Varie, 13 febbraio 2002
BENETTON
BENETTON Luciano Treviso 13 maggio 1935. Imprenditore. Fondatore e presidente del colosso dell’abbigliamento (presente in 120 nazioni, 110 milioni di capi l’anno, per un fatturato totale di 1,9 miliardi di euro prima delle vendite al consumatore finale). «Esponente dell’operoso Nord-est, l’indutriale tessile è il mecenate che foraggia l’arte allucinata di Oliviero Toscani, il fotografo che tra un punto a croce e un telaio fabbrica la felicità felpata delle generazioni occidentali. In un certo senso è la Coca-Cola dell’abbigliamento. La divisa che offre, ovviamente, è buonista, cheguevarista, poveraccista» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 3/10/1998). «[...] l’inaugurazione della prima fabbrica [...] a Ponzano Veneto: il ministro Caron di tre quarti, la sorella Giuliana stretta in un cappottino chiaro e lui, Luciano, alto e magrissimo, quasi irriconoscibile con quegli occhialoni dalla montatura scura. Il 13 settembre del 1965 era stata costituita ufficialmente la Benetton e in famiglia si respirava un grande ottimismo. ”Il clima era giovane allora”, ricorda Luciano, ”stava emergendo un Italia non tanto conosciuta, non ancora sviluppata. Ognuno si faceva largo con i propri mezzi. E noi ci siamo lanciati [...] Io allora non sapevo nulla, non conoscevo i mercati, non avevo esperienza. Però capivo che qualunque problema si può risolvere trovando le persone giuste con le idee chiare, così diventa tutto facile e divertente. [...] Prima ci sembrava un grande obiettivo svilupparci Italia. Poi è stata la volta dell’Europa. Un bel traguardo anche quello ma è bastato raggiungerlo per renderci conto che l’Europa è un piccolo paese e che bisognava puntare sui mercati emergenti. [...] Fino al 1978 abbiamo fatto poca pubblicità. Il nostro problema era un altro: non riuscivamo a soddisfare il mercato. La nostra crescita era così forte che ci mancava la capacità produttiva [...] Toscani è arrivato nel 1982 e il suo apporto è stato importantissimo. Ma anche la Formula Uno ha dato valore aggiunto a un prodotto che andava per conto proprio. In realtà la pubblicità ci ha reso unici aiutandoci ad esprimere emozioni, a comunicare il nostro mondo. La pubblicità ha contribuito a costruire la nostra identità nella mente della gente. Lo stesso discorso vale per la Formula Uno [...] Abbiamo vinto tre campionati del mondo e abbiamo avuto un’esposiziome mediatica molto alta per tanti anni. Per noi la comunicazione è sempre stata un prodotto dell’azienda, un modo per trasmettere la cultura di tutta l’impresa. E questo spiega perché abbiamo fondato Fabrica, il nostro laboratorio di ricerca sui nuovi linguaggi della comunicazione, che consideriamo un avamposto di ricerca [...]”» (Giorgio Lonardi, ”la Repubblica” 13/9/2005). «Mia sorella Giuliana faceva la maglia per un negozietto e un giorno mi regala questo maglione giallo. Beh, tutti lo volevano disperatamente, stanchi dei colori necrofili dell’epoca. Ma nessuno, a parte me, ce l’aveva. [...] Allora ho detto: dai proviamo, tu fai e io vendo. Abbiamo comprato una vecchia macchina che faceva le righe alle calze a rete, la vendevano al peso del ferro, e l’abbiamo trasformata. Da lì non ci ha più fermato nessuno [...] Il mio primo negozio l’ho aperto in un vicolo cieco di Belluno con un idealista rivoluzionario di nome Marchiorello. Era un bugigattolo spartano targato ancora My Market, il nostro primo marchio. Vendevano solo maglioni dai colori sparati. Erano le tinte di Kandisnky e di Klee. Successo pieno. L’anno