Varie, 13 febbraio 2002
BENVENUTI
BENVENUTI Alessandro Pelago (Firenze) 31 gennaio 1950. Attore. Regista. «Precocissimo, a soli quattrodici anni è caratterista in una filodrammatica parrocchiale. In seguito farà un po’ di tutto: dal folksinger al cantante rock, dal mazziere in una banda musicale al percussionista jazz. A ventidue anni fonda, insieme ad Athina Cenci e Paolo Nativi, il gruppo cabarettistico dei ”Giancattivi”, di cui per dodici anni curerà i testi per il cabaret, il teatro, il cinema e la televisione (entrerà poi nel gruppo Francesco Nuti) […] Nel 1978 esordisce in televisione» (Dizionario dello Spettacolo del 900, a cura di Felice Cappa e Piero Gelli, Baldini&Castoldi 1998) • «[...] II suo professore di ginnastica, che vedete qui divorare iI cappello dalla rabbia, comava mol to su un ragazzo dalla norevole altezza. Ma, ahirne, 10 provo in svaciate discipline senza raggiungere grandi risultati. [...] Al bar della Casa del Popolo non entro mai tra i tirolari di una sola disciplina: a briscola e tressette non trovava compagni disponibili, a scopone era una frana, a boccette ruppe due vetri della finestra. Non gli restavano che le stecche. Ma bastava un solo spettatore perche gli tremassero le mani e non realizzasse una sola buca. Provò con la musica, allora era di moda. Ebbe in regalo una chitarra e trovo qualche arnico pronto a dargli retta, emuli dei Dik Dik, dei Camaleonti e dei Rocks. Siccome non aveva molti quattrini disponibili per comprarsi uno strumento elettrico optò per il canto. Il gruppo [...] si chiamava Vercingetorige Six Company [...] a sedici anni, praticamente ”bruciato”, Alessandro Benvenuti prese la via della città. In quella oscura e spensierata selva urbana si fece accompagnare dall’unica vera amica della sua misera esistenza, la chirarra. [...] All’epoca si definiva, con largo beneficio di inventario, ”folksinger”, per via di due-tre canzoncine strampalate che aveva buttato giu nei momenri di noia. [...] Aveva ormai diciotto anni e i passi compiurt dalla natia San Francesco di Palago, abbandonando il protettivo rifugio del parroco e allentando il tepore della famiglia, prima verso la vicina e lomana Pontassieve (i paesi sono divisi e uniti da un ponte mediceo, un ponte nuovo e un ponte ferrovia, ma la distanza sociale e culturale è enorme, specialmente per chi proviene dal primo borgo, quello più piccolo, quello minore), e poi verso la sterminata metropoli fiorentina (tentando di identificarsi in qualcuno e qualcosa che ancora non trovava), lo avevano esposto come un novello Pinocchio alle più svariate insidie. Tra queste c’era naruralmente il jazz. Quando fu ingaggiato in qualità di percussionista nel Jazz Cabaret Voltaire gia qualche componente preventivava che la sua fosse una momentanea e lasciva passione. [...] A sottrarlo al complesso era atato l’inevitabile servizio militare. Nella divisione ”Mantova”, con sede a Palmanova, in Friuli, fu integrato nella banda musicale in qualita di mazziere, sempre in considerazione della sua innegabile caratteristica, l’altezza. Cio, e bene chiarire, non gli garantì il posto. Infatti fu rerrocesso timballista a causa delle sue intemperanze. [...] Da allora Benvenuti subì l’onta di successive retrocessioni finché non venne incaricato di ricavare tamburi da bidoni. Era un’operazione a rischio, tesa a screditarlo, in quanta la mazza cbe batteva suI tamburo fasullo finiva inevitabilmente per sfondarlo. Escogitò allora un sistema per salvare la faccia. Quando doveva battere un colpo faceva semplicemente ”Bum!” con la bocca. L’effetto era identico e lui otteneva due risultati in un sol colpo: non rompeva la