/73 e 1973/74), Senza rete (1974), Spaccaquindici (1975). […] Nel 1979 ha sostituito Corrado alla guida di Domenica in, trasmissione che ha condotto fino al 1984/85 e poi di nuovo nel 1991 […] Il biennio 1984-86 ha rappresentato per lui il momento d’oro con Fantastico 5 e Serata d’onore; ma al termine della settima edizione di Fantastico, in seguito alla polemica con l’allora presidente della Rai Enrico Manca, sul concetto di ”nazionalpopolare”, ha deciso di passare a Canale 5 nel ruolo di supervisore del settore varietà. Per la Finivest ha condotto però solo Festival e Tu come noi […] non trovando in questi studi l’ambiente ideale per la riuscita di uno spettacolo. Dopo circa un anno di assenza dai teleschermi, nel 1989 è tornato su Raidue con una serie di Serate d’onore, quindi è apparso su Raitre con Uno su cento e finalmente nel 1990 ha fatto la grande rentrée in Raiuno prima con Gran premio e poi Varietà, Domenica in e dal 1992 il Festival di Sanremo, di cui aveva già presentato le edizioni 1968, 1984, 1985, 1987 […] Nel 1996, dopo una contestata conduzione del Festival di Sanremo, ha annunciato le dimissioni dalla Rai, ben presto ritirate. conduttore televisivo per eccellenza, il personaggio che più di chiunque altro in Italia incarna l’idea della star televisiva, non più lontana e inafferrabile come quelle cinematografiche, ma vicina e a portata di mano. Ultimo erede della grande tradizione del varietà classico, è presentatore, ma insieme regista ”in campo”. E lui che scandisce il ritmo del programma mentre lo mette in scena, affronta imperturbabile qualsiasi imprevisto, è talent scout» (Aldo Grasso, Enciclopedia della Televisione Garzanti, Garzanti 1996) o «[...] figlio di avvocato, laurea in diritto del lavoro già conquistata, sale a Roma dalla Sicilia: ”Avevo il chiodo fisso, diventare presentatore. E il mito di via Teulada, pensavo fosse Hollywood. Vidi una stradaccia romana, un cancelletto”. Lì incontrò il primo volto tv, Carlo Mazzarella: ”Gli chiesi come arrivare a un provino. E lui: te lo sconsiglio caldamente. Ma se vuoi, rivolgiti alla signora Vanenti”. Arrivò il giorno, un altro concorrente si chiamava Luciano Rispoli: ”Mi esaminò Antonello Falqui”. L’incontro sembra inventato per la leggenda: ”Adesso fingi di presentare Mina”. Pippo eseguì, ignaro della profezia. Falqui lo promosse, sì, ma ”ai programmi minori”. Infatti approdò alla Radio e girò mezzo mondo (era un’altra Italia, che esportava operai) incontrando i lavoratori italiani all’estero con La guida degli emigranti, c’era Claudio Villa. ”Riempivamo i teatri, ho ancora negli occhi i volti sporchi dei minatori in Belgio che sentivano parlare e cantare in italiano e piangevano, piangevano...”. Altro ricordo da gavetta, una sei giorni ciclistica di Milano. Finalmente Baudo presentò Mina in carne e ossa: ”Il pubblico voleva solo lei. Ma Mina si limitò a dire àecco mio fratello Geronimo!’ povero ragazzo, morì poco dopo. La gente si sentì presa in giro. Lo spettacolo fu salvato da un ragazzo che imitava i ragazzi. Era Alighiero Noschese”. Nel 1967 la Grande Occasione, ovvero Settevoci la domenica pomeriggio, rampa di lancio per Massimo Ranieri, Marisa Sannia, Al Bano . Gli anni di Bernabei... ”Uomo inavvicinabile, allora. Un comandante isolato. Diventammo amici solo dopo. Un grande della tv italiana, capì che la Rai era fondamentale per alfabetizzare l’Italia, per mettere insieme una nuova memoria collettiva, e che i cattolici non potevano sottrarsi a quell’impegno. La Rai è stata e resta una miniera della nostra cultura, vinse la sua scommessa [...] Io sono nato democristiano. Quando venni al mondo papà mi disse: sei figlio di Giovanni e sei democristiano. Lui aveva studiato con Mario Scelba e al liceo di Don Sturzo. Essere democristiani non significa appartenere a un partito. un modo di intendere la vita” [...] L’incontro con Bernabei fu brusco: ”Mi chiamò: sei bravo, spostiamo Settevoci a mezzogiorno. Ebbi il coraggio di oppormi: ma a quell’ora non c’è nessuno... E lui: devo lanciare il Tg delle 13,30, se non ricorro a te, come faccio?” Era l’alba del traino. Baudo osò patteggiare: ”Possiamo replicarlo la sera?” Bernabei accettò, ma sulla Seconda Rete. Poi il giovane Baudo diventò improvvisamente Pippo Baudo. Riecco Mina: ”Fu lei a incoronarmi chiamandomi a Teatro 10 con Bongiorno, Corrado e Tortora. Enzo, terribile, mi sussurrò: sei alto, mettiti in punta di piedi dietro a Mike, così lo fai sembrare ancora più basso... Quella fu forse la giornata più bella della mia vita. Arrivare a via Teulada da divo invitato da Mina”. Il resto riguarda il noto Baudo nazionale. Chi è stato il più grande direttore generale Rai? ”Bernabei, che dovette inventare tutto. E poi Biagio Agnes. Litigammo, ma anche lui amava smisuratamente la Rai”. Agnes con Enrico Manca è il protagonista di pagine straordinarie della Baudo story: ”Nel 1987 lasciai la Rai. Manca, con un’intervista al Corriere della Sera, aveva annunciato il mio sfratto: ’Basta con questa tv nazional-popolare’. Poi capii perché: Dc e Psi si erano accordati, i socialisti ottennero più spazio e tutto era più grande della mia persona. Accettai l’offerta di Silvio Berlusconi. A una cifra faraonica”. Ricordiamolo, Baudo: ”Cinquanta miliardi di lire per cinque anni. Irripetibile”. L’avventura non andò bene, anzi: ”Berlusconi mi nominò direttore artistico di tutte le reti. Mi si scatenarono tutti contro: Costanzo, Corrado, soprattutto Antonio Ricci che mi massacrò da Drive in, anche Bongiorno, ma fu il più gentile”. Dopo un anno l’idillio era finito, Baudo chiese ad Arcore lo scioglimento del contratto: ”Berlusconi non voleva. Alla fine lo convinsi. Restituii tutto, fu un disastro economico, non avevo i soldi e cedetti una mia palazzina a Roma. Ci mandarono il Tg5. Ancora oggi Enrico Mentana la chiama palazzo Baudo [...] Nel 1988 restai senza lavoro. Il mio amico Ciriaco De Mita, che guidava sia governo che Dc, quasi il padrone d’Italia, mi rassicurò: vedrai, andrà tutto bene. Ma Agnes era irremovibile, voleva dare l’esempio a chi lasciava la Rai. Seguirono mesi di silenzio, terribili. Poi arrivò il 2 novembre [...] Agnes andò a Serino a portare i fiori sulla tomba dei genitori. Una vecchia lo apostrofò: sei tu Agnèss, il padrone della Rai? E allora fai tornare a Baudo, se no muori”. La mattina del 3 novembre, poco dopo l’alba, il telefono di Pippo squillò. [...] il suo grande amore fu la Domenica in ereditata da Corrado: ”La trasformai in un appuntamento di politici, letterati, scienziati. Venivano tutti. Giulio Andreotti, il miglior ospite che può capitarti, pronto alla battuta, al ricordo formidabile. Indro Montanelli, che mi onorò fino all’ultimo con un’amicizia costante. Accettò persino una serata d’onore per lui a Montecatini, fu contentissimo. Rammento il