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 2002  febbraio 13 Mercoledì calendario

BELLUTTI

BELLUTTI Antonella Bolzano 7 novembre 1968. Diplomata all’Isef. Ex ciclista. Prima del ciclismo il suo sport era l’atletica leggera, praticata per dodici anni, dal 1978 al 1990. Ha primeggiato in almeno 3 discipline: 100 m. hs, 400 m. hs, eptathlon. Ha vinto: 7 titoli italiani; ha conquistato 7 record nazionali; è stata in azzurro 16 volte, ha vinto 3 Coppe Europa, 1 campionato europeo e 1 campionato mondiale juniores. Dal 1985 è primatista italiana juniores, imbattuta, nei 100 m.hs (13’’46). Ha praticato il ciclismo dal 1991 al 2000 vincendo svariati titoli nazionali in diverse specialità e conquistando due medaglie d’oro olimpiche (Atlanta, inseguimento individuale, con record olimpico, e Sydney corsa a punti). Ha giocato anche a basket nel campionato di serie C. Ha partecipato alle Olimpiadi invernali di Salt Lake nel bob a due. Dal 2001 è nella giunta Coni come rappresentante degli atleti. Nell’aprile 2002 era stata nominata ct della pista • «Ha cominciato da giovanissima con l’atletica leggera, arrivando fino al primato italiano juniores dei 100 ostacoli (13’’ 46). Poi ha giocato a basket, in serie C con la Marzola di Trento, si è tolta qualche soddisfazione con gli sci, finché ha capito che la sua strada doveva percorrerla in bici. Pedalando, ha dominato la scena nazionale delle discipline cronometrate (500 metri e 3 km) e della corsa a punti. Poi ha trovato lo sprint per la gloria vincendo l’oro olimpico dell’inseguimento ad Atlanta. La conferma, più clamorosa, è venuta a Sydney, col un capolavoro tattico della corsa a punti. L’oro australiano sembrava lo zenith della carriera. Antonella si è quindi confrontata con la vita, ritagliandosi un posto nella giunta Coni in rappresentanza degli atleti per guadagnarsi da vivere come preparatrice atletica del basket di Rovereto e come giornalista per il ”Gazzettino”. Una vita così piena eppure vuota senza sport agonistico. E allora ecco l’avventura del bob a 2, che l’ha portata fino al 7 ˚ posto (con Gerda Weissensteiner) all’Olimpiade di Salt Lake City. E allora ecco il sentiero che porta ai 500 metri di Atene. ”Quando mi preparavo per il bob ho riscoperto la potenza esplosiva – spiega – . Ho ritrovato le mie caratteristiche veloci ed ho pensato che potrebbero consentirmi di essere competitiva sul mezzo chilometro. una disciplina che ho sempre praticato con buoni risultati, visto che il record italiano è ancora mio. Ma non era disciplina olimpica e non ci avevo mai investito tanto”. [...]» (Pier Bergonzi, ”La Gazzetta dello Sport” 9/1/2004). «Ad Atlanta avevo dedicato il mio oro agli eroi puliti, a quelli senza doping; dopo Sydney, appena sono tornata in Italia, una mattina di ottobre sono stata svegliata dai giornalisti che al telefono mi chiedevano cosa avevo da dire a mia difesa sull’ormone delle crescita. Ero finita insieme a tanti altri, eravamo in sessanta, nello scandalo del Gh. C’è una querela per diffamazione in mezzo. Mi sono sentita a pezzi, avevo già deciso di smettere, ma quel fatto ha affrettato la mia decisione, avevo solo voglia di mollare tutto, di uscire al più presto da un mondo che trovavo poco sportivo, così ho messo all’asta i pezzi della mia carriera, bicicletta compresa, e il ricavato l’ho devoluto ai bambini della Sierra Leone. Non mi abituerò mai alla fame dei bambini africani, sto male quando li vedo. Io ho una sorella sociologa, Luigina, che ha 40 anni e che da tanto tempo vive lì, ha lavorato in Algeria, Togo, Ruanda, ora è nel Burkina Faso. Il bello è che lei mi vede come un mito, come un esempio positivo, mentre trovo che è invece lei a fare grandi cose. I complimenti andrebbero a Luigina, non a me. Ma il mondo gira storto [...] Sul bob ai la sensazione della pressione, che arriva fino a 78 g, c’è un’oscillazione laterale pazzesca, soprattutto in curva, non sai dove attaccarti, perché non c’è sedile, e c’è questa forza che ti squarcia. In più, non vedi niente. La prima prova l’ho fatta a Innsbruck, mi sono detta: vedo come va e decido. Sono stati 50 secondi di terrore. Ma sopportabili. Quando sono scesa ho pensato: non è umano, però è possibile. Non mi ero ancora capovolta, sapevo che dovevo passare anche attraverso quell’esperienza. Ma nel bob ho trovato un’ambiente vivace, allegro, diverso dal ciclismo. Sarà che per le donne è una specialità giovane, sarà che ci devi mettere vitalità, sarà che tutte hanno un passato sportivo alle spalle, chi nell’atletica, chi nello slittino, c’è anche una comandante di un jet 727 dell’American Airlines. A me gli ultimi anni di preparazione sulla bicicletta, molto solitari, erano costati tantissimo: fatica molta, rapporti zero. Il ciclismo spegne. Anche quando arrivi bene, forse perché è un pellegrinaggio logorante in cui più che agli altri chiedi a te stesso [...] Io sto nell’ambiente da 25 anni, avevo iniziato con l’atletica, corsa ad ostacoli, e con il mito della Simeoni, trovo normale dare un contributo anche riflessivo. Certo che mi sorprende il divario tra chi fa sport e chi governa il settore. Quando sento dire sul doping che i calciatori hanno diritto ad avere pene più brevi perché non si può rovinare la loro carriera e che per loro sei mesi di stop equivalgono a due anni di squalifica di uno dell’atletica, mi chiedo come fanno i dirigenti a pensare una cosa così. Hanno mai corso? Si sono mai allenati?”» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 2/1/2002).