Varie, 13 febbraio 2002
BENVENUTI
BENVENUTI Nino Isola d’Istria (Slovenia) 26 aprile 1938. Ex pugile. Campione del mondo dei pesi medi (nel 1967 e poi dal 1968 al 1970), medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960. «In diciott’anni di pugilato ha rastrellato ogni sorta di titoli: nazionali, europei, olimpionici e mondiali. Centoventi incontri da dilettante, macchiati da un’unica discutibile sconfitta, che tenterà invano di tenere segreta. Un percorso trionfale, che si conclude con la conquista della medaglia d’oro a Roma ’60, autorevole lasciapassare per una straordinaria carriera professionistica. La sede preferita delle sue imprese è Roma, dove il Palasport dell’Eur è puntualmente colmo quando sul ring c’è lui. Il titolo nazionale dei medi è il primo traguardo, mentre l’Italia dei pugni si spacca in due per una rivalità tra Nino e Sandro Mazzinghi che ricorda quella innescata nel ciclismo da Bartali e Coppi. Si dice che Benvenuti piaccia agli spettatori dal palato raffinato, quelli che privilegiano stile, tecnica ed eleganza, mentre Mazzinghi è uno spericolato guerriero che entusiasma soprattutto chi ama le emozioni forti. Inevitabile che si arrivi a una sfida, programmata il 18 giugno 1965 a San Siro, dove Nino confeziona un capolavoro. Il suo colpo prediletto è il gancio sinistro, ma sul ring milanese è un montante destro, lungamente preparato in allenamento, a stendere al sesto round Mazzinghi, che al rivale consegna il titolo mondiale dei medi junior. Sconfitto faticosamente Mazzinghi nella rivincita romana di sei mesi dopo, Benvenuti conquista anche il titolo europeo dei medi. Una marcia che sembra inarrestabile si blocca però nel ’66 a Seul, dove il sudcoreano Ki Soo Kim gli infligge il primo insuccesso da ”prof”, complice anche una misteriosa rottura delle corde sul ring. Stanno intanto per arrivare le tre indimenticabili notti di New York, che tengono svegli milioni di italiani, incollati prima alla radio e poi alla tv. Sono le notti in cui Benvenuti affronta per tre volte Emile Griffith, chiudendo il trittico con due vittorie e una sconfitta e riportando definitivamente in Italia il titolo mondiale dei medi, per difenderlo in seguito contro Don Fullmer, Scott, Rodriguez e Bethea. Affiorano nel frattempo, sempre più evidenti, gli screzi tra Nino e la moglie Giuliana. Pettegolezzi, accuse, ripicche, tradimenti, gelosie. Benvenuti è addirittura costretto a chiudere pubblicamente, con una grottesca conferenza stampa, la sua relazione con Nadia Bertorello, una bella fotomodella bolognese che sta per dargli una figlia e che trent’anni più tardi diventerà la sua seconda moglie. Sul ring è invece in agguato uno sfidante argentino del quale vengono probabilmente sottovalutate le qualità. Carlos Monzon, che il 7 novembre 1970 strappa a Nino il titolo mondiale. Sei mesi dopo a Montecarlo la rivincita conferma la superiorità del campione indio, al quale soltanto un Benvenuti più giovane e meno logoro avrebbe forse potuto opporsi validamente» (Mario Gherarducci, ”Corriere della Sera” 8/5/2001). «Il 17 aprile del 1967 uomini e donne che non avevano mai lasciato l’ombra delle proprie case a Little Italy s’avviarono al Madison per assistere al suo trionfo. C’era una New York di paisà imbandierati attorno al quadrato. Quando fu proclamato campione del mondo, al centro del ring, assieme ai tricolori, sventolavano i fiaschi di Chianti. Era un uomo felice. Continuò ad esserlo sino al momento in cui Monzon, una belva camuffata da picchiatore periferico, non rivelò con un’esplosione di fuoco la sua vera natura. [...] La notte del 7 novembre del 1970 Carlos Monzon gli sparò in faccia un colpo che sembrava il gemello d’una mazzata da baseball [...] Dall’esplosione alla discesa definitiva del sipario, trascorse poco tempo. [...] Non si è fatto depennare dalla boxe. Lo guardi, lo ascolti e ti vengono i dubbi. Ma davvero ha abitato lo stesso mestiere di quelli che, appena sentono il din don d’una campana, si mettono in guardia e puntano terrorizzati un inesistente nemico? Proprio lo stesso mestiere. Ma lui era strepitosamente bravo, un virtuoso della propria conservazione, e il grande traguardo, il titolo di campione del mondo, l’aveva raggiunto, era stampato non nei sogni, ma nella realtà. Aveva conservato