dopo aprivamo a Cortina, che per noi era come il Lidò. I colori erano il nostro tatuaggio. Lì abbiamo avuto una delle intuizioni guida. Vendevamo alle signore impellicciate e ai ragazzi allo stesso prezzo: 3.900 lire. Dunque il mercato dei giovani e quello degli adulti si era finalmente sovrapposto [...]» (Stella Pende, ”Panorama” 8/10/1998). «"Ricordo il mio fiume, il Sile. In quelle acque, per anni, ho fatto canottaggio. C’erano nel Sile molte correnti sotterranee, anche se in superficie non le vedevi. In quei momenti capisci quanto è efficace un equipaggio e, soprattutto, il valore del timoniere. La nostra azienda è nata all’inizio degli anni Sessanta, un periodo difficile per il paese; è in quei momenti di crisi che devi impegnarti, cercare un’idea nuova, andare dove nessuno ti può attaccare”. [...] Salutista convinto che non conosce lo stress (’Non mi è mai capitato di non dormire per qualche problema") Luciano Benetton è uomo di stoffa indistruttibile; ancor giovane sul Sile ha capito che, per arrivare al traguardo bisogna essere ben allenati e dar di remo, colpo su colpo. [...] Da anni, ormai, fa la spola da una costa all’altra degli Oceani, è stato il primo ad aprire a Shanghai un megastore con un marchio occidentale (da pioniere evita gli eccessivi entusiasmi di chi scopre solo adesso la Cina) ed Edizione Holding, la finanziaria della sua famiglia, nel ”91, ha comprato 900 mila ettari di terra in Patagonia (allevamenti di 260 mila pecore e montoni, più di un milione di chili di lana l’anno). [...] Sognava di gareggiare alle Olimpiadi di Roma nel 1960, Luciano Benetton. Non ce la fece. Andò lo stesso ai Giochi con l’amico Giorgio. Avevano risparmiato per comprare i biglietti delle gare e la notte dormivano nell’appartamento del signor Reteuna, un conoscente di Giorgio, che era in vacanza. Gli azzurri del canottaggio vinsero, quell’estate, tre medaglie; due d’argento nel quattro senza e nella canoa e una di bronzo nel quattro con. Escluso dai giochi l’atleta Benetton - aveva 25 anni - riuscì proprio in quei giorni ad azzeccare la corrente migliore della sua vita girovagando tra una gara e l’altra nelle vie della capitale. Atleti di tutte le razze, bandiere, vetrine dai capi colorati, ”e commercianti giovani, motivati, fantastici come oggi non ne trovo più”. Era nato il suo mondo: al ritorno a casa, il primo campionario. ”Laura, per favore, mi porti quella lettera?”, chiede Luciano. L’ha ricevuta due anni fa; mittente la figlia di quel tale Reteuna. Lei l’ha trovata tra le carte del padre, lui ora la tiene a casa, incorniciata. ”Egregio signor Reteuna...è stato troppo gentile con me e Giorgio, le sarò perennemente in debito”. E poi: ”Le mando un pullover come titolo di riconoscenza con la speranza di aver indovinato la misura”. Treviso, 28 settembre 1960» (Chiara Beria d’Argentine, ”La Stampa” 26/7/2004). «Mi sento un industriale che con il suo lavoro riesce ad avere molta soddisfazione. Vedo molta gente, contatto persone interessantissime. Sono molto fortunato. L’industriale è una categoria, una professione che mi ha interessato fin da ragazzino. seguire un’idea da quando nasce a quando è venduta e messa sul mercato. […] Sono una persona estremamente normale e anche senza caratteristiche personali forti. Ho però cercato molto la collaborazione degli altri. Mi sento bene in mezzo al mondo. Non isolato. Ci sono molte occasioni di arricchimento. Io ho caratteristiche organizzative, mi piace prendere responsabilità e conoscere i miei limiti» (Alain Elkann, ”La Stampa” 24/5/1993).