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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BEVILACQUA

BEVILACQUA Alberto Parma 27 giugno 1934. Scrittore. Libri: La califfa (1964), Questa specie d’amore (1966, Premio Campiello), L’occhio del gatto (1968, Premio Strega), Il curioso delle donne (1983), I sensi incantati (1991). Ha firmato la regia di diversi film spesso tratti dai suoi libri, da La califfa (1970) a La donna delle meraviglie (1985). Per la tv ha curato nel 1969 la riduzione di Futili inganni di Giovanni Arpino per la serie Racconti italiani e ha realizzato lo sceneggiato Le rose di Danzica (1979), andato in onda in tre puntate dal 7 ottobre 1981, oltra a vari documentari tra cui Ai confini del Tibet e Alla ricerca di un cuore magico (sui poteri paranormali). uno dei più assidui frequentatori del salotto televisivo di Maurizio Costanzo. Dal 1979 al 1988 è stato critico televisivo del ”Corriere della Sera” (Enciclopedia della Televisione Garzanti, a cura di Aldo Grasso, Garzanti 1996). «Vivevo in una casa poverissima, senza telefono. Sciascia mi rintracciò, era arrivato a Parma a sorpresa, non l’avevo mai visto. Fu mia madre a dirmi: ”C’è di là un signore tutto vestito di nero che ti aspetta e non dice una parola”. Era il 1955. Avevo scritto La polvere sull’erba, primo romanzo che non ho mai pubblicato. L’aveva letto tramite uno scrittore parmigiano precocemente scomparso, Mario Colombi Guidotti, che aveva pubblicato nella collana diretta da Sciascia, ”I Quaderni di Galleria”. Ne era rimasto molto colpito. Mi disse che il testo era troppo lungo per i suoi quaderni. Dove stampò le Prove d’autore poetiche con cui preparo sempre l’atmosfera di ogni mio libro. Però mi disse anche che pubblicare il romanzo allora, mi avrebbe scatenato addosso un putiferio censorio. [...] Ero un ragazzino sbandato, che non aveva né patria né famiglia, perché mia madre era malata di nervi, e mio padre ebbe un processo di epurazione, e non capimmo mai il perché. Mio padre era un aviatore, un uomo eccezionale [...] I miei veri compagni di strada che avevano venti o trent’anni più di me da Volponi a Sciascia, a Parise, a Fenoglio, sono scomparsi. E oggi mi trovo orfano. Quella era la mia generazione [...] Scrittore commerciale io? Perché ho pubblicato con grandi editori? Io i libri li pubblico con gli editori che li apprezzano. Io devo tutto a Leonardo Mondadori e a Gian Arturo Ferrari che mi hanno accolto dopo il crollo della vecchia Rizzoli. Ma ho trovato in Lorenzo Fazio dell’Einaudi un editor straordinario e in Roberto Cerati, grande protagonista della vita letteraria del dopoguerra, l’amico di sempre» (Roberto Cotroneo, ”L’Espresso” 25/5/2000). «’MIO padre sposò mia madre quattro anni dopo la mia nascita”. [...] la madre, Lisa Cantadori [...] che, diciottenne, rimane incinta, non ancora sposata, e non vuole abortire, contro tutto e contro tutti (’Buttalo a mare, quel figlio”, ”Dài, uccidilo, Lisa”). E fa la serva, ”strisciando nella sporcizia altrui”, sfregando pavimenti con strofinacci e spazzoloni, pur di crearlo al meglio delle sue forze. ”Nessuno ti voleva, garibaldino. Nemmeno tuo padre, che poi ha saputo lavarsi la coscienza, ed è stato un buon padre. Nessuno ti voleva, solo io... Mi sarei fatta ammazzare piuttosto che liberarmi di quella pancia piena di te...”. Alberto nasce. Il padre, Mario, aviatore, acrobata dell’aria, in seguito epurato per aver partecipato alle avventure di Italo Balbo, riappare e sposa Lisa ”in chiesa”. Nasce un’altra figlia. La madre (Alberto ha 14 anni) precipita in uno stato depressivo terribile, fino all’esplosione di un incubo: la paura di uccidere i figli per troppo amore. Gli internamenti in Ospedale si alternano a fugaci rientri a casa, ma gli elettroshock non alleviano l’ossessione. Alberto l’assiste per quello che può. ”Il tuo non voler figli è dipeso da me, vero?”, gli chiederà un giorno. ”Ti sei sentito la causa di quanto soffrivo. E hai avuto paura di passare a un figlio lo stesso tormento della testa che io ho passato a te”. Avanti negli anni Lisa guarisce e recupera il culto dell’ironia e del sorriso, il piacere dell’allegria, la vitalità giovanile di quando era bella e ammirata e raccontava alla gente del suo quartiere tante ”vaghèzie”: parabole un po’ inventate e un po’ no. Alberto la porta anche a Parigi e realizza un suo sogno di ragazza. ”Allora è vero?”, esclama dal balcone della camera d’albergo davanti allo spettacolo della città. Madre e figlio ritrovano una gioia comune. Sono giorni anche di reciproche confessioni. ”Una vita a sé, incastonata, che è valsa mille vite in una”, annota Bevilacqua. Tre mesi dopo, Lisa non c’è più: la uccide una malattia organica. Ma la morte, nonostante l’insopportabile sradicamento che produce, non interrompe la fusione perfetta che si è compiuta fra loro. Lisa rinasce in Alberto: miracolosamente, misteriosamente. [...] ”Ero venuto a lavorare, a Roma, perché non avevo una lira. Ho guadagnato e studiato per curarla e tirarla fuori, come ho scritto nel libro I sensi incantati . E ci sono riuscito [...] Entravo nel suo letto. Mi piaceva sentirla respirare contro la mia faccia... Ci si disponeva a dormire insieme sul medesimo fianco, e subito si provava il piacere di insinuarci l’uno alle spalle dell’altra... Facevo scivolare la mano, la tenevo per il ventre, come lei si era tenuta il ventre per proteggermi mentre mi avviavo a nascere... E il corpo femminile non era più un’oscura tentazione di cui mi era preclusa la conoscenza [...] con lei ho scoperto la femminilità e ho sentito i primi impulsi sessuali. La guarigione l’ha fatta tornare una madre giovane, con le pulsioni di una donna giovane che era vissuta come sepolta, e io sono tornato ragazzino. L’ho desiderata” [...]» (Luigi Vaccari, ”Il Messaggero” 16/1/2005).