la spavalderia per affrontare il secondo atto, quello della quotidianità in abiti borghesi, strizzando l’occhio al suo sinistro e mimando il gancio contro le avversità» (Gianni Ranieri, ”La Stampa” 14/2/2001). Ultimo match a Montecarlo l’8 maggio 1971: «Nel famoso combattimento contro Monzon, dopo tre riprese di un incontro ancora tutto da vivere, vidi volare sul ring quell’asciugamano che avrebbe decretato una resa definitiva, irreversibile. Non servì che dopo tre secondi avessi calciato il telo in platea. Quella volta, nemmeno le disperate proteste poterono nulla contro il destino che stava scrivendo l’ultimo capitolo della mia vita di pugile. Forse, ma lo capii più tardi, era giusto che si chiudesse così, nella maniera in cui ho sempre desiderato che finisse. Mai avrei accettato di abbandonare il ring da campione. Mi sarebbe sembrato di evitare l’ultimo sfidante per paura di perdere. Fu così che quella notte, a Montecarlo, finì la mia carriera di pugile. Se avessi rifiutato di incontrare Monzon, la prima volta a Roma e poi a Montecarlo, avrei potuto continuare ancora. Sì, certo, ma per quanto tempo e con quale spirito, sapendo di aver evitato il migliore?» (Gianni Romeo, ”La Stampa” 26/2/2001). «’Se non ho potuto salvarlo come pugile, l’ho salvato almeno come uomo”. Chi parla è Bruno Amaduzzi, il manager bolognese che ha guidato l’intero decennio tra i ”prof” di Nino Benvenuti. la sera dell’8 maggio 1971, un sabato. La città è Montecarlo, il ring quello sistemato sul prato dello stadio Louis II. Da poco è calato il sipario sulla carriera di Benvenuti, da molti considerato il miglior pugile italiano di sempre. Una conclusione drammatica, artefice la terrificante potenza di un picchiatore argentino, Carlos Monzon, che lo aveva già messo k.o. sei mesi prima a Roma, strappandogli il titolo mondiale dei medi alla dodicesima ripresa. Monzon a Montecarlo fa più in fretta a sbarazzarsi del rivale: getto della spugna all’inizio del terzo round. Dodici ore più tardi, seduto nella hall di un albergo di Montecarlo, il trentatreenne pugile istriano ufficializza il proprio ritiro, che sarà definitivo nonostante qualche allettante offerta per tornare sul ring. ”Avrei voluto chiudere diversamente - riferisce - ma è andata così. Io sarò sempre convinto che la decisione di fermare la rivincita con Monzon sia stata frettolosa”. Col trascorrere del tempo la convinzione si sarebbe però incrinata. ”Per me fu un’umiliazione immensa, non ero preparato a una tale mortificazione - ha scritto nella sua autobiografia, intitolata Il mondo in pugno - ma a distanza di trent’anni ho apprezzato il gesto di Amaduzzi. Per lui ero arrivato al traguardo come atleta”. C’è chi insinua che l’asciugamani Amaduzzi lo tenesse pronto sulla spalla da sei mesi. Da quando cioè Benvenuti s’era imbattuto per la prima volta nei pugni inesorabili di Monzon. I timori del manager erano lievitati allorché Nino, avviato verso la rivincita con l’argentino, aveva voluto sostenere un match di collaudo a Bologna, dove un pugile quasi sconosciuto, José Chirino, lo aveva clamorosamente sconfitto ai punti dopo avergli inflitto un paio di k.o. Un campanello d’allarme che Amaduzzi ha finto di non ascoltare, ufficialmente perché ritiene che Benvenuti meriti una prova d’appello. In realtà, si sussurra che il manager abbia ceduto alle insistenze di Nino per consentirgli di raggranellare un’ultima manciata di milioni, visto che il miliardo guadagnato in dieci anni di carriera si sta ormai dileguando, complici anche i disinvolti sperperi della moglie Giuliana» (Mario Gherarducci, ”Corriere della Sera” 8/5/2001). «La prima volta che l’ho visto combattere è stato quando ha vinto le Olimpiadi di Roma [...] Quella finale Nino la vinse facilmente senza bisogno di dare il meglio. Come in tutta la sua brillante carriera in maglietta gli era bastato il jab sinistro per dettare i tempi dell’incontro, per tenere in soggezione un avversario già rassegnato alla sconfitta. L’annuncio del verdetto fu una formalità [...] Da professionista l’ho visto nel secondo incotro della carriera, una facile vittoria contro un certo Nicola Sammartino. Ho capito che sapeva picchiare. Il jab sinistro era il baricentro della sua boxe, ma il gancio sinistro e il montante destro erano le armi