professor Rosario Romeo. Un’altra Rai, insomma...”» (Paolo Conti, ”Corriere della Sera” 2/7/2004) o «Non ho mai godimento nel rivedere tappe del mio passato. Ho tutti i miei programmi registrati ma non li ho mai visti. Anche per non arrabbiarmi, perché talvolta non mi piaccio. Questo mestiere è fatto d’ambizione. Se non ci metti la carica dell’ambizione, perché le telecamere, le fotografie, le interviste? […] Mi hanno accreditato questa potenza dovuta ai grandi successi televisivi. Ma non ho abusato di questa potenza pur avendo lanciato nella mia carriera almeno venticinque artisti, dalla Parisi a Beppe Grillo, dalla Cuccarini a Troisi, e poi da Bocelli alla Pausini, a Giorgia… […] Preferisco non avere allievi perché questo mestiere è fatto di assoluta tipicità. Ognuno deve essere un condensato di carattere, gusto, voce, fisico: unico […] Sono nato in campagna e ho vissuto la mia adolescenza in campagna. Ho mantenuto la casa dei miei genitori e coltivo le arance. Quando vado a casa, sento un prfumo che mi riporta all’infanzia e per questo non ho venduto la casa […] I miei erano figli di famiglie povere numerosissime e così hanno deciso che io dovevo essere figlio unico […] Sono un cattolico come Benedetto Croce. Però credo che qualcosa ci sia. Credo a un comandamento che secondo me basterebbe per stare a posto con la propria coscienza: amare il prossimo come te stesso […] Guardandomi allo specchio non penso di aver fatto cattiverie e di essere stato irrispettoso nei confronti di un amico o di un conoscente» (Alain Elkann, ”La Stampa” 19/12/1999) o Nel 2001 si è impegnato alle elezioni politiche con Democrazia europea, partito fondato da Sergio D’Antoni e Giulio Andreotti, tanto che dopo la vittoria del centrodestra si parlò di una sua possibile epurazione: «Ne ho riso. Farmi passare per un rivoluzionario mi è parso esagerato» (’La Stampa” 11/6/2001) o «[...] che cosa significa baudismo? ”Essere sempre presente, apparire troppo in televisione [...] I baudisti sono altri. Strisce quotidiane non ne ho mai fatte. Non le reggo dal punto di vista fisico. Lerner, Biagi, Vespa sono eroici, hanno una forza superiore [...] Potrei lasciarmi andare a dire che a me bastava passare in tv poche volte per incidere oltremisura”. Quando è nato il termine baudismo? ’Ai tempi di Domenica In, quando cominciarono ad attaccarmi i socialisti”. A partire dal presidente Manca. ’Che mi chiamò nazional-popolare”. Però sei permaloso. Era una citazione gramsciana. ”Permaloso? Nell’intervista a Padellaro Manca aveva detto: ’E non in senso gramsciano, in senso negativo’”. Adesso si fanno spettacoli nazional-popolari? ”Adesso siamo molto più giù. Gli spettacoli miei al confronto erano da intellettuali. Elevatissimi. I testi li scriveva Stefano Benni [...] Quando ho cominciato avevo davanti il Muro di Berlino: Tortora, Bongiorno, Corrado. E c’era una sola rete televisiva. Entrare era impossibile. Io dovetti accontentarmi della tv dei ragazzi [...] Questo lavoro si fa soltanto quando si è felici. Sono stato un anno e mezzo senza lavorare. Aspettavo la chiamata della Rai. Ma Biagio Agnes era molto incazzato con me. Ho fatto intervenire anche amici comuni... [...] L’amico mio De Mita. Proprio lui. Era intervenuto su Biagio Agnes ma non era riuscito a convincerlo. Poi successe un fatto che sembra inventato. Il 2 novembre Agnes andò nel cimitero del suo paese, Serino. Una