pelle e non gli rompevano Ie palle. Ormai consumato in ogni settore artistico, Benvenuti rientrò a casa dal militare accompagnato da una mazza da tamburo. Fu alloora che, girando per il paese natìo, capì che non c’era bisogno di girare il mondo. II mondo stava lì, racchiuso tra la Casa del Popalo e la parrocchia, il campo di calcio e la stazione degli autobus. Era il 1972, l’anno in cui si senti davvero libero, come uno schiavo liberato dal peso delle catene, un ”Giancattivo”, appunto. Quando incontrò Athina Cenci e Paolo Nativi non ci fu bisogno di tante premesse. I ”Giancattivi” erano una necessità storica, lui lo sapeva. La satira cabarettistica non aveva mai sfondato nelle Feste dell’Unità e nelle Case del Popolo ancorate rigorosamente a Bertolt Brecht e 1 maestro di Pietralata. I ”Giancattivi” entrarono di prepotenza in quel mondo serioso in cui si guardava con sufficienza e distacco coloro che si dilettavano in ironia e autoironia. II trio non si perse d’animo e, creando l’Humor Side all’interno di quella mitica roccaforte rossa della Società di Mutuo Soccorso di Rifredi, introdusse la satira nella sinistra ufficiale. Quando poi arrivò il boom catodico, ecco il trio conquistarsi uno spazio televisivo di rilievo. Ancora oggi capita spesso in qualche remake, compilation e in qualche puntata di Schegge di vedere quei tre strampalati fiorentini. [...] alla costante presenza di Benvenuti e della Cenci, fa da riscontro una costante mutazione del terzo ”incomodo”: dopo Nativi ecco Franco di Francescantonio, Tonino Catalano, Francesco Nuti e Daniele Trambusti. Il triangolo, no, non l’avevo considerato, canterà qualcuno in seguito... Siamo al 1981 e Benvenuti, Cenci e Nuti si avviano a quelloo che sara il loro vero sbocco professionale: il cinema. Ad ovest di Paperino [...] è giudicato un film generazionale. Il surrealismo dei tre squattrinati protagonisti fu invece un buon viatico per un genere di futuro successo, quelloo toscano e fu un buon viatico anche per i tre interpreti che trovarono la loro realizzazione come solisti. vero, ci fu ancora un film corale, Era una notte buia e tempestosa [...] ma oggi appare it canto del cigno dei ”Giancattivi”. Per un personaggio come Alessandro Benvenuti, abituato al vecchio e amato ”collettivo”, la solitudine dell’autore divenne quasi una malattia [...] Allora si rituffò nel teatro interpretando Corto Maltese di Ongaro-Pratt-Mattolini, poi Marta e il Cireneo di Ugo Chiti e nell’86 iniziò una serie di spettacoli teatrali e quindi di trasposizioni cinematografiche [...] incentrate sulla famiglia e sugli interni toscani: W Benvenuti, Benvenuti in casa Gori, Ritorno a casa Gori. Alessandro Benvenuti e diventatoo una fucina operosa filmando [...] opere cinemarografiche, decine e decine di testi teatrali e alcune trasmissioni televisive. [...] Alla Toscana industriale di Benigni, alla Toscana laniera di Nuti, alla Toscana goliardica di Pieraccioni, Benvenuti contrappone una Toscana autentica. Il suo villaggio diventa villaggio globale, un po’ come quello di Monsieur Hulot. Passato, presente e futuro sembrano fondersi in un ”non tempo” che puo condurre ditettamente dall’Ottocenro al Duemila. La resistibile resisrenza di Gino, personaggio chiave della saga dei Gori [...] è il simbolo di questa Toscana autentica che, seppure inurbata, costretta a confronrarsi con la modernità, a fare i conti con una fantasiosa e malamente incrociata parentela, obbligata a lottare con l’inelurrabilità del rempo, mantiene una carica di rozza saggezza, una sorra di ”coscienza rustica”, come la definisce lo stesso Benvenuti. [...]» (Marco Ferrari, ”diario” 16/4/1997).