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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

Beckenbauer Franz

• Giesing (Germania) 11 settembre 1945. Ex calciatore. Con la nazionale vinse gli Europei del 1972 (secondo nel 1976) e i Mondiali del 1974 (secondo nel 1966, terzo nel 1970), col Bayern Monaco vinse la Coppa Campioni 1974, 1975, 1976, Pallone d’Oro nel 1972 e nel 1976, secondo nel 1974 e nel 1975, terzo nel 1966. Allenatore della Germania campione del Mondo nel 1990 e finalista nel 1986 • «Quando finiva le partite, sempre da protagonista, la sua maglietta era spesso immacolata. Sembrava che gli avversari non potessero sporcarlo, tanto puliti erano i suoi dribbling e inafferrabili le sue percussioni. E anche se non era tutta la verità, perché c’erano sempre uno Schwarzenbeck o uno Schnellinger a imbrattarsi e sgobbare per lui, la leggenda è rimasta: Beckenbauer non suda. [...] ”[...] nel 1966, a 21 anni, io era praticamente già dell’Inter. Avevo un accordo con Italo Allodi. Ma poi l’Italia perse contro la Corea ai Mondiali inglesi e la vostra Federcalcio chiuse le frontiere. Così non sono venuto in Italia. Ma avrei giocato volentieri in quella grande squadra allenata da Herrera, con Facchetti e Mazzola. San Siro mi affascinava, allora il Bayern giocava ancora in uno stadio molto piccolo. Da noi le partite erano il sabato e spesso la domenica venivamo a Milano con gli amici da Monaco per vedere l’Inter o il Milan” [...] Messico 1970, Italia-Germania 4-3 [...] ”Una partita drammatica. Ebbi uno scontro con Cera, il libero. Caddi male e mi slogai la spalla, ma noi avevamo esaurito le sostituzioni. Non me la sentivo di abbandonare la squadra. Così mi fasciarono e giocai i supplementari. Ma quel giorno l’Italia fece la partita della vita”. Nel 1977 [...] andò ai Cosmos a New York... ”I quattro anni più belli della mia vita. Un’esperienza straordinaria, ho imparato l’inglese, mi ha aperto nuovi orizzonti, ha incontrato grandi amici. Venivamo da 14 nazioni diverse: con me c’erano Pelé, Carlos Alberto, Chinaglia, Francisco Marinho. Stavamo molto insieme, anche perché non conoscevamo bene New York [...]”» (Paolo Valentino, ”Corriere della Sera” 22/10/2005) • «Ha impersonato il calcio in tutte le sue espressioni. Ne fu paradigma la sua avventura professionale, avviata come centravanti nelle giovanili del Bayern, proseguita come terzino in prima squadra e poi mediano in nazionale, fino a sublimare come libero il meglio di tutte le espressioni: difensore implacabile grazie all’innato tempismo negli interventi, centrocampista di limpida visione di gioco e millimetrica precisione nelle aperture, attaccante di complemento nelle regali avanzate palla al piede, non di rado concluse con la stoccata vincente. Il tutto, solfeggiato rigorosamente in souplesse, dispensato ad ampie e morbide falcate con il sontuoso stile di chi è nato per comandare e non ha bisogno di alzare la voce per imporsi a compagni e avversari. […] Cominciò a fare sul serio nelle giovanili del Monaco 1860, ma a tredici anni un ceffone di punizione per il coinvolgimento in una rissa in campo indusse il suo orgoglio a chiudersi la porta dietro le spalle per bussare a quella, all’epoca meno prestigiosa, dell’altro club cittadino, il Bayern. Era centravanti, la sua classe bruciò le tappe e a diciassette anni si ritrovò in prima squadra, arretrato a terzino e a mediano, preferibilmente di sinistra, leader naturale di una giovane generazione di campioni, tra cui il portiere Maier e il centravanti Mueller. Il Bayern conquistò la pomozione in Bundesliga, da poco creata, e a vent’anni, il 26 settembre 1965, il futuro kaiser Franz debuttava in nazionale a Stoccolma, nelle qualificazioni ai mondiali (vittoria tedesca per 2-1). A Inghilterra 1966 raggiunse la finale, con quattro reti in sei partite, e venne votato miglior mediano della manifestazione. Il ct Helmut Schoen di lì a poco gli propose una riconversione di ruolo: libero, leader della difesa alle spalle dei marcatori. L’idea era assolutamente geniale, perché geniale ne era il protagonista, che colse l’opportunità per imprimere alla nuova posizione tattica caratteri completamente innovativi. Anziché limitarsi a fare lo ”spazzino” d’area, divenne regista arretrato. Dopo di lui, si dirà semplicemnte: libero alle Beckenbauer. Il resto è nelle cifre: 103 presenze in nazionale con 14 gol […] Lasciò la nazionale a 32 anni per trasferirsi negli Stati Uniti, a cogliere i redditizi frutti del calcio locale. E conquistare, dato che c’era, tre scudetti con la maglia del Cosmos. Chiuse in patria nell’Ambrugo, poi diventò ct all’indomani della disfatta tedesca agli Europei francesi e in otto anni conquistò il secondo posto (1986) e un titolo mondiale (1990). Poi si inventò manager e presidente, ovviamente di successo, alla guida del ”suo” Bayern Monaco» (Carlo F. Chiesa, ”Calcio 2000” n.2 /1999).