con cui poteva risolvere un incontro con un colpo solo, una qualità rara. Ricordo che il quinto incontro da pro lo sostenne a Milano contro lo jugoslavo Nick Maric. Probabilmente era poco allenato, vinse ai punti in sei riprese soffrendo molto nel finale. ”Tuttosport” fece una piccola inchiesta chiedendo un parere sulle possibilità di Benvenuti da professionista. L’opinione più favorevole fu la mia, la più negativa quella di Vittorio Strumolo, l’organizzatore milanese che aveva puntato su Sandro Mazzinghi, e che riteneva che Nino non avesse la tenuta necessaria per le lunghe distanze. [...] Il primo marzo 1963 Nino diventava campione italiano dei medi mettendo k.o in undici riprese il modenese Tommaso Truppi. Erano i tempi in cui il titolo italiano contava qualcosa. . Il 31 agosto dello stesso anno difese quel titolo contro il sardo Francesco Fiori [...] Fiori mi aveva fatto un piccolo ricatto, chiedendomi in extremis un aumento della borsa [...] A Priverno andai negli spogliatoi e dissi a Nino: ”Se lo metti ko mi fai un favore personale”. Vinse in tre riprese [...] Ci fu un brivido quando incontrò a Roma Lou Gutierrez, un picchiatore terribile. Alla seconda ripresa andò al tappeto, piuttosto scosso ma ebbe la forza di rialzarsi quasi subito, poi l’arbitro lo aiutò per cui molti spettatori, ricordando male, pensano che l’arbitro abbia contato lentamente per consentirgli di rialzarsi. Comunque vinse in sette riprese. [...] Benvenuti continuava a vincere, le riunioni andavano bene ma qualcosa cominciò a non funzionare con Amaduzzi. Mazzinghi era diventato campione del mondo eppure faceva perdere soldi al suo organizzatore, Benvenuti era solo campione d’Italia e le cose andavano bene per tutti [...] Amaduzzi firmò per un match tra Benvenuti e Mazzinghi da svolgersi a Milano, stadio di San Siro, il 18 giugno 1965 [...] Nino era sicuro di vincere ma la grancassa attorno a Mazzinghi lo aveva preoccupato e si era allenato come non mai. Mazzinghi aveva paura del gancio sinistro e stava attento, così Nino lo prese con un montante destro mettendolo ko alla sesta ripresa, un capolavoro [...] Nino divenne campione d’Europa dei medi mettendo ko Folledo, poi affrontò di nuovo Mazzinghi, questa volta senza un’adeguata preparazione. Lo mise al tappeto nella seconda ripresa, soffrì nel finale ma vinse netto [...] Per seguire Nino a New York nel primo match contro Griffith riuscii ad organizzare nove voli charter. Alcuni amici volevano scommettere e mi pregarono di informarmi. Ne parlai a Brenner, mi disse che Nino era pagato 9 contro 5 e che bastava che gli portassi i soldi. Raccolsi 20 mila dollari, il giorno dopo il match Brenner me ne consegnò 56 mila, i 20 mila della posta più 36 mila della vincita [...] Il match fu emozionante per i due kd (andarono a terra una volta ciascuno), entusiasmante per la conclusione e la festa italiana ma quando l’ho rivisto qualche anno dopo mi è piaciuto di meno. Troppe tenute, poca boxe. L’ho riproposto per Canale 5 con Nino e Griffith in studio, forse Griffith si è convinto di avere perso. [...] Benvenuti perse la seconda sfida, allo Shea Stadium nel settembre del 1967, vinse la terza nel nuovo Garden il 4 marzo 1968. Quest’ultimo match non è stato il migliore di Nino ma fu un capolavoro tattico. Benvenuti non aveva la condizione per fare 15 riprese di tre minuti. Tecnica e mestiere lo aiutarono a tenere il match in equilibrio, nella nona ripresa gli riuscì di mettere giù Griffith e quel knock down gli diede il titolo [...] Nino difese il titolo a Napoli contro Fraser Scott. Brutto match, vinto per squalifica di Scott alla settima ripresa. L’arbitro italiano Tony Gilardi, sceso dal ring, mi chiese: ”Ho fatto bene?”. ”No!” gli risposi secco. Il giorno dopo Amaduzzi mi disse: ”Dottore, siamo alla frutta” [...] Amaduzzi accettò per avversario di Nino Carlos Monzon senza averlo mai visto. Il ko subito il 7 novembre 1970 a Roma fu terribile [...] Ormai Nino aveva dato troppo alla boxe [...] Benvenuti è stato certamente il pugile più popolare e più importante che l’Italia abbia mai avuto [...] La gente lo considera il miglior pugile italiano di ogni tempo e poco importa se io non sono d’accordo» (Rino Tommasi, ”Guerin Sportivo” 12/7/2000). Vedi anche: Enzo Fileno Carabba, ”Sette” n. 48/1998.