varie, 13 febbraio 2002
BERARDINELLI
BERARDINELLI Alfonso Roma 11 luglio 1943. Saggista. Critico letterario. stato docente universitario di Storia della critica e di Letteratura contemporanea in varie università italiane. Si è interessato soprattutto di poesia moderna, della forma ”Saggio” e dei rapporti fra intellettuali e potere. Nel 1985 ha fondato con Piergiorgio Bellocchio la rivista satirica e autobiografica ”Diario”. Libri: Il critico senza mestiere, L’esteta e il politico, La poesia verso la prosa, L’eroe che pensa. Disavventure dell’impegno • «[...] intellettuale ”di sinistra” [...] critico letterario brillantissimo, che l’anticonformismo non lo pratica soltanto a parole: qualche anno fa lasciò l’insegnamento universitario per dedicarsi semplicemente all’attività di saggista ”senza posto fisso” [...]» (Dino Messina, ”Corriere della Sera” 19/1/2005) • «[...] Non ho mai la certezza di avere un pubblico e, tantomeno, di conoscere le sua caratteristiche. un problema, sì. Ma anche uno stimolo perché è meglio l’incertezza che sapere in anticipo quale settore dell’opinione pubblica ti approverà. Un autore che scrive qualcosa di originale non conferma idee già acquisite. La cosa più interessante è rompere o superare certe preconcette divisioni ideologiche. Quando scrivo, mi sento un individuo che parla ad altri individui [...] Penso che la critica sia un genere letterario che richiede immaginazione e inventività. Oggi, come ogni altro scrittore, il critico deve ridefinire anzitutto davanti a se stesso i termini della propria attività e del proprio stile intellettuale. La distinzione tra creativo e non creativo mi sembra fuorviante. Francesco De Sanctis è stato uno degli scrittori più creativi dell’Ottocento italiano. Altrettanto si può dire, nel Novecento, di Erich Auerbach, di Walter Benjamin, di Giacomo Debenedetti [...] Non sono molti i romanzieri che abbiano prodotto qualcosa di più originale e avventuroso dei saggi di George Steiner o, in Italia, di Cesare Garboli... [...] Tutti noi siamo nelle mani del sistema dei media. Possiamo cercare con qualche astuzia di usarlo al meglio, ma modificarlo è quasi impossibile: ci trascende. Oggi poi nessuno domina intellettualmente la realtà come poteva avvenire per certi intellettuali dell’Ottocento o anche del primo Novecento [...] Se George Orwell non avesse pubblicato 1984, il suo ultimo romanzo, nel 1949, gli anni della guerra fredda, e non fosse stato utilizzabile in funzione antisovietica, sarebbe rimasto uno scrittore di scarsa fama. Se sei funzionale e utile a una parte politica diventi importante e influente, altrimenti no [...]» (Luigi Vaccari, ”Avvenire” 14/9/2005).