varie, 13 febbraio 2002
BELLUCCI
BELLUCCI Monica Città di Castello (Perugia) 30 settembre 1964. Attrice. Modella. Sposata con l’attore Vincent Cassel: «Recita spesso in film stranieri: ”Io mi sento italiana, e finché in Italia continuano a considerarmi un’attrice italiana va bene così. Forse la Francia mi ha offerto più occasioni [...] So che devo molto a Malèna, tutte le ultime occasioni, l’incontro con Andy e Larry Wachowski e quello con Bruce Willis sono avvenuti mentre ero in America per la promozione del film di Tornatore, dopo la sua uscita ho avuto moltissime offerte. Sono stata anche molto fortunata, quando ho lasciato la casa e la famiglia per fare la modella non avrei mai potuto sognare tanto bel cinema”» (’la Repubblica”, 26/11/2001). «Lo scotto che ho pagato per il fatto di provenire dalla moda: ti aspettano col fucile puntato, come se fossi Meryl Streep. Ma io non sapevo niente, catapultata dalla provincia, da una famiglia lontana da tutto questo. Ho dovuto imparare, e sono stata fortunata perché poteva finire dopo due film. [...] Non è importante quello che si fa: puoi anche ballare nuda su un cubo, importante è che sei tu a condurre il gioco e che non ti fai schiacciare” [...] Ha detto che la tv non le interessa perché ”c’è il rischio di diventare la ragazza della porta accanto”. ”Ero ragazzina e c’era un’attrice che mi piaceva molto che un giorno arriva in tv. Di colpo ai miei occhi è caduta. Era diventata troppo vera, a portata di mano. La tv tu la guardi così (dall’alto), il cinema lo guardi così (dal basso). Gli attori non dovrebbero neanche dare interviste. E le star è meglio non incontrarle mai: io ho subìto certe delusioni... A vederle sullo schermo ti facevano credere chissà che, e invece da vicino erano persone così mediocri [...] Importante non è da dove cominci ma dove arrivi. Condurre tu il gioco. Io venivo dalla provincia e la moda era uno strumento per viaggiare, guadagnare, ma non ho mai permesso che qualcuno mi impedisse di essere me stessa. Prendi una donna bellissima che si spoglia per te, si fa pagare e tu non la toccherai mai se ha le palle. Se è soggetto e non oggetto, al di là di quello che fa [...] Sto facendo la vita che mi sono scelta. Nessuno mi ha costretta: potevo benissimo sposare un avvocato o un medico di Città di Castello. Ora, sì, mi accorgo che corro il rischio di perdermi tra set, festival, interviste, viaggi. Ma so che non devo diventare qualcosa che non sono più io. Che la mia vita può diventare sterile. La copertina che dopo due minuti finisce al cesso o il film più bello non ti danno tutto quello che ti danno le cose normali [...] Io non sono stata mai ragazzina, a 14 anni ero già così. Non mi sono mai sentita piccola” [...] Dino Risi, suo primo regista, la chiamava la Manganina. ”Vero e mi ha portato fortuna. Ma Silvana Mangano è intoccabile. La guardo e l’ammiro. Manganina, appunto, piccola piccola”. In una vecchia intervista a Repubblica diceva che per lei il massimo è un panino col salame e subito dopo un altro con la nutella. Bella metafora, ma di che? ”Di come sono io, voglia di salato e subito dopo di dolce. Del fatto che per me tutto è sempre possibile”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 11/2/2003). Nel 2002 ha fatto scandalo al festival di Cannes con il film Irreversible: «In sala il silenzio è teso e pesante durante la sequenza dello stupro, poi, quando la brutalità dei calci e dei pugni di Joe Prestia si abbatte sul corpo inerte di Monica, qualcuno si alza nel buio e cerca l’uscita. ”Sapevamo che è un film a rischio, difficile da digerire, io stessa abbasso lo sguardo in quel momento, ma sarebbe stato preoccupante se un film così fosse stato accettato da tutti. un film che si ama o si detesta, che comunque fa discutere, e proprio queste reazioni mi confermano che ho fatto bene a farlo, perché non bisogna dimenticare il tema della violenza sulle donne. E Gaspare ha girato lo stupro con la giusta durezza, senza compiacimenti né voyerismo [...] Il film non è un crimine, è un film che racconta un crimine. E c’è anche poesia. [...] Adoro le esperienze negli Usa se c’è una bella storia o un regista di talento, ma non ho preso casa a Los Angeles, la mia casa è qui. E un film con Vincent è un grande piacere, un regalo, soprattutto nelle scene d’amore, ci conosciamo, lui mi conosce meglio di chiunque, è vero che in Irreversible usiamo qualcosa del rapporto privato, ma solo all’inizio, il resto è finzione, non vogliamo mettere in piazza la nostra intimità» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 25/5/2002).