Varie, 13 febbraio 2002
BEARZOT Enzo
BEARZOT Enzo Aiello del Friuli (Udine) 26 settembre 1927, Milano 21 dicembre 2010. Allenatore di calcio. Ct della nazionale campione del mondo nel 1982. Da calciatore giocò con Inter, Catania, Torino. Da ultimo presidente-garante del Settore tecnico della Figc • «Il suo naso, quel naso da pugile che assieme alla pipa ha tracciato i contorni di un’epoca del calcio italiano, lo hanno modellato tre incidenti, come lui stesso ha raccontato: “Tra fratture, mica una. E due causate dai miei compagni. La prima volta ero arrivato all’Inter da poco, partitella, il portiere Soldan grida mia mentre io sono già in aria a respingere di testa, il pugno anziché sul pallone arriva sul mio naso. Operato, raddrizzato, come nuovo. Pronto per la seconda volta, a Trieste, con il Toro. Saltiamo nella nostra area, io per rinviare, Fortunato per incornare verso la porta. Ci sbilanciano, la palla passa un attimo prima, fronte contro naso, altra frattura. Infine, partitella del giovedì al Filadelfia, la nuca del giovane Mazzero contro il mio vecchio solito naso. L’ho tenuto così, una specie di medaglia se non al valore perlomeno al coraggio […] Una carriera da mediano, di quelli d’una volta: tosto e risoluto, la battuta pronta col piattone, la testa a svettare, grazie alla statura torreggiante, per poderosi rilanci; sulla mezzapunta avversaria o sul centravanti non fa differenza […] Di famiglia benestante (papà Egidio direttore di banca a Cervignano), di solida cultura classica, ai tempi del ginnasio frequenta il pallone con successo. Lo nota un dirigente della Pro Gorizia, serie B, e lo porta nel calcio vero. Due anni dopo il sogno diventa realtà con la maglia dell’Inter, ma il gran numero di campioni gli lesina spazio. Una stagione a Catania, che lo matura come uomo e calciatore, poi il Torino, l’amore della sua vita di giocatore, una nuova parentesi in nerazzutto e infine dieci stagioni filate in granata, fino all’addio. Con una sfortunata presenza in nazionale (in marcatura sull’immenso Puskas) […] Nereo Rocco, tecnico granata, gli rivolge l’invito formale: “Ciò, bruto mona, quand’è che ti scominzi a darme una man?”. Non aspettava altro, prende in mano la De Martino, la Primavera […] Dopo quattro anni, quando l’annaspante Prato gli chiede aiuto, si butta e coglie l’obiettivo, conquistando un ottimo nono posto. L’uomo del destino però è Ferruccio Valcareggi, che gli propone di entrare nei ranghi federali, con la prospettiva di un lavoro in profondità. Accetta e segue la lunga trafila, al seguito di zio Uccio ai mondiali del 1970 e 1974, poi alla guida dell’Under 23 e infine, nel 1975, aiutante di campo del Ct Fulvio Bernardini. La scelta desta commenti ironici, Bearzot è “quello del Prato” […] Nel 1977, quando Bernardini si fa da parte con amarezza, diventa commissario tecnico azzurro e comincia la più schizofrenica avventura della storia del calcio italiano. La prima preoccupazione del nuvo ct è la creazione del gruppo […] Sapeva dai tempi di Rocco che un gruppo vincente va fondato su un’ossatura di giocatori se non anziani quantomeno esperti. Gli alberi maestri cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà […] In difesa lanciò prestissimo Scirea, che col tempo sarebbe diventato una leggenda […] A centrocampo Tardelli […] in attacco, prima Bettega e poi Graziani […] Il resto, furono colpi di genio autentici, come la convocazione a sorpresa dei giovani Rossi e Cabrini per il mondiale 1978, quando l’Italia partì per l’Argentina tra i fischi del pubblico e la deplorazione indignata di gran parte della critica, e poi divenne la sorpresa più bella della manifestazione […] Il modulo di Bearzot venne ribattezzato impropriamente “zona mista”, contemplando le tradizionali marcature fisse in difesa e controlli a zona a centrocampo […] Gli entusiasmi svaporarono in fretta nei due anni successivi, tra amichevoli sciape e un Europeo guastato dal calcioscandalo che aveva estromesso Rossi e Giordano, l’attacco titolare. Nell’81 Bearzot è nell’occhio del ciclone […] Quando si accinge a partire per la Spagna nella tarda primavera del 1982, le voci a lui favorevoli sono una sparuta minoranza […] Qualcuno lo dipinge come lo scemo del villaggio, altri come un pugile fin troppo suonato. Dal terreno tecnico la faccenda tracima su quello umano. E quando anche i calciatori vengono presi di mira, scatta la scelta del silenzio stampa […] Insiste e manda ancora Rossi in campo, contro tutto e tutti. E Pablito, miracolo, si sblocca contro l’Argentina e poi trafigge tre volte il Brasile. Un’apoteosi. E continua con la Polonia, fino al gran finale con la Germania. L’Italia campione del mondo […] Assieme ai vincitori, sul carro dei vincitori salgono un po’ tutti, a costo di funamboliche e un po’ patetiche virate di trecentosessanta gradi […] Sbattuta fuori dalle qualificazioni europee, la squadra raggiunge senza troppi stimoli il mondiale messicano del 1986, dove la sindrome da appagamento e l’esiguità del rinnovamento esplodono» (Carlo F. Chiesa, “Calcio 2000” n.4/2001).