signora gli disse: ’Biagio, tu a’ da fa’ turnà Pippo, altrimenti muori’ [...] Il giorno dopo Biagio mi ha chiamato [...] In quei periodi non ti aiuta nessuno. Anche Costanzo ha avuto il suo periodo brutto, quello della P2. Ma la sua prima rentrée in Rai, gliel’ho fatta fare io, a Fantastico Bis. Non ti devi mai aspettare la gratitudine [...] Settevoci era considerato un programma bruttissimo. Me lo avevano fatto fare ma poi lo avevano chiuso in un cassetto. Sepolto. Troppo stupido”. E come mai è stato tirato fuori? ’Un’emergenza. Un giorno non arrivò in tempo il filmato di Rin Tin Tin. E tirarono fuori Settevoci. Sempre meglio dell’intervallo. Fu un incredibile successo di ascolto e di gradimento [...] Sono salito sul palcoscenico quando avevo 6 anni, facevo il figlio di Santa Rita da Cascia. A 12 anni facevo il tapeur, suonavo il pianoforte fra il primo e il secondo atto [...] Quanto guadagni? ”Ho avuto guadagni enormi [...] Consistenti. Ho letto su Panorama l’elenco dei più ricchi d’Italia e mi sono visto in una posizione onorevole. Però tanta gente che guadagna più di me non l’ho vista”. Chi per esempio? ”Per esempio Bonolis”. Guadagnerà poco! ”Lo escluderei. Ma non lo scrivere. Già dicono che ce l’ho con lui e che non voglio che venga in Rai”. Ma tu non vuoi? ”Non me ne frega niente. Che venga e si pigli quello che vuole”. Quanti capelli hai trapiantato? ”Quattromila”. Di chi erano? ”Miei. Li hanno presi di lato e li hanno messi sopra [...] Il complesso della calvizie è atroce [...] Dovevo fare il padrino di battesimo di un bambino. Il prete ha aspettato che la chiesa si riempisse e poi mi ha urlato: ’Lei non è degno di entrare in questo luogo di Dio!’ [...] Che cosa dovevo fare? Ho mollato il bambino e me ne sono andato”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 18/1/2001) o Qual è il momento più bello e quale il più brutto vissuti nella sua Domenica In? «Il più bello fu la telefonata in diretta del presidente Sandro Pertini. Si parlava di esperimenti nucleari, delle bombe di Hiroshima e Nagasaki; in studio c’erano scienziati giapponesi e americani che per la prima volta facevano la pace e lui telefonò. Al centralino dapprima pensarono che la voce fosse quella di Paolo Guzzanti, che allora imitava Pertini, e non lo accettarono. Poi Pertini richiamò e in diretta mi disse: ”Questa è la tv che bisogna fare”. La più antipatica, quando venne ucciso all’Olimpico Paparelli, il tifoso laziale. Paolo Valenti non seppe continuare, pianse in diretta e mi cedette la linea: io avevo in programma dei cantanti: dovetti risolvere la situazione» (Carlo Moretti, ”la Repubblica” 27/8/2005) o «[...] Amo la vacanza, certo, pur non essendone un fervente sostenitore. I primi giorni che passo lì a Militello, nella mia collina, faccio fatica. I cinque giorni iniziali sono duri. Poi precipito in una specie di limbo, e mi ci trovo benissimo. Perché la collina? Perché rappresenta le mie origini, il mio passato. Io il mare l’ho visto a 14 anni. Ci arrivai con mio padre, ebbi un tuffo al cuore, un sussulto, scoprendolo così grande. L’avevo visto tante volte al cinema, ma non avevo idea della sua potenza, della sua vastità sconfinata. La collina è il mio rifugio, il mio ritiro, il posto dove amo andare [...] Una volta non mi piaceva, il dialetto, ora lo apprezzo molto. Perché ha un’intensità, uno spessore linguistico che l’italiano spesso non riesce a raggiungere [...] non lo so parlare, però capisco tutto, naturalmente. Non l’ho mai parlato perché ho sempre aspirato a questo mestiere, fin da ragazzo volevo lavorare nello spettacolo. E trovavo che il dialetto fosse un ostacolo: anzi, lo era veramente. Al primo provino che feci alla Rai, Antonello Falqui mi disse che i siciliani non sapevano parlare l’italiano. Me lo ripeteva anche Salvo Randone, il grande attore. Lui era siracusano, e ricordava che, per dare forza a quello che si diceva, bisognava pensare in dialetto, e poi tradurre mentalmente in italiano. C’era più forza, più energia, nell’affermazione. Ed è vero, pure a me capita così [...] In casa non c’era nessuno che recitasse, cantasse, ballasse. Non ero figlio d’arte. Esibirsi era uno scandalo, poteva voler dire rovinare la reputazione della famiglia. Facevo teatro, eppure, già allora, la televisione era il mio modello di riferimento. Volevo lavorare lì. Partii tre giorni esatti dopo la laurea, e sembrava che partissi per il fronte. Mia madre alla fine si era rassegnata. In parte. Mi disse che se proprio volevo lavorare in tv, facessi almeno il telegiornale. Avrei avuto una scrivania, avrei fatto qualcosa di serio [...]» (Alessandra Comazzi, ”La Stampa” 13/8/2004) o Tifa per il Catania: «[...] Quali sono i suoi ricordi più belli legati al Catania? ”Potrei parlare del grande presidente Michisanti, che prese l’appalto della spazzatura a Catania e in cambio accettò di occuparsi della squadra nei primi anni 50 (acquistando poi Enzo Bearzot, ndr). Oppure di un altro grande dirigente come Ignazio Marcoccio [...] che era vice presidente del Teatro Stabile di Catania: grazie ai suoi contatti da dirigente del Coni riusciva negli anni 60 a far arrivare in città grandi giocatori. Che ricordi. A 18 anni vidi l’1-1 a Torino contro la Juve nella stagione 1954-55, poi nel ’63 facemmo perdere lo scudetto ai bianconeri (finì 1-0, gol di Milan, ndr) in favore dell’Inter. Qualche anno prima fummo ancora l’ago della bilancia e stavolta furono i nerazzurri a perdere il tricolore - vinto dalla Juve -: li battemmo al Cibali 2-0 nel ’61 all’ultima giornata (gol di Calvanese e Castellazzi, ndr). Era l’Inter di Helenio Herrera, che all’andata definì il Catania una squadra di ”Postelegrafonici” - sconfitta 5-0 a Milano - . In rossazzurro hanno giocato campioni come Szymaniack o il lento ma inesorabile Klein [...] Sono anche juventino [...]” I suoi amici nel calcio? ”Del Piero e Ferrara, ragazzi intelligenti. Il calcio si è evoluto, i protagonisti di oggi hanno anche un ruolo sociale. Loro due lo interpretano offrendo un’immagine positiva [...]”» (Alessio D’Urso, ”La Gazzetta dello Sport” 14/4/2007) o Nel 2007, le sue critiche per il presunto silenzio di Papa Benedetto XVI dopo gli scontri durante il derby Catania-Palermo che avevano portato alla morte del poliziotto Filippo Raciti hanno scatenato su di lui le ire del Vaticano. L’Osservatore Romano: «L’arroganza di una ostentata notorietà e l’eccessivo protagonismo a volte giocano brutti scherzi e fanno perdere il senso del limite» (’Corriere della Sera” 6/2/2007). Lucetta Scaraffia: «Ci mancava Pippo Baudo che, dall’alto di un popolarissimo programma televisivo dedicato al calcio, ha criticato Benedetto XVI per non essere subito intervenuto sui gravi fatti di Catania, ma piuttosto - è sembrato suggerire - su questioni di secondaria importanza come l’eutanasia, l’aborto o i pacs. [...]» (’Avvenire” 6/2/2007). Stefania Miretti: « Potrebbe essere un altro caso emblematico di estremismo senile: il bravo presentatore nazional-popolare, da sempre sinonimo di medietà e prudenza, che prende a dare picconate a destra e a manca. [...]» (’La Stampa” 7/2/2007). Sua difesa: «Ho solo fatto presente che il Papa ci è mancato, che avevamo bisogno di sentire una Sua parola e che questa parola, in quel momento, non è venuta» (Giorgio Dell’Arti, ”La Gazzetta dello Sport” 7/2/2007) o Nel 2007 ha condotto tra molte polemiche la sua 12ma edizione del Festival di Sanremo (record, Mike Bongiorno s’è fermato a 11). Ha cominciato Zucchero dandogli della «merda» per l’esclusione della figlia dalla gara (’Corriere della Sera” 18/1/2007). Poi le polemiche sul suo compenso: ). «Lo avrei fatto gratis, sì non ho mai avuto problemi di soldi con la Rai. Ho sempre firmato i contratti dopo il lavoro svolto. E poi mi fanno ridere questi discorsi sui miei compensi: prendo la metà di quanto prendono gli altri. Non ho agenti che mi sanno valorizzare. Vado lì e non protesto, da sempre. Quando sono rientrato a lavorare su Raitre, con un programma pomeridiano (nel 2003), mi offrirono 2000 euro a puntata, io me ne aspettavo 1000» (Maria Volpe, ”Corriere della Sera” 24/2/2007). Quindi il benservito del direttore di Raiuno Del Noce e le polemiche col presunto successore Paolo Bonolis: « La mattina il redde rationem col direttore di RaiUno Fabrizio Del Noce, in cui Pippo Baudo rimette il mandato di direttore artistico del festival, poi il comizio a Domenica in. Sono le 19.38 quando Baudo, l’aria grave, fissa la telecamera: ”So che stanno uscendo agenzie, politici a favore del festival, politici contro. Politici che s’interessano tanto delle canzoni. Siate seri, occupatevi dei problemi della gente, basta questa divisione: centro/destra/sinistra. Qui c’è un paese che ha bisogno della concordia, e voi mettete in mezzo uno che fa il presentatore. Non mi sono mai voluto occupare di politica perché non ne sono capace, mi piacerebbe ci fosse qualcuno che avesse la capacità di farlo. Pagherò le conseguenze, forse mi cacceranno un’altra volta dalla Rai: andrò porta a porta per chiedere asilo politico”. Un appello choc in diretta che scatena la reazione del pubblico dell’Ariston. Applausi, grida: ”Bravo Pippo” urlano dalle prime file. Sono tutti con lui. Finestra sui titoli del Tg1, quindi si torna a Sanremo: ”Mi scuso se sono stato irruento ma il mio era un invito alla concordia. Viva la Rai”, dirà sui titoli di coda. Che fosse esasperato, si era capito. Un festival di successo offuscato ogni giorno dalle polemiche - i compensi, il fantasma di Bonolis che aleggia, gli screzi quotidiani con Del Noce - una settimana di passione ”tirato per la giacchetta dai politici” [...] La media del 54,27% di share della serata finale è un gran risultato, lo avvicina a quella di Bonolis, 55,08% (che però era durata mezz’ora in meno), ma non festeggia neanche l’ultimo giorno. Volano gli stracci. La Stampa [...] pubblica la conversazione, in un ristorante, tra Del Noce e Guido Paglia, capo delle relazione esterne dalla Rai. Del Noce dice ”l’anno prossimo con Bonolis sarà tutta un’altra cosa, nella fascia dai 35 anni in su non c’è lotta. Con Paolo riusciremo ad accontentare la dirigenza e la pubblicità”. La Rai fa un volantinaggio di comunicati, in cui, di fatto, non smentisce una parola, ma per bocca del direttore generale della Rai Claudio Cappon ribadisce che ”qualunque voce o illazione sul conduttore dell’edizione 2008 è totalmente destituita di ogni fondamento”. Del Noce allude a ”una cena normale tra dirigenti in cui si è parlato di tutti gli scenari in un clima conviviale e non certo di decisionismo” e annuncia che si rivolgerà al garante della privacy. Paglia parla di ”frasi isolate del contesto”. All’ultimo incontro in sala stampa Del Noce siede accanto a Baudo: ”Non ho firmato la clausola come direttore artistico per il 2008” dice il conduttore ”Io non avrei mai parlato di altri personaggi quando ce n’è un altro sulla scena. Qualsiasi smentita non mi soddisfa. Se RaiUno non mi vuole, me ne vado su RaiDue o RaiTre, ho un pubblico che mi segue. Abbiamo fatto più o meno come Bonolis, fortunatamente per noi e per il paese non c´è stato il morto che arrivava a Ciampino”, osserva - con scarsa eleganza - riferendosi alla diretta per il ritorno della bara di Calipari dall’Iraq. Torna sulla polemica con Prodi: ”Ha un’idea sbagliata sulla Rai. Pur essendo suo amico e elettore ho una posizione critica: quest’azienda non va uccisa. Quando arrivano i commercianti finisce anche la minima ombra di cultura”. E boccia la proposta di riforma presentata dal ministro delle comunicazioni, Gentiloni ”Mette fuori mercato la Rai, è esiziale per il nostro Paese. Finiremmo come la Pbs, la tv pubblica americana, a fare l’1%. I soldi andrebbero altrove: dove? Lo sappiamo tutti...”. Piovono le reazioni politiche, Baudo finisce sotto accusa. In mattinata Del Noce aveva tentato un recupero impossibile: ”Ti ho dato carta bianca al festival, non ho mai parlato con Bonolis. Ti ribadisco la stima” ma Baudo scuote la testa: ”Dalla prima serata aveva deciso di non firmare la clausola: voglio che sia la direzione generale a designarmi e io ad avere il diritto di rifiutare. I direttori di rete non devono essere protagonisti. Meglio star zitti che dire cose che possono offendere”. Del Noce non ci sta: ”Da direttore, ognuno fa come vuole. I miei predecessori sono durati poco. Se non t’insegno come s’imposta il festival, tu rispetta i miei risultati”. ”Questo Sanremo è un successo costato il 30% in meno rispetto al 2006” ribatte Baudo ”La Sipra mi ha detto che gli sponsor hanno accettato perché c’ero io. Speriamo, Fabrizio, che in futuro tu non vada a mangiare fuori, che faccia qualche riflessione in più. Le possibilità che rifarò il festival? Zero. [...]”» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 5/3/2007) o Nel 67 sposò Angela Lippi, dalla quale ebbe la figlia Tiziana. Nell’86 ha sposato Katia Ricciarelli (dalla quale si è recentemente separato). Nel 2000 ha riconosciuto Alessandro Formosa, figlio nato da una lontana relazione fine anni Cinquanta. «Nella vita privata ho commesso errori di disattenzione, dovevo sapere che un rapporto va curato e alimentato, non si può pensare che vada avanti per sempre» o La Ricciarelli, dopo la separazione, gli ha chiesto pubblicamente di tornare insieme («Pippo, ma chi ce lo ha fatto fare? Alla nostra età...»). Invocazione a cui ha risposto freddamente: «Non si entra e non si esce da un matrimonio come se fosse una passeggiata» o Fama di ”merolone” accreditata da Novella 2000 (vedi MEROLA Valerio) o Più di un intervento per un tumore alla gola affrontato con grande forza d’animo.