Varie, 13 febbraio 2002
BERNABEI
BERNABEI Ettore Firenze 16 maggio 1921. Dal 1956 al 1960 ha diretto ”Il Popolo”, organo della Democrazia Cristiana. Dal 1961 al 1974 Direttore generale della Rai: la sua dirigenza della tv pubblica ha segnato un’epoca. Uscito dalla Rai alla vigilia della riforma del 1975, è stato direttore dell’Italstat. Nel 1993 ha fondato la casa di produzione Lux Vides che ha prodotto, tra l’altro, una serie di film televisivi ispirati all’Antico Testamento. «L’uomo che ha plasmato la Rai negli anni d’oro del monopolio - fu il potentissimo direttore generale dal 1961 al 1974, attraverso quattro Parlamenti e 14 governi [...] ”Io ho sempre avuto un obiettivo preciso: fare in modo che gli italiani andassero a dormire con qualche soddisfazione. Volevo informarli, educarli, divertirli, con qualcosa che contribuisse a farne dei buoni cittadini [...] ho sempre cercato di avere il massimo rispetto per il pubblico, anche nei suoi modi di vedere a volte limitati, superati”. [...] la censura della Canzonissima di Dario Fo e Franca Rame [...] ”Fu un passo doloroso ma inevitabile. C’erano appena stati, a Roma, scontri di piazza violentissimi: gli edili in sciopero avevano tirato i sanpietrini sui poliziotti, mandandone una ventina in ospedale. E all’ultimo momento Fo cambiò il suo sketch, proponendone uno nel quale un costruttore, per ogni operaio che moriva nei suoi cantieri, regalava un anello alla moglie. Non faceva ridere, e soprattutto era assolutamente inopportuno. O così o niente, disse Fo. Benissimo, risposi io, allora niente [...] da quando esiste la tv è sempre stata utilizzata come uno strumento di persuasione dal potere politico. Gli eccessi c’erano anche ai miei tempi: una volta Fanfani parlò al telegiornale per 14 minuti! Anche lui, che pure conosceva bene l’importanza della tv, commise qualche errore. L’opposizione si è sempre lamentata. Persino quando lanciammo, per la prima volta nel mondo, le tribune politiche dove l’opposizione aveva lo stesso spazio della maggioranza, Togliatti mi telefonava per protestare: ’Ah, quel Mangione, con quelle domande impertinenti!’... [...] la televisione ha un potenziale esplosivo superiore a quello della bomba atomica. Se non ce ne rendiamo conto rischiamo di ritrovarci in un mondo di scimmie ingovernabili. Io dico che la tv di oggi è come la medicina del ’700, quando i barbieri facevano i chirurghi. Oggi per diventare chirurghi bisogna studiare 15 anni, mentre per diventare una star della tv basta qualche apparizione. La tv può fare cose buone ma può fare anche tanti danni. Non va affidata al primo che passa. Abbiamo bisogno che da molti master post-universitari escano professionisti capaci di esportare nel mondo buone sceneggiature, buone regie, buoni approfondimenti informativi. Cioè una buona televisione”» (Sebastiano Messina, ”la Repubblica” 15/9/2004). «Ha pubblicato un libro con una scanzonata ricostruzione dell’era della Prima Repubblica, L’uomo di fiducia, (intervista con Giorgio Dell’Arti). Oltre a prendere di mira la Massoneria e i ”riti delle società segrete programmaticamente anticlericali”, questo cattolico sanguigno che non fa mistero di appartenere all’Opus Dei si è divertito a indicare alcune ombre sotto altarini altrui. Per esempio, ha sostenuto che quando Ugo La Malfa ostacolò la tv a colori, favorendo il sistema Pal, a muoverlo furono i vantaggi per le casse del Pri e non una concezione spartana della vita [...] ”Vorrebbero far credere che sono un clericalotto poco affidabile con manie dietrologiche”» (Maurizio Caprara, ”Sette” n. 24/1999).