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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

BECCALOSSI Evaristo Brescia 12 maggio 1956. Ex calciatore. Dell’Inter, campione d’Italia nel 1979/80, vinse la coppa Italia nel 1977/78 e nel 1981/82 • «Enzo Bearzot, quel vecchietto con la pipa che non si sa più dove sia finito, non lo fece diventare campione del mondo, preferendogli la monotonia e la pallida regolarità di Antognoni […] Campione irrealizzato, mai sbocciato, incompreso […] Dire Beccalossi è come scrivere un saggio sul vacuo, il superfluo, l’inutile […] Dribblava come Maradona, passava la palla come Zidane, sbagliava i rigori (una volta ben due, e Paolo Rossi, il comico, ci montò su uno spettacolo) come Baggio

BECCALOSSI Evaristo Brescia 12 maggio 1956. Ex calciatore. Dell’Inter, campione d’Italia nel 1979/80, vinse la coppa Italia nel 1977/78 e nel 1981/82 • «Enzo Bearzot, quel vecchietto con la pipa che non si sa più dove sia finito, non lo fece diventare campione del mondo, preferendogli la monotonia e la pallida regolarità di Antognoni […] Campione irrealizzato, mai sbocciato, incompreso […] Dire Beccalossi è come scrivere un saggio sul vacuo, il superfluo, l’inutile […] Dribblava come Maradona, passava la palla come Zidane, sbagliava i rigori (una volta ben due, e Paolo Rossi, il comico, ci montò su uno spettacolo) come Baggio. Eppure non fu mai nulla di preciso, di definito e definitivo. Né un campione, né un bidone. Non arrivò nemmeno all’azzurro ma fece vincere all’Inter uno degli scudetti più belli della sua storia. Sorprendeva in ogni giocata e non eccelleva in nulla […] Ballava, danzava, si arrestava, lanciava. Pardòn, pennellava palloni. Infine ripartiva dribblando. Per andare dove non si è mai saputo, visto che di gol ne segnò pochini, ma tutto quel girare inutile e friggere l’aria era la sua arte. Nella pittura, sarebbe stato un surrealista. Nella musica un componente dei Velvet Underground. Né la grandezza celebrata dei Beatles, né il trash odierno degli Oasis. Come scrittore? Jack London, che in realtà fu grande fino in fondo ma nessuno dei criticonzi glielo riconobbe. E come personaggio il giovane Holden» (Matteo Marani, ”Guerin Sportivo” 30/8/2000). «Un esempio del valore drammatico e teatrale del calcio. Non tanto perché è un perdente - non lo è per nulla: all’Inter quasi adolescente vince lo scudetto - ma perché da molti è ricordato romanticamente come un bello e incompiuto. Arrivato a Milano nell’estate del 1978, in un periodo di riflusso, Evaristo non ti ferma neanche Cristo Beccalossi si ritaglia immediatamente il ruolo di calciatore mito. Elegante, sempre a testa alta, destro e sinistro, visione di gioco, specialista nel passaggio ficcante dai venti metri a servire il taglio del compagno in mezzo all’area, la maglia numero 10, il Becca divenne il redentore di una generazione sull’orlo della sconfitta, colui che aveva osato in un paio di occasioni prendersi gioco di Vecchia Signora Juventus. Aveva fatto un tunnel a Furino sul quattro a zero per l’Inter e la cosa non era andata giù a molti. Le porte della Nazionale, feudo incontrastato del clan di Villar Perosa, gli si erano improvvisamente chiuse. Ai Mondiali di Spagna `82 Bearzot gli preferì persino Selvaggi. E il Becca, dodici anni prima di Gianluca Vialli, s’inventò il tifo contro. ”Ho tifato dichiaratamente Brasile, non poteva essere altrimenti. Il Brasile rappresentava la magia, lo spettacolo, il puro divertimento, il calcio come lo intendevo io. L’Italia, invece, era tutta l’opposto. E poi mi aveva voltato le spalle. Non mi aveva dato nessuna possibilità. Nonostante che in quel periodo io fossi di gran lunga il migliore nel mio ruolo”. In quei giorni si parlava molto della ”questione Beccalossi”. ”Se ne parlava tanto prima del mundial. S’era formato un partito pro e uno contro, i beccalossiani e gli anti-beccalossiani. L’apice fu toccato il giorno della partenza per la Spagna, quando una mia giovane tifosa schiaffeggiò Bearzot all’aeroporto. So che ancora oggi il c.t. non ama parlare di quella vicenda. Io, invece, ho oramai metabolizzato. Me ne sono fatto una ragione. La mia carriera è stata bella lo stesso e la gente mi ricorda con affetto anche se non ho vinto il mundial”. [...] [...] Evaristo torna protagonista grazie a Paolo Rossi. Non il calciatore, che fu eroe di Spagna proprio al posto del Becca, ma il comico. In una puntata di Su la testa, una trasmissione della Rai di alcuni anni fa, il comico milanese lesse una lode dedicata ”a due grandi talenti della cultura mondiale, che han fatto sì che alcuni di noi, se pur perdenti, si ritenessero destinati a una vittoria futura e possibile; due talenti nel campo della cultura, della musica, dell’arte, dell’evoluzione in genere: Charlie Parker ed Evaristo Beccalossi”. Del Becca Paolo Rossi parodiava i due rigori sbagliati. ”All’ultima puntata di Su la Testa, Paolo Rossi rifece il monologo e mi invitò sul palco. Lui recitava, descrivendo i miei due errori, e io mi avvicinavo piano piano guardandolo in cagnesco. Alla fine mi fece tirare un rigore con lui in porta. E stavolta segnai”. Beccalossi visse alterne fortune all’Inter. E l’Inter, come spesso le accade, non seppe valorizzarlo. Invece di coprirgli le spalle con corridori alla Lodetti, gli affiancò Hansi Muller, un tedesco atono e asfittico, una copia sbiadita dei panzer teutonici che avrebbero fatto la fortuna della Beneamata qualche anno dopo. Il Becca la prese come sempre bonariamente: ”Anche se fuori dal campo andavamo d’accordo, in campo non potevamo coesistere. Io dissi solamente che preferivo giocare con una sedia piuttosto che con Hansi. Se tiri la palla addosso a una sedia ti ritorna indietro. Se la tiravo ad Hansi invece se la teneva. Fu così che finii a giocare alla Sampdoria”» (Gabriella Greison, Matteo Lunardini, ”il manifesto” 15